REDDITOMETRO DL 78/2010

articolin

ARTICOLO - Pubblicato il: 27 giugno 2010 - Da: G. Manzana E. Iori

 

L’art. 22 del Dl 78/2010, al fine di adeguare l’accertamento redditometrico al nuovo contesto socio economico (si consideri che questo metodo di accertamento ha la propria fonte normativa «primaria» nell’art. 38, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ma risale agli anni ‘50 e ai criteri di determinazione induttiva del reddito basati sul «tenore di vita del contribuente» - art. 137, Tuid del 1958) mette mano al contenuto dei vari commi.

Il fine è quello di

-           Renderlo più efficiente, nel senso, sembrerebbe di capire, di evitare che le “nuove” forme di spesa non vengano considerate o vengano considerate solo in maniera marginale nella determinazione del reddito presunto

-           dotandolo di garanzie per il contribuente, anche mediante la previsione del contraddittorio obbligatorio.

In merito al primo punto va evidenziato come già con le vecchie regole (si veda l’art. 1, comma 2 del citato Dm 19 novembre 1992) l’Ufficio ha la possibilità di quantificare la capacità contributiva del contribuente anche attraverso elementi diversi da quelli espressamente previsti dallo stesso Decreto. Ma tali indicatori, e qui sta la rilevanza nell’introdurre nuove voci di spesa nell’elenco, non godono delle condizioni di favore rese possibili dal Dm 10 settembre 1992 e, quindi, sottostanno alle regole generali in base alle quali il Fisco può ragionevolmente addebitare al contribuente non più della sommatoria degli esborsi di cui sia in grado concretamente di fornire la prova. E, soprattutto, senza che esso possa applicare a proprio favore gli effetti incrementativi del reddito accertabile, dovuti al coefficiente, ai sensi dell'articolo 3 del Dm 10 settembre 1992. In altre parole, le somme erogate per fruire di questi beni o servizi, una volta che ne viene provato dal Fisco l'effettivo sostenimento in capo al soggetto verificato, possono al più essere utilizzate ai fini del calcolo del reddito complessivo netto in misura pari alla cifra di volta in volta comprovabile come effettivamente spesa. Quindi, senza i grossi vantaggi che, viceversa, i beni e i servizi previsti nel decreto, grazie ai suoi "moltiplicatori" riserva a favore del Fisco.

Nel capitolo 12 della Circ. 1/2008 la Guardia di finanza introduce nuovi indici di ricchezza, precisando che, a titolo di orientamento e in via non esaustiva, tra gli elementi e le circostanze di fatto indicativi di capacità contributiva da considerare nel quadro della ricostruzione sintetica del reddito, in aggiunta a quelli espressamente riportati dalla legge, possono rilevare i seguenti:

-           pagamento di consistenti rate di mutuo;

-           pagamento di canoni di locazione finanziaria (leasing), soprattutto in relazione ad unità immobiliari di pregio, auto di lusso e natanti da diporto;

-           pagamento di canoni per l’affitto di posti barca;

-           spese per la ristrutturazione di immobili;

-           spese per arredi di lusso di abitazione;

-           pagamento di quote di iscrizione in circoli esclusivi;

-           pagamento di rette per scuole private particolarmente costose;

-           assidua frequenza di case da gioco;

-           partecipazione ad aste;

-           frequenti viaggi e crociere;

-           acquisto di beni di particolare valore quali quadri, sculture, gioielli, reperti di interesse storico-archeologico, ecc.;

-           disponibilità di riserve di caccia o di pesca;

-           hobby particolarmente costosi quali, ad esempio, partecipazione a gare automobilistiche, rally, gare di motonautica, ecc.

In merito al secondo punto viene preso atto che l’attuale strumento crea discriminazioni e iniquità perché, ad esempio, considera più ricco chi va al mare con la roulotte o con il camper rispetto a quello che va in albergo (magari a quattro stelle) e non distingue, tra una casa di 100 metri quadrati in centro rispetto a una della stessa metratura in periferia o, ancora, che pesa allo stesso modo i cavalli fiscali dell’auto sportiva e quelli identici del Suv coreano. E fra tutte, poi, il fatto che il vecchio redditometro è quasi interamente basato sui beni a disposizione più che sulla spesa effettiva.

Sempre in merito al secondo punto vengono introdotte nuove garanzie per il contribuente, visto che viene previsto per legge che lo stesso debba essere invitato per fornire dati e notizie e poi, comunque, debba essere attivato il contraddittorio dell'accertamento con adesione. Oggi il contraddittorio non è previsto per legge con la conseguenza che le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene rideterminato non devono essere preventivamente contestati al contribuente; ciò anche se, è bene evidenziare, la circolare n. 49 del 2007 comunque invita gli uffici ad utilizzare il contraddittorio preventivo e oggigiorno, a partire dall’introduzione (o, meglio, dalla esplicita formalizzazione, con la Legge 212/2000 sullo Statuto dei diritti del contribuente) del principio di «collaborazione» fra Amministrazione finanziaria e contribuente (art. 10, L. 212/2000), il «contraddittorio preventivo» dovrebbe essere la «regola» nel procedimento di accertamento dei tributi, così come si può (indirettamente) evincere da taluni recenti pronunciamenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cfr. Cass., Sentenza 18 dicembre 2009, n. 26635, in cui – a proposito di applicazione di parametri e studi di settore – la Corte pare voler rinvenire nel «sistema» un principio generale di attivazione del «contraddittorio preventivo»).

Da quando si applicherà

Il nuovo redditometro non manderà in pensione quello vecchio. Espressamente viene detto che avrà effetto “per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non e ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto” vale che si applicherà per gli accertamenti relativi al periodo d’imposta 2009 e successivi. Sul punto è già stato fatto notare che tale previsione non sembra in linea con quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità sulle precedenti revisioni del redditometro, per le quali è sempre stata sostenuta la natura procedimentale e, quindi, l'effetto retroattivo (CAss. 13318 del 2007, Cass., Sez. Ia Civ., Sent. 11 agosto 1995, n. 8812; Sent. 20 giugno 2001, n. 8372; Sez. Trib., Sent. 4 settembre 2001, n. 11366; Sez. Trib., Sent. 5 ottobre 2005, n. 19403; 23 giugno 2006, n. 14692; Sez. Trib., Sent. 28 giugno 2006, n. 14951; 30 giugno 2006, n. 15124; Sez. Trib., Sent. 9 agosto 2006, n. 17986. Cass., Sez. Ia Civ., Sent. 1 settembre 1999, n. 9209; Sez. Trib., Sent. 15 giugno 2001, n. 8116). Si dirà, probabilmente, che questa modifica non si limita a rivedere i decreti attuativi, ma, viceversa, attua una vera e propria rivoluzione dell'accertamento sintetico e di quello redditometrico, per cui non si può pensare a una validità retroattiva del nuovo strumento. Su questo aspetto, però, non si è completamente d'accordo, in quanto il presupposto di base dell'accertamento sintetico, così come di quello redditometrico, sostanzialmente non muta. Infatti, sia prima, sia con la manovra economica 2010, il fondamento è quello della ricostruzione del reddito attraverso le spese sostenute dal contribuente. Va rilevato che lo stesso principio valeva anche per il vecchio redditometro: quest'ultimo si basava sulla disponibilità di determinati beni (autovetture, abitazioni eccetera), la quale comunque voleva rappresentare la capacità di mantenimento da parte del contribuente dei beni stessi e, quindi, una spesa. Solamente che con il vecchio redditometro si avevano dei risultati molte volte irrazionali. Quello operato con il Dl 78/2010 appare, quindi, un intervento di chiara natura procedimentale e non di tipo sostanziale, per cui sembrerebbe lecita l'applicazione anche retroattiva. Sicché, la norma relativa all'entrata in vigore delle nuove disposizioni parrebbe illegittima, in quanto lesiva del principio di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione (in merito si veda D. Deotto, Spesa e famiglia misurano il reddito. Il Sole 24 Ore 11 giugno 2010).

Per la sua applicazione pratica occorrerà in ogni caso attendere il decreto attuativo.

Le modifiche introdotte

VECCHIO

“L'ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall'articolo 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.

A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (ndr Dm 10 settembre 1992 - provvedimento n. 51 del 2007) , sono stabilite le modalità in base alle quali l'ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.

Qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti.

Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

NUOVO

“L'ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall'articolo 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma. dalla legge”.

La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge.”.

Nulla cambia in merito alla natura della presunzione: come in passato, l'accertamento redditometrico e, più in generale, quello sintetico si fonda su una presunzione legale relativa, con il contribuente che ha la possibilità di fornire la prova contraria.

Nulla cambia nemmeno per quanto concerne la modalità di difesa: la dimostrazione che il maggior reddito determinato sinteticamente nella sostanza non è stato prodotto potrà essere data provando che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Nulla vieta che si possa fare ricorso anche ad altre giustificazioni che, pur non essendo espressamente considerate dalla normativa, devono tuttavia es¬sere oggetto di debita considerazione da par¬te dell’Ufficio procedente. E’ in tale ottica che la C.M. 9 agosto 2007, n. 49/E, alle motivazioni di legge aggiunge

-           le somme riscosse a titolo di disinvestimenti patrimoniali,

-           l’utilizzo di finanziamenti (quali il mutuo o il leasing, ma in tal caso si hanno conseguenze negative in termini di redditi gestionali, in quanto giocoforza il pagamento delle rate di mutuo o di leasing denota una maggiore capacità reddituale sul piano gestionale),

-           l’utilizzo di somme di denaro derivanti da eredità, donazioni, vincite, ecc., l’utilizzo di effettivi redditi conseguiti a fronte di importi fiscali convenzionali (ad esempio, i redditi agrari),

-           l’utilizzo di somme riscosse, fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale.

L’elenco fornito dalla circolare va considerato esclusivamente esemplificativo e non certo esaustivo: spazio, dunque, a tutte le possibili argomentazioni che, a vario titolo e «carte alla mano», dimostrano che la distonia tra il reddito dichiarato e il tenore di vita dimostrato e/o gli incrementi patrimoniali riscontrati sono coerenti con quanto il Fisco non ha visto o non ha potuto vedere.

Al riguardo, l’agenzia delle Entrate avverte che nel corso della fase istruttoria mediante convocazione in Ufficio o mediante questionario o nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione, cd. «concordato a regime», è necessario acquisire tutte le informazioni e la relativa documentazione probatoria non conoscibili attraverso gli strumenti informativi a disposizione, o per suffragare quelli conoscibili, che configurano la «prova contraria» che il contribuente oggetto di controllo può fornire prima della notificazione dell’atto di accertamento.

Il contribuente può, quindi, fornire le prove che giustificano le differenze tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile dal redditometro, dimostrando che:

-           possiede redditi esenti, quali Bot, Cct, e simili;

-           è titolare di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, quali depositi bancari, buoni postali o altro;

-           esercita attività d’impresa o di lavoro autonomo con proventi non tassabili o esenti, quali i redditi conseguiti dai cd. venditori porta a porta, soggetti a ritenuta a titolo d’imposta;

-           il reddito conseguito non è quello effettivamente conseguito per effetto della tassazione forfetaria prevista dalla legge;

-           ha venduto beni immobili.

Ciò che cambia sono invece:

1.         gli elementi a base della determinazione induttiva del reddito

2.         l’utilizzo degli incrementi patrimoniali per la determinazione induttiva del reddito

3.         l’entità dello scostamento (tra presunto e dichiarato) per giustificare l’accertamento

4.         il ripetersi della non congruità per giustificare l’accertamento

1. Gli elementi a base della determinazione induttiva del reddito

Viene espressamente detto che gli elementi indicativi di capacità contributiva verranno individuati “mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza”.

Si tratta della vera novità: il nuovo accertamento da redditometro risulterà maggiormente "calibrato" in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza del contribuente abbandonando elementi di capacità di spesa superati e incapaci di portare a una determinazione statistica del reddito coerente con un certo tenore di vita. In questo momento appare difficile prevedere quali saranno gli elementi presi a base dai futuri decreti, però, da quanto è stato annunciato, rileveranno maggiormente le spese effettivamente sostenute rispetto alla semplice disponibilità di determinati beni. E’ un punto molto delicato in quanto attorno a questo elemento che si gioca la sfida della credibilità dello strumento.

2. L’utilizzo degli incrementi patrimoniali per la determinazione induttiva del reddito

Sparisce la previsione degli incrementi patrimoniali. Stando il contenuto del secondo periodo del comma 4 dell’art. 38 e comma 5 dello stesso articolo (vecchia versione), il reddito complessivo netto imponibile viene determinato avendo a riferimento oltre che alla c.d. capacità gestionale del contribuente, ossia il reddito necessario per il contribuente per gestire i propri beni, alla capacità patrimoniale del contribuente, riferita ad una serie di negozi e atti incrementativi del proprio patrimonio (si presume che la spesa sia stata sostenuta con redditi conseguiti nell'anno e nei quattro precedenti). L’importo complessivo così determinato rappresenta il reddito presunto attribuibile al contribuente.

L’effetto è che, nel calcolo del reddito presunto, di questi beni se ne tiene conto due volte: sia come incremento patrimoniale che come semplice disponibilità, per effetto degli specifici coefficienti moltiplicatori. In futuro, gli incrementi patrimoniali non dovrebbero rilevare più, salvo che non vengano in qualche modo considerati dal provvedimento attuativo del nuovo redditometro.

3. L’entità dello scostamento (tra presunto e dichiarato) per giustificare l’accertamento

Viene ridotto l’entità dello scostamento ai fini dell’accertamento: in base alla nuova norma la rettifica potrà essere operata quando il reddito presunto si discosta di almeno un quinto rispetto a quello dichiarato; nella precedente versione normativa lo scostamento richiesto era di un quarto.

4. Il ripetersi della non congruità per giustificare l’accertamento

Sarà sufficiente essere non congrui nel singolo periodo d’imposta per essere accertato. Cade quindi la condizione essenziale, attualmente in vigore, che affinché l'accertamento risulti legittimo occorre che il contribuente risulti "non congruo" in almeno due periodi d'imposta. In ogni caso, come detto sopra, lo scostamento - sia per il sintetico che per il redditometro - dovrà comunque essere almeno pari a un quinto del reddito dichiarato.

Il fatto che il contribuente dovesse risultare non congruo in almeno due periodi d'imposta era una conseguenza del presupposto del redditometro basato sulla disponibilità di un determinato bene o di un servizio (e non sulla spesa sostenuta). Infatti, la disponibilità di questi ultimi doveva individuare la possibilità di mantenimento nel tempo dei beni o dei servizi e, quindi, doveva rappresentare un reddito periodico e non occasionale. Tale modifica, dovrebbe confermare il fatto che il baricentro del nuovo redditometro si sposterà più sulla spesa effettiva che su quella figurativa, vale a dire sulla spesa sostenute più che sui beni a disposizione dei contribuenti.

 ROVERETO

Via Santa Maria, 55 
38068 Rovereto (TN)
T 0464.420613 - F 0464.458657
studio@manzana.it

 VERONA

Viale del Lavoro, 33 
37135 Verona (VR)
T 045.8201986 - F 045.509627
verona@moassociati.it

  MILANO

Via M. Pagano, 67  
20145 Milano (MI)
T 02.4813821 - F 02.48197197
milano@moassociati.it

Questo sito utilizza cookie per migliorare servizi ed esperienza dei lettori. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso. Per maggiori informazioni: privacy policy.

  Accetti di proseguire la navigazione?