TRUST - NATURA GIURIDICA
ARTICOLO - Pubblicato il: 20 aprile 2017- Da: G. Manzana E. Iori
Il trust è istituto tipico della common law che, per versatilità e flessibilità, si presta alle finalità più ampie. E’ opportuno considerare che non esiste una specifica tipologia di trust e che, ai fini dell’analisi dei profili civilistici e fiscali, dopo aver individuato i tratti comuni ed essenziali della relativa disciplina occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust.
Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico fondato sul rapporto di fiducia tra disponente (settlor o grantor) e trustee. Il disponente, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore del trustee il quale li amministra, con i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito.
Spesso i trustee sono trust company, vale a dire società che hanno quale oggetto sociale l’assistenza ai clienti nella istituzione dei trust e nella successiva gestione dei patrimoni.
L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee, con l’effetto che non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del beneficiario.
Il trust |
É un rapporto di appartenenza finalizzato. Il trustee è obbligato ad avvalersi dei beni e diritti a lui intestati per perseguire la finalità del trust. |
L'istituzione del trust | Il disponente sottoscrive un atto istitutivo, che nomina il trustee, accompagnato o seguito dal trasferimento di beni o diritti al trustee: il trasferimento può essere compiuto dallo stesso disponente o anche da altri soggetti in una o più riprese; ovvero il disponente sottoscrive una dichiarazione unilaterale: egli dichiara, nelle forme opportune, che certi suoi beni o diritti sono dal quel momento vincolati al perseguimento di una certa finalità; egli ne diviene il trustee; ovvero il disponente stabilisce il trust nel proprio testamento |
Le caratteristiche del trust | Le regole del trust sono stabilite dal disponente (nell'atto istitutivo o nella dichiarazione unilaterale o nel testamento): il disponente stabilisce, per esempio, la durata, i beneficiari, i poteri del trustee, i poteri del guardiano, la sostituzione del trustee, i criteri dell' amministrazione dei beni, l'impiego dei redditi, la destinazione finale dei beni. Il quadro normativo generale è dato da una legge straniera che conosce e disciplina l'istituto del trust scelta dal disponente. Dato invariante è la "segregazione": i beni non possono essere distolti dalla finalità del trust; le vicende personali del trustee (vincoli coniugali, debiti, fallimento, morte) non hanno effetto sui beni in trust. Quando un trustee cessa dal suo ufficio i beni in trust passano al suo successore. La durata di un trust dipende dalla sua legge regolatrice. |
I trust "interni" | Un trust è detto "interno" quando i soggetti e i beni, o la parte dominante di questi elementi, sono italiani. Il soggetto che istituisce il trust determina da quale legge straniera esso è disciplinato. I trust interni sono istituiti in Italia, per mezzo di atti in lingua italiana, usualmente con l'intervento di un notaio. I trustee dei trust interni - quando non sia trustee lo stesso disponente (dichiarazione unilaterale di trust) - sono solitamente professionisti di fiducia del disponente, familiari, talvolta società fiduciarie; molto raramente società specializzate straniere. Il fondamento giuridico dei trust interni è ravvisato nella Convenzione de L'Aja del 1° luglio 1985, ratificata dall'Italia con Legge n 364/1889 entrata in vigore il 1° gennaio 1992. La Convenzione è stata ratificata anche da: Olanda, Malta, Lussemburgo, Gran Bretagna (anche per conto di molte colonie), Australia, Canada. |
Il disponente |
É il soggetto che vincola beni o diritti in trust per il perseguimento di una certa finalità. |
Il trustee | Una persona, più persone, una società, un ente titolari di beni o diritti affinché essi siano impiegati per una finalità specificata. |
I beneficiari |
I soggetti a vantaggio dei quali la finalità deve essere realizzata; alternativamente, un trust può non avere beneficiari e la finalità può consistere in qualsiasi scopo lecito. |
Il guardiano |
In alcuni casi al trustee è affiancato un guardiano, con compiti di consiglio e di vigilanza sul trustee. |
Caratterizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà, l’una ai fini dell’amministrazione -in capo al trustee- e l’altra, ai fini del godimento - in capo al beneficiario -, il trust esprime un concetto di proprietà non proprio allineato a quello conosciuto nei paesi di civil law. E’ evidente come, in base ai canoni tradizionali del nostro ordinamento, non sia agevole comprendere un simile sdoppiamento di proprietà, né la compressione del diritto di godimento dei beni affidati al trustee che ne è il proprietario. In sostanza, mentre la titolarità del diritto di proprietà è piena, l’esercizio di tale diritto è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’atto istitutivo.
Il trust viene istituito con un negozio unilaterale, cui si affiancano uno o più atti dispositivi.
Se è lo stesso disponente ad essere designato quale trustee, si dà luogo a un trust autodichiarato; in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio del disponente.
Qualora il trustee sia soggetto diverso dal disponente, il trasferimento al trust dei beni, così come la “perdita di controllo” da parte del disponente sui medesimi beni, sono requisiti qualificanti del trust. Il disponente può conservare alcuni poteri (come quello di sostituire il trustee o nominare altri beneficiari) salvaguardando in ogni caso l’effettività dell’attribuzione e l’esercizio dei poteri di amministrazione da parte del trustee.
Il trust può presentarsi come:
- trust liberale, con il quale si dispone di assetti familiari e non;
- trust commerciale, utilizzabile, ad esempio, per disporre la segregazione di attività dell’impresa, spesso a titolo di garanzia.
- trust revocabile (grantor trust), quando il disponente si riserva la facoltà di revocare l’attribuzione dei diritti ceduti al trustee o vincolati nel trust (nel caso in cui il disponente sia anche trustee), diritti che, con l’esercizio della revoca, rientrano nella sua sfera patrimoniale. E’ evidente come in tal caso non si abbia un trasferimento irreversibile dei diritti e, soprattutto, come il disponente non subisca una permanente diminuzione patrimoniale. Questo tipo di trust, pure ammesso in alcuni ordinamenti, ai fini delle imposte sui redditi non dà luogo ad un autonomo soggetto passivo d’imposta cosicché i suoi redditi sono tassati in capo al disponente; ai fini delle imposte indirette, come si dirà, non si differenzia dagli altri trust.
Avendo riguardo alla sua struttura, il trust può considerarsi come:
- trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un determinato fine (es. il trust di garanzia)
- trust “con beneficiario”, quando i beni in trust vengono gestiti nell’interesse di un determinato soggetto.
Il beneficiario può essere “beneficiario di reddito” e godere delle utilità dei beni in trust (ad esempio, percepire periodicamente delle somme) oppure “beneficiario finale” dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust.
I beneficiari possono essere individuati nell’atto istitutivo o in un secondo momento, direttamente dal disponente o da un terzo designato (protector); inoltre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una determinata categoria. Essi hanno azione verso il trustee per rivendicare i loro diritti.
Nel fixed trust il disponente individua i beneficiari con l’atto istitutivo e predetermina la ripartizione tra gli stessi del patrimonio e del reddito del trust.
Nel trust discrezionale, invece, il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni, delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici.
L’atto istitutivo del trust può indicare un protector con il compito di vigilare sull’operato del trustee.
Il trust non ha una disciplina civilistica interna ma trova tuttavia legittimazione a seguito dell’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con legge 16 ottobre 1989, n. 364 e in vigore dal 1° gennaio 1992.
La Convenzione si pone l’obiettivo di armonizzare le regole del diritto internazionale privato in materia di trust e, di fatto, ne attua il riconoscimento negli ordinamenti di civil law privi di una disciplina interna.
Sono idonei a produrre effetti giuridici in Italia i Trust
- regolati da legislazioni di Stati che disciplinano l’istituto,
- compatibili con le previsioni contenute nella Convenzione dell’Aja e
- che non sono in contrasto con norme imperative, con norme di applicazione necessaria e con l’ordine pubblico internazionale.
La convenzione individua gli elementi essenziali del trust rilevanti ai fini del riconoscimento da parte degli Stati firmatari.
L’art. 2 prevede i seguenti elementi essenziali del trust:
- i beni vincolati nel trust sono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee
- i beni vincolati nel trust sono intestati al trustee o ad altro soggetto per conto del trustee
- il trustee è tenuto ad amministrare, gestire e disporre dei beni in trust secondo le indicazioni dettate nell’atto istitutivo del trust e nel rispetto della legge. Il trustee deve rendere conto della gestione.
L’Italia riconosce i trust che abbiano gli elementi essenziali indicati dall’art. 2. Per effetto del riconoscimento, i beni in trust restano distinti dal patrimonio personale del trustee che, a sua volta, acquista la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di comparire in qualità di trustee davanti a notai o altri rappresentanti di pubbliche istituzioni.
Ai sensi dell’articolo 3, la convenzione si applica solo ai trust la cui istituzione sia provata per iscritto.
Si ricorda, infine, che la convenzione non dispone sul trattamento fiscale dei trust, il quale rientra nelle competenze dei singoli Stati (art. 19).