RAVVEDIMENTO DEL CREDITO INESISTENTE O NON SPETTANTE

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ARTICOLO - Pubblicato il: 16 novembre 2011 - Da: G. Manzana E. Iori

 

L’art. 27, comma 18 del Dl 185 del 2008 ha previsto che “L'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal 100 al 200 per cento della misura dei crediti stessi”.

La previsione, nella sostanza, modifica l’entità della sanzione che, prima della modifica,era del 30 per cento.

Il principio di irretroattività delle norme sanzionatorio, di cui all’art. 3, comma 1 del Dlgs 218/1997 esclude che si possa operare retroattivamente sia la norma che introduce nuove sanzioni sia quella che rende più onerosa l’entità di una sanzione già esistente. Pertanto, la disposizione trova applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, vale a dire dal 29 novembre 2008.

Si ha quindi, che:

-           Utilizzi in compensazione di crediti inesistenti avvenuti fino a quella data, scontano una sanzione del 30%

-           Utilizzi avvenuti successivamente, una sanzione del 100%.

Il DL 5/2009 (art.7 co. 2) ha ulteriormente elevata la sanzione 200%, quando l’utilizzo indebito in compensazione risulta superiore a 50mila euro.

Nell’ottica sempre di inasprimento delle sanzioni per la compensazione di crediti inesistenti, l’art. 10, co. 8, del D.L. n. 78/2009, ha stabilito che tale sanzione non potrà essere definita in via agevolata (con riduzione della sanzione ad un terzo – un quarto fino al 31/1/2011), ai sensi degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 472/97. Quest’ultima disposizione si applica dall’01.07.2009 (violazioni compiute da tale data).

Non va poi dimenticato che il Dl 223/2006 ha previsto (art. 10-quater del Dlgs 74/2000) un’ipotesi di delitto nel caso di utilizzo in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti per importi superiori a 50 mila euro.

La norma fa un generico riferimento ai crediti inesistenti. Si applica quindi a tutti i crediti per imposte e contributi che, ai sensi ai sensi dell’art. 17 del Dlgs 241/1997 possono essere utilizzati in compensazione per eseguire versamenti delle imposte , dei contributi e delle altre somme a favore dello stato (Cfr. Videoconferenza dell’Ag. entrate del 17 gennaio 2009).

Il termine “credito inesistente” non è nuovo. L’art. 10-quater del Dlgs 74/2000 punisce infatti come reato le indebite compensazioni, per importi superiori a 50mila euro, di crediti “non spettanti o inesistenti”.

Quindi, l'accezione di credito inesistente non integra anche quella di credito non spettante: si tratta di due distinte violazioni.

Dal punto di vista amministrativo-sanzionatorio,

-           il credito inesistente è quello che risulta tale fin dall'origine.

Ad esempio:

- quando il contribuente utilizza in compensazione un credito che non risulta in dichiarazione

- quando il contribuente utilizza in compensazione inconsapevolmente un credito 2 volte

Per crediti inesistenti si devono intendere sia gli importi artificiosamente rappresentati in sede contabile o dichiarativa (ossia quelli di natura dolosa), sia quelli ritenuti erroneamente esistenti per fatto imputabile a titolo di colpa al soggetto passivo della violazione. Ciò in quanto la norma in oggetto ha nautra sanzioria; conseguentemente occorre fare riferimento al Dlgs 471/1997 e nello specifico all’art. 5, comma 1, che stabilisce che “ciascuno risponde della propria azione o omissione, cosciente e volontaria, sia dolosa che colposa (Cfr. Videoconferenza dell’Ag. entrate del 17 gennaio 2009). Sul piano sanzionatario, non esiste quindi alcuna differenza tra il contribuente che utilizza il compensazione un credito ben sapendo che lo stesso non esiste nemmeno in parte, e un soggetto che espone il credito ritenendolo effettivamente spettante (e consentendo quindi all’amministrazione finanziaria di effettuare tutti i controlli del caso) e poi subisce una contestazione in merito all’importo dello stesso.

-           il credito non spettante è invece quello che esiste effettivamente ma che, ad esempio, non può essere fruito in compensazione.

Ad esempio:

- quando il contribuente utilizza in compensazione crediti eccedenti il limite annuo di 516.456,90 euro (crediti di cui all’art. 34, comma 1 della Legge 388/2000;

- quando il contribuente utilizza in compensazione crediti con un “blocco” alla compensazione.

Stando così le cose è da ritenere che la violazione dell'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, ora punita con la sanzione dal 100 al 200% del credito, non riguardi i crediti non spettanti, cioè di quei crediti che effettivamente esistono, che però vengono utilizzati in compensazione oltre i limiti consentiti. Per l'utilizzo in compensazione dei crediti non spettanti è da ritenere, pertanto, che rimanga ferma la precedente sanzione del 30 per cento.

Ciò è stato confermato dall’Amministrazione finanziaria, la quale, trattando dei crediti di cui all’art. 34, comma 1 della Legge 388/2000, ha avuto modo di dire che, come chiarito nella risol. del 27 novembre 2008, n. 452/E, si applica la sanzione prevista per l’omesso versamento di imposte di cui all’art. 13 del Dlgs 471/1997, pari al 30 per cento dell’importo indebitamente compensato (Cfr. Videoconferenza dell’Ag. entrate del 17 gennaio 2009).

Per le violazioni commesse dal 29 novembre 2008, si ha una sorta di doppio binario dal punto di vista sanzionatorio-amministrativo. La violazione dell'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti viene punita con la nuova sanzione dal 100 al 200 per cento, mentre per l'utilizzo in compensazione di crediti non spettanti la sanzione rimane quella del 30 per cento.

Il contribuente che ha utilizzato in compensazione crediti inesistenti o non spettanti e intende sanare la propria situazione deve provvedere alla “ricostruzione” del credito utilizzato in misura eccessiva (Circol. Agenzia Entrate n.101/E del 2000 (punto 11.1), Ris. n.166/E del 2002 e Ris. 27 novembre 2008, n. 452/E).

Per far questo deve:

- versare l'importo del credito inesistente o non spettante, maggiorato degli interessi, con il modello di pagamento F24, avendo cura di indicare nella colonna “codice tributo” il codice relativo al credito d'imposta utilizzato in eccesso, nella colonna “importi a debito versati” l'importo del credito da restituire e nella colonna “anno di riferimento” l'anno d'imposta cui si riferisce il versamento;

- versare interessi e la sanzione dovuta per il ravvedimento.

In pratica, secondo l’Amministrazione finanziaria, per fruire del ravvedimento è necessario versare, anziché l'importo a debito, l'ammontare del credito usato in eccesso o inesistente.

Nell’effettuare il ravvedimento, deve essere considerata la distinzione sopra esposta tra credito inesistente e non spettante, distinguendo, per il primo, a seconda che la violazione sia stata commessa anteriormente al 29 novembre 2008 o a partire da tale data. Infatti, nel primo caso, sia l'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti che non spettanti risulta punito, per effetto del principio di legalità, con la sanzione del 30%, sicché per le regolarizzazioni da ravvedimento effettuate dal 29 di novembre occorre rapportare le nuove riduzioni (un dodicesimo, quando la regolarizzazione viene effettuata nei 30 giorni, un decimo successivamente) a questa misura edittale.

Nel caso, invece, di ravvedimento eseguito dal 29 novembre 2008 per le violazioni commesse da tale data in poi, bisogna distinguere se la violazione integra quella di utilizzo in compensazione di un credito inesistente oppure di un credito non spettante. Nel primo caso, le nuove riduzioni da ravvedimento operoso vanno rapportate alla violazione minima del 100 per cento. Qualora, invece, la violazione commessa sia quella dell'utilizzo di un credito non spettante, le sanzioni ridotte devono essere applicate a quella del 30 per cento.

Detto questo, occorre considerare che l’Agenzia delle entrate nella Cir. 18/E del 2011 ha avuto modo di evidenziare che “l’unica sanzione applicabile alle violazioni rilevate in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni effettuato ai sensi degli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 – ancorché riferibili all’utilizzo in compensazione di crediti per un ammontare superiore a quanto dichiarato – è quella prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 per i ritardati od omessi versamenti diretti” pari al 30%”.

La circolare arriva a tale conclusione da una lettura sistematica delle seguenti disposizioni normative:

-           il comma 16 del citato articolo 27 del Dl 185/2008 stabilisce che la riscossione dei crediti inesistenti utilizzati in compensazione è effettuata mediante l’apposito atto di recupero di cui all’articolo 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004;

-           Tra le attribuzioni ed i poteri sopra richiamati rientrano anche quelli disciplinati dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 600/1973, per effetto dei quali l’amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, procede annualmente alla liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti;

-           Nell’ambito di questa specifica attività di controllo (36-bis), l’Agenzia delle Entrate verifica anche che l’ammontare delle compensazioni effettuate per ciascuna imposta non sia superiore a quanto dichiarato dal contribuente, sia in termini di disponibilità del credito che in termini di effettivo utilizzo dello stesso;

-           Dal punto di vista sanzionatorio, l’articolo 2, comma 1, del Dlgs 462/1997prevede che alle somme dovute a titolo di imposta o di minor credito, emerse a seguito dei controlli effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del Dpr 600/1973e 54-bis del Dpr 633/1972, si applica la sanzione per ritardato od omesso versamento stabilita dall’articolo 13 Dlgs 471/1997. Tale disposizione prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa nella misura del 30% di ogni importo non versato o versato in ritardo, “anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile”. La stessa norma precisa ulteriormente che la sanzione in argomento “si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”

Sempre secondo la Cir. 18/E/2011 “tale sanzione rappresenta quindi la base su cui calcolare, eventualmente, le riduzioni previste dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997, in caso di pagamento delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione degli esiti del controllo automatizzato, e dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, in caso di ravvedimento operoso del contribuente”.

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