VERIFICA FISCALE: PERMANENZA DEI VERIFICATORI PRESSO LA SEDE DELLA SOCIETA'

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ARTICOLO - Pubblicato il: 19 giugno 2011 - Da: G. Manzana E. Iori

 

L'art. 7 del Dl 70/2011 introduce una  serie  di disposizioni che incidono sull’attività di verifica degli Uffici dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. In particolare intervengono su alcune norme che trattano dei diritti e delle garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali. Si tratta:

-           Della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente

-           Della necessità di coordinamento e

-           Della necessità, per la Gdf, di operare accessi in borghese.

Art. 7 del Dl 70/2011

(…)

2. In funzione di quanto  previsto  al  comma  1,  sono  in  particolare introdotte le seguenti disposizioni:

      a) al fine di ridurre al massimo la possibile turbativa nell’esercizio delle attività delle  imprese  di  cui  all’articolo  2  dell’allegato  alla Raccomandazione  2003/361/CE  recante  "Raccomandazione  della   Commissione

relativa alla definizione delle  microimprese,  piccole  e  medie  imprese", nonché di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’attività di  controllo nei  riguardi  di   tali   imprese,   assicurando   altresì   una   maggiore semplificazione  dei  relativi  procedimenti  e  la  riduzione  di   sprechi nell’attività amministrativa, gli  accessi  dovuti  a  controlli  di  natura amministrativa disposti nei confronti delle predette imprese  devono  essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di  coordinamento tra i vari soggetti interessati. Conseguentemente:

        1) a livello statale, con decreto di natura  non  regolamentare  del Ministro dell’economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  del lavoro e delle politiche  sociali,  sono  disciplinati  modalità  e  termini idonei a garantire una concreta  programmazione  dei  controlli  in  materia fiscale e contributiva, nonché il più efficace coordinamento dei conseguenti accessi presso i locali  delle  predette  imprese  da  parte  delle  Agenzie fiscali,  della  Guardia  di  Finanza,  dell’Amministrazione  autonoma   dei monopoli di Stato e dell’INPS e del Ministero del lavoro e  delle  politiche sociali - Direzione generale per l'attività ispettiva, dando, a tal fine, il massimo impulso allo scambio telematico di dati e informazioni fra le citate Amministrazioni. Con il medesimo decreto è altresì assicurato che, a fini di coordinamento,   ciascuna    delle    predette    Amministrazioni    informa preventivamente le altre dell’inizio di ispezioni e verifiche,  fornendo  al termine delle stesse  eventuali  elementi  acquisiti  utili  ai  fini  delle attività di controllo di rispettiva competenza. Inoltre, secondo una  prassi già consolidata, gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza eseguono gli accessi in borghese;

        2) a livello substatale, gli accessi presso i locali  delle  imprese disposti  dalle  amministrazioni  locali  inserite   nel   conto   economico consolidato della pubblica amministrazione, come  individuate  dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo  1,  comma  3,  della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ivi comprese  le  Forze  di  Polizia  locali comunque denominate e le aziende ed  agenzie  regionali  e  locali  comunque denominate,  devono  essere  oggetto   di   programmazione   periodica.   Il coordinamento degli accessi è affidato, ove istituito, allo Sportello  unico per le attività produttive (SUAP) di  cui  all’articolo  38,  comma  3,  del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ovvero alle  Camere  di  commercio,  industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio;

        3) gli accessi  sono  svolti  nell’osservanza  del  principio  della contestualità e della non ripetizione per  periodi    di  tempo  inferiori  al semestre;

        4) gli atti e  i  provvedimenti,  anche  sanzionatori,  adottati  in violazione delle disposizioni di cui ai numeri 1)-3)  costituiscono,  per  i dipendenti pubblici che li hanno adottati, illecito disciplinare;

        5) le disposizioni di cui  ai  numeri  1)-4)  non  si  applicano  ai controlli ed agli accessi in materia di repressione dei reati  e  di  tutela della salute e della sicurezza nei  luoghi  di  lavoro  di  cui  al  decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81(1), nonché a quelli funzionali alla  tutela dell’igiene  pubblica,  della  pubblica  incolumità,  dell’ordine  e   della sicurezza pubblica.  Non  si  applicano  altresì  ai  controlli  decisi  con provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza;

      b) le disposizioni di cui alla lettera a) costituiscono attuazione dei principi di cui all’articolo 117, comma 2, lettere  e),  m),  p),  r)  della Costituzione nonché dei principi  di  cui  alla  direttiva  2006/123/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006  e  della  normativa comunitaria in materia di microimprese, piccole e medie imprese. Le  Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e  Bolzano  adeguano  la propria legislazione alle disposizioni di cui ai commi precedenti, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione;

      c) dopo il secondo periodo del comma 5 dell’articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di Statuto dei  diritti del contribuente, è aggiunto il seguente: "Il periodo di  permanenza  presso la sede del contribuente di cui al  primo  periodo,  così  come  l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti  i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in  contabilità semplificata e lavoratori autonomi; anche in tali casi, ai fini del  computo dei giorni lavorativi, devono  essere  considerati  i  giorni  di  effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione  finanziaria presso la sede del contribuente.";

      d) le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge  del  27  luglio 2000, n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività  ispettive  o  di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria;(…)

Permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente

Il comma 5 dell’art. 12, l. 212/2000 regola in merito alla durata delle verifiche. Prevede che, al fine di ridurre al minimo il disagio che l’azione ispettiva può recare all’esercizio dell’attività verificata, i verificatori hanno, quale termine perentorio di permanenza presso il contribuente, trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine, individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.

L'art. 7, comma 2, lett. c), del D.L. n. 70/2011 integra tale disposizione prevedendo che "il periodo di permanenza presso  la  sede  del contribuente di cui al primo periodo,  cosi  come  l'eventuale  proroga  ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in  cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi; anche in tali casi, ai fini del  computo  dei  giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva  presenza  degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la  sede del contribuente".

Art. 12 Legge 212/2000 - Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali

(…)

5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del  contribuente,  non  può superare i trenta  giorni  lavorativi,  prorogabili  per  ulteriori  trenta giorni nei casi di  particolare  complessità  dell'indagine  individuati  e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare  nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le  osservazioni e  le  richieste  eventualmente  presentate  dal   contribuente   dopo   la conclusione delle operazioni di verifica ovvero,  previo  assenso  motivato del  dirigente  dell'ufficio,  per  specifiche  ragioni.  Il   periodo   di permanenza presso la sede del contribuente di cui al  primo  periodo,  così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a  quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia  svolta  presso  la  sede  di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi;  anche  in  tali casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere  considerati i  giorni  di  effettiva  presenza  degli  operatori  civili   o   militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.(…)

Tale disposizione  - immediatamente applicabile -  introduce  una differenziazione  nei  limiti  della  permanenza  dei verificatori presso la sede del contribuente, in quanto:

      1. per le imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi la permanenza non può superare i 15 giorni, eventualmente prorogabili  in  caso di particolare complessità dell'indagine per ulteriori 15; in proposito,  si ricorda che, ai sensi dell'art. 18 del Dpr n. 600/1973 (come da ultimo modificato dall'art. 7, comma 2, lett. m), del Dl n.  70/2011)  il  regime  contabile delle imprese minori - cosiddetto "regime semplificato" - si applica,  salva la  facoltà  concessa  al  contribuente  di  optare  per  la  tenuta   della "contabilità ordinaria", alle imprese che, nell'anno precedente a quello  in corso e relativamente a tutte le  attività  esercitate,  abbiano  conseguito

ricavi non superiori a 400.000 euro, se esercenti attività di prestazione di servizi, ovvero 700.000 euro, se esercenti altre attività;

      2. per le altre categorie di contribuenti, diverse da quelle appena sopra elencate, restano fermi i più ampi termini di 30 giorni, prorogabili per ulteriori 30,previsti dal citato art. 12, comma 5, della Legge n. 212/2000.

I diritti del contribuente durante la verifica

FUORI SEDE

Di norma la verifica va effettuata presso la sede del contribuente. Tuttavia questi ha la facoltà di richiedere che l'esame dei documenti amministrativi avvenga nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che dà l'assistenza.

IN SEDE

Accesso, ispezione e controllo devono avvenire nei locali destinati all'esercizio dell'attività se vi sono esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. La verifica infatti può essere svolta attraverso la richiesta dei documenti da controllare.

Secondo la Gdf (Cir. n. 156680 del 26 maggio 2011) la disposizione vale solo per il futuro e non anche per i controlli in corso, vale a dire alle  verifiche  ed  aicontrolli avviati con accesso dal  14 maggio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 70/2011. La tesi viene motivata con l'articolo 11 delle preleggi secondo cui la legge non può che disporre per il futuro. Il documento sembra dimenticare che in tutti i provvedimenti normativi in tema di controlli e accertamenti varati negli ultimi anni e in genere sfavorevoli al contribuente sono stati sempre applicati retroattivamente sia dalla Gdf sia dalle Entrate trattandosi di norme procedurali, nonostante l'articolo 11 delle preleggi (secondo  cui  la legge non dispone che  per  il  futuro) invocato ora dalla circolare. 

Conseguentemente, precisa la Cir. n. 156680 del 26 maggio 2011, gli interventi che alla  predetta  data  risultano  in corso di esecuzione saranno completati rispettando la tempistica riguardante la permanenza presso la sede  del  contribuente  prevista  dalla  previgente formulazione del citato art. 12, comma 5, della Legge  n.  212/2000,  tenuto anche conto che i piani di verifica possono  essere  stati  impostati  sulla base dei più ampi termini in precedenza stabiliti.

Su un piano generale – e quindi non a valere unicamente per le imprese in semplificate e i professionisti – la modifica apportata dal Dl 70/2011 chiarisce che ai fini  del calcolo del periodo di permanenza presso la sede del contribuente,  previsto dall'art. 12, comma 5, della Legge n.  212/2000,  occorre  fare  riferimento alle giornate di effettiva presenza presso la sede  del  contribuente. Viene di fatto eseguita un'interpretazione autentica della norma in senso assolutamente favorevole all'Amministrazione, vanificando così le letture giurisprudenziali (e le attese dei contribuenti) che, al contrario, ritenevano che il periodo temporale dovesse intendersi quale durata della verifica, e non della permanenza fisica dei verificatori.

In passato, infatti, in manza di una specifica previsione normativa, era sorto il dubbio se la previsione del limite temporale in argomento fosse riferita alla permanenza dei verificatori presso la sede aziendale, oppure al periodo massimo di durata della verifica fiscale.

Sul punto, la prima tesi, sostenuta sia dal Comando generale della guardia di finanza che dall’agenzia delle Entrate, (sul punto, si vedano la circolare GDF 17 agosto 2000, n. 250400, 1/2008 e la C.M. 64/E/2001) ritiene che, sulla base di un’interpretazione letterale della norma, il termine in commento dovesse riferirsi alla permanenza massima presso la sede del verificato e non alla durata della verifica (intesa come esecuzione del controllo). In altre parole, stando al dettato normativo, l’Agenzia delle entrate come pure la Guardia di finanzia riteneva ammissibile che i trenta giorni fosse un limite cumulativo, nel senso che i verificatori non potessero restare in azienda per un periodo, complessivamente, superiore a quella somma di giorni, ancorché consumati «a rate». In senso contrario, c’era chi sosteneva che il termine perentorio di cui al comma 5 dell’art. 12, l. 212/2000 fosse relativo alla durata della verifica e non alla permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente (in merito, si veda Criscione, «Il tempo massimo è incerto», ne Il Sole 24 Ore del 18 marzo 2002). Tale approccio si basa sulla regola generale secondo la quale, allorquando il legislatore stabilisce un termine, ne presuppone in ogni caso la continuità, giacché procede sempre alla dettagliata disciplina dei casi di interruzione e di ripresa della relativa decorrenza. Ciò sembrerebbe ancora più lampante, analizzando la norma nella parte in cui prevede la possibilità di ritorno dei verificatori in azienda, presupponendo un concetto di continuità della loro precedente presenza.

Sull’argomento, un ulteriore problematica interpretativa riguardi l’obbligo o meno di computare nel periodo di permanenza dei trenta giorni (ovvero quindici), le sole giornate lavorative effettivamente trascorse presso il contribuente, ovvero anche i singoli interventi presso lo stesso per effettuare, ad esempio la notifica di atti, il prelievo di documenti, ecc.

La questione, pur essendo ancora dibattuta, è stata affrontata dal Gdf nella Cir. 1/2008 che ha fornito, sull’argomento, delle specifiche direttive orientate a considerare nel computo dei giorni di permanenza i soli giorni lavorativi trascorsi presso la sede del contribuente e non anche i singoli contatti.

Altro discorso riguarda la proroga di un ulteriore periodo (trenta o quindici giorni) prevista nei casi di  particolare  complessità  dell'indagine  individuati.

Secondo la circolare n. 1/2008, in via generale e fatte salve le singole circostanze del caso concreto, le «ragioni di particolare complessità» ricorrono ogni qualvolta, anche in via alternativa:

-           l’ispezione è eseguita nei confronti di soggetti di medio-grandi dimensioni;

-           l’ impianto contabile risulti particolarmente complesso, articolato e/o frammentato, anche a causa dell’organizzazione economico-aziendale del contribuente;

-           occorre procedere a ricostruzioni complesse della base imponibile, sulla base di una enorme mole di dati e documenti da elaborare;

-           l’ispezione riguarda operazioni di rilevanza internazionale o di potenziale rilievo elusivo.

Sotto il profilo formale, la proroga deve essere disposta con apposita comunicazione motivata rivolta al contribuente e allegata al foglio di servizio redatto per il trentunesimo giorno e, inoltre, copia di tale comunicazione deve essere consegnata, per notifica, al contribuente e, dell’avvenuta notifica, deve essere dato atto nel verbale di verifica.

In ultimo, è consentita la possibilità di ritornare nella sede del contribuente, decorso il termine massimo di permanenza, per esaminare le osservazioni e le richieste, eventualmente presentate, dopo la conclusione delle operazioni di verifica e per «specifiche ragioni». A tal proposito, si ritiene che tali ragioni devono ritenersi sussistenti nei casi in cui:

-           a conclusione dell’ispezione svolta presso gli uffici, sia necessario procedere a specifci riscontri documentali che comprovano le risultanze della precedente attività;

-           ad intervento già concluso, sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi che legittimino la redazione di processi verbali di constatazione fnalizzati a consentire l’emanazione di accertamenti modifcativi o integrativi ex art. 43, D.P.R. 600/1973 [CFF 6343];

-           ultimata un’ispezione di carattere generale, sia necessario procedere ad un successivo intervento parziale per contestare, ad esempio, gli esiti degli accertamenti bancari.

Sempre su un piano generale – e quindi non a valere unicamente per le imprese in semplificate e i professionisti – il Dl 70/2011 chiarisce che gli atti e  i  provvedimenti,  anche  sanzionatori,  adottati  in violazione delle disposizioni dei termini di verifica costituiscono,  per  i dipendenti pubblici che li hanno adottati, illecito disciplinare. Con tale precisazione, si finisce per vanificare le conseguenze di eventuali inosservanze a queste regole. È evidente che il contribuente non è interessato alla eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari al verificatore, ma alla nullità degli atti.

Secondo Commissione provinciale di Terni (sentenza 141 del 16 dicembre 2009) che rafforzava un orientamento giurisprudenziale, volto a tutelare il contribuente sottoposto al controllo, già espresso da altri giudici di merito il mancato rispetto dei termini della verifica riteneva violasse una disposizione di legge e la sanzione era quella della nullità dell'attività svolta. Sul punto L'orientamento delle commissioni tributarie è stato, in questi anni, abbastanza alterno: a fronte di decisioni che hanno avallato l'interpretazione dell'amministrazione, ritenendo quindi irrilevante ai fini della legittimità dell'avviso di accertamento, la durata delle operazioni ispettive, non sono mancate decisioni di tenore opposto che hanno giudicato il mancato rispetto del termine una violazione a una prescrizione normativa e a un diritto del contribuente cui deve conseguire la nullità dell'avviso di accertamento successivamente emanato. In questo filone si inserisce la pronuncia della Ctp di Terni, ma occorre segnalare che, ad analoghe conclusioni, sono pervenute le commissioni regionali del Piemonte (n. 26 del 7 maggio 2009) e della Lombardia (n. 12 del 19 marzo del 2008). Anche la Cassazione è stata investita della questione (sentenza n. 26689/09) su ricorso del contribuente che lamentava, tra l'altro, l'eccessiva durata del controllo fiscale. Ma i giudici, rinviando la vicenda alla competente commissione regionale, non hanno assunto posizioni al riguardo.

Il controllo mediante richiesta documentale

Come visto, lo Statuto, all'articolo 12, prevede una serie di diritti in capo al contribuente nella fase del controllo; tuttavia, se interpretato letteralmente, buona parte di tali garanzie sembrano ancorate alle ispezioni svolte presso la sede del contribuente (come in azienda o studio) e non anche presso gli uffici (in merito alla durata, il co. 5 dell’art. 12 dello statuto – ante e post modifica - fa riferimento alle  “verifiche presso la sede del  contribuente”).

Una parte dei controlli/verifiche (per non dire tutti imprese in contabilità semplificata e professionisti), però, viene svolta non in azienda ma richiedendo all'interessato informazioni e documenti che poi vengono esaminati dai verificatori nei propri uffici.

A conclusione di questi controlli, normalmente preceduti da un intervento del contribuente, spesso verbalizzato con un verbale di contraddittorio, l'ufficio non redige un verbale di constatazione (cui fa riferimento l'articolo 12 dello Statuto) ma direttamente un avviso di accertamento.

Seguendo tale procedura la maggior parte degli uffici sono convinti che non debbano essere osservate le prerogative imposte dallo Statuto (facoltà di farsi assistere da un professionista, ragioni del controllo, possibilità di replicare con memorie nei successivi 60 giorni).

Secondo la Commissione tributaria provinciale di Milano, sentenza 10 maggio 2010 n. 126, le garanzie dello Statuto dei contribuenti si applicano anche se il controllo viene a svolto a seguito di richiesta documentale presso l'ufficio del Fisco e a prescindere dalla denominazione che viene data al verbale redatto (contraddittorio, constatazione).

Mancato rispetto dell’ statuto in merito:

-           alla mancata indicazione nel questionario o nell'invito a comparire presso l'Agenzia, le ragioni e l'oggetto della verifica e l'avvertimento sulla facoltà di farsi assistere da un professionista;

-           al mancato rispetto della durata dell’ispezione che non può superare i 30 giorni al più prorogabili di altri trenta;

-           al mancato rispetto dei 60 giorni prima dell’emissione dell’avviso di accertamento o mancanza nella motivazione dell'urgenza che ha comportato la compressione di tale diritto in capo al contribuente.

La Commissione tributaria di Milano ha effettuato un'interpretazione sostanziale – e non formale – della norma, evidenziando che, a prescindere dalla denominazione dell'atto, se è stato eseguito un controllo, va da sé che devono essere garantite al contribuente le garanzie previste dallo Statuto, la cui inosservanza, conclude la sentenza, comporta la nullità dell'atto di accertamento.

Nello specifico, il contribuente lamentava la violazione dell'articolo 12, comma 2, non essendo stati indicati, né nel questionario né nell'invito a comparire presso l'Agenzia, le ragioni e l'oggetto della verifica e non essendo stato riportato l'avvertimento sulla facoltà di farsi assistere da un professionista.

In effetti, pur trattandosi di un orientamento della commissione provinciale, occorre rilevare che se non fosse come osservano i giudici milanesi, sarebbe facilmente eludibile dall'ufficio qualsivoglia garanzia in capo al soggetto controllato, spostando l'attività di controllo dall'azienda all'ufficio e denominando l'atto compilato in un modo anziché in un altro.

Si pensi per tutti al caso, anche se non frequente, di contestazione di violazioni di un'annualità prossima alla decadenza. Se l'ufficio attende gli ultimi mesi del periodo di imposta, non può concedere gli ulteriori sessanta giorni per le memorie scadrebbero i termini. Ebbene sarebbe, a questo punto molto semplice, stante il controllo in corso in ufficio, non fare un pvc, ma direttamente l'avviso di accertamento. Così operando si rischierebbe di bypassare l'obbligo imposto dall'articolo 12, comma 7, dello Statuto e, soprattutto, la motivazione imposta dalla stessa norma e ribadita dalla Corte costituzionale (ordinanza 244 del 29 luglio 2009) e dalla Cassazione (sent. 22320/2010), secondo la quale, a pena di nullità, l'urgenza che ha comportato la compressione di tale diritto in capo al contribuente, deve essere motivato.

L'altro problema che sovente si pone in occasione di controlli fiscali è la durata dell'ispezione. Lo Statuto precisa che la permanenza dei verificatori non può superare i 30 giorni al più prorogabili di altri trenta.

Di norma il mancato rispetto di tale termine non viene considerato dai giudici di merito una causa di nullità dell'atto impositivo. Tuttavia occorre segnalare, negli ultimi anni, alcune sentenze di segno opposto (per tutte: Ctp Terni n. 141/2009; Ctr Piemonte n. 26/2009, Ctr Lombardia n. 12/2008) che hanno ritenuto nullo l'accertamento emanato dopo un controllo protrattosi più di 30 o 60 giorni. Anche in questa ipotesi, il problema non è di menomare l'attività di controllo e ancor meno di non reprimere comportanti evasivi, ma solo di riequilibrare parzialmente la fase del controllo caratterizzata da ampi, quanto legittimi, poteri dell'amministrazione, cui si contrappongono non altrettanto elevati strumenti difensivi per il contribuente.

Ctp Milano, sentenza del 10 maggio 2010 n. 126

“(...) l'invito alla produzione di documenti e di registri aziendali e, in particolare, l'invito a comparire rivolto al legale rappresentante della società ricorrente presso la sede dell'Agenzia e a rispondere a specifiche domande sui prezzi correlati ai costi e, comunque, sull'attività svolta dall'azienda sociale nell'anno (...), integri la fattispecie riconducibile al processo verbale di constatazione, ancorché questo sia stato denominato «verbale di contraddittorio».

L'assenza dell'informazione (...) viola la lettera e la ratio dell'articolo 12, comma 2, della legge 212/2000 perché pregiudica i diritti e le garanzie del contribuente, incidendo sulla validità del procedimento amministrativo, quale atto presupposto dell'emanato avviso di accertamento pregiudicandone, di conseguenza, la legittimità ed efficacia”.

Programmazione e coordinamento degli accessi

Il comma 2, lett. a), dell'art. 7 prevede che "al  fine  di  ridurre  al massimo la possibile turbativa nell'esercizio delle attività  delle  imprese di cui all'articolo 2 dell'allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE recante "Raccomandazione  della  Commissione   relativa   alla   definizione   delle microimprese, piccole e medie imprese;  nonché  di  evitare  duplicazioni  e sovrapposizioni nell'attività di controllo nei  riguardi  di  tali  imprese, assicurando altresì una maggiore semplificazione dei relativi procedimenti e la riduzione di sprechi nell'attività amministrativa, gli accessi  dovuti  a controlli di natura amministrativa disposti  nei  confronti  delle  predette imprese  devono  essere  oggetto  di  programmazione  da  parte  degli  enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati”.

Queste previsioni trovano applicazione, dal punto di  vista  soggettivo, con esclusivo riferimento agli  interventi  eseguiti  mediante  accesso  nei confronti delle microimprese, delle piccole imprese e  delle  medie  imprese indicate nell'art. 2 dell'allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE in  data 6 maggio 2003.

La norma di carattere essenzialmente programmatico, in quanto rinvia alle disposizioni di  dettaglio  contenute  nei  successivi paragrafi del medesimo comma 2, lett. a), che, in sintesi, stabiliscono:

-           al  n.  1)  che,  a  livello  statale,  con  decreto  di  natura  non regolamentare del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono disciplinati modalità  e termini idonei a garantire una  concreta  programmazione  dei  controlli  in materia  fiscale  e  contributiva  ed  il  più  efficace  coordinamento  dei conseguenti accessi presso  le  predette  imprese  da  parte  delle  Agenzie fiscali,  della  Guardia  di  Finanza,  dell'Amministrazione  Autonoma   dei Monopoli di Stato (A.A.M.S.) e dell'Istituto  Nazionale  Previdenza  Sociale (I.N.P.S.), nonché le direttive riguardanti le informazioni  che  le  citate Istituzioni devono scambiarsi prima dell'inizio di ispezioni e verifiche  ed al termine delle stesse;

-           al n. 2) che, a livello substatale, gli accessi presso i locali delle imprese disposti dalle Amministrazioni locali inserite nel  conto  economico consolidato    della    Pubblica    Amministrazione,    come     individuate dall'I.S.T.A.T., ai sensi dell'art. 1, comma  3,  della  Legge  31  dicembre 2009, n. 196, ivi comprese le Forze  di  Polizia  locali  e  le  aziende  ed agenzie  regionali  e  locali,  devono  essere  oggetto  di   programmazione periodica, il cui coordinamento è affidato, ove  istituito,  allo  Sportello unico per le attività produttive di cui all'art. 38, comma 3,  del  D.L.  25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla Legge 6 agosto 2008,  n.  133,  ovvero alle Camere di commercio, industria, artigianato  e  agricoltura  competenti per territorio;

-           al n. 3) che gli accessi sono svolti  nell'osservanza  del  principio della contestualità e della non ripetizione per periodi di  tempo  inferiori al semestre;

-           al n. 4) che gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati in  violazione  delle  previsioni  precedenti  costituiscono   illecito disciplinare per i dipendenti pubblici che li hanno adottati;

-           al n. 5) l'inapplicabilità delle predette disposizioni  ai  controlli ed agli accessi in materia di repressione dei reati e di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro,  a  quelli  funzionali  alla  tutela dell'igiene  pubblica,  della  pubblica  incolumità,  dell'ordine  e   della sicurezza pubblica, nonché a quelli decisi con  provvedimento  adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza.

Interpretando letteralmente le nuove norme, la Cir. n. 156680 del 26 maggio 2011 della Gdf evidenzia, per esempio, che fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare del ministero dell'Economia, di concerto con il ministero del Lavoro, nulla cambierà rispetto al passato. Occorrerà quindi attendere questo decreto perché si possa veramente evitare che, lo stesso contribuente, a distanza di pochi giorni o settimane, venga controllato dai vari organismi ispettivi (Fiamme gialle, Inps, agenzia delle Entrate eccetera).

C'è da sperare quindi che il decreto venga emanato in tempi brevi. In verità, dalla circolare sembra percepirsi che il provvedimento non vedrà a breve la luce in quanto «l'effettiva attuazione delle suddette disposizioni non può prescindere da un significativo adeguamento e sviluppo delle procedure informatiche per lo scambio telematico».

Il principio della non ripetizione dei controlli per  periodi  di  tempo inferiori al semestre non si applica, secondo quanto previsto  dall'art. 7, comma 2, lett. a., n. 5) del D.L. n. 70/2011, ai controlli ed  agli  accessi in materia di repressione dei  reati  e  di  tutela  della  salute  e  della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al citato D.Lgs. n. 81/2008, a  quelli funzionali alla tutela dell'igiene pubblica,  della  pubblica  incolumità  e dell'ordine e sicurezza pubblica, nonché a quelli decisi  con  provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza.

La circolare della Gdf ritiene di individuare tra i casi di deroga al principio di non ripetizione dei controlli, quelli di verbalizzazione immediata, come la mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali. L'interpretazione appare decisamente contraria al contribuente e anche allo spirito della norma che prevede delle deroghe ma in ipotesi di pubblica incolumità, ordine e sicurezza pubblica e ragioni di necessità e urgenza. Ora, ipotizzare che la mancata emissione di uno scontrino o di una ricevuta fiscale possa rappresentare una ragione di necessità e urgenza tale da imporre una deroga al coordinamento dei controlli, appare una forzatura, dove si voglia tener conto che queste nuove norme hanno la finalità di alleggerire la pressione, spesso inutile dell'amministrazione finanziaria sui contribuenti.

Esecuzione degli accessi in abito civile

L'art. 7, comma 2, lett. a), n. 1), ultimo periodo, prevede che, secondo una prassi già consolidata, gli  appartenenti  al  Corpo  della  Guardia  di Finanza eseguono gli accessi in borghese.

 Questa disposizione, di immediata applicazione, non  modifica  le procedure operative adottate, in quanto è in linea con quanto previsto nella circolare n. 1/2008, secondo  cui  i militari impiegati in attività di  verifica  indossano,  di  norma,  l'abito civile, salvi casi eccezionali, allorquando  le  condizioni  particolari  di tempo e di luogo inducano a ritenere che la presentazione  di  personale  in divisa sia opportuna per agevolare il riconoscimento della  qualifica  degli operanti, nonché come tutela preventiva della loro sicurezza personale.

 Al riguardo, nel caso in cui  ricorrano  le  suddette  circostanze,  nel processo verbale che documenta le operazioni  di  accesso  verrà  dato  atto della presenza di militari in  uniforme,  motivando  le  ragioni  che  hanno determinato tale scelta.

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