STUDI DI SETTORE: MODIFICHE
ARTICOLO - Pubblicato il: 16 novembre 2011 - Da: G. Manzana E. Iori
Gli studi di settore nell’accertamento induttivo puro
La lettera c) del comma 28 dell’art. 23 del Dl 98/2011 ha aggiunto la lett. d-ter) al comma 2 dell’art. 39, DPR n. 600/73 in base alla quale è stata estesa la possibilità di effettuare l’accertamento induttivo puro anche nelle ipotesi di:
- omessa o infedele indicazione dei dati previsti dal modello per la comunicazione dei dati ai fini degli studi di settore;
- indicazione di cause di esclusione / inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La disposizione in commento opera a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui all’art. 1, comma 2-bis, D.Lgs. n. 471/97, applicabili nel caso in cui il maggior reddito d'impresa / lavoro autonomo, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato. A tale proposito, come chiarito con la circolare n. 31/E del 2007, non è necessario che sia intervenuta l’effettiva irrogazione della sanzione, ma, piuttosto, che risultino verificati i presupposti oggettivi posti a base della norma sanzionatoria.
L’agenzia delle entrate nella cir. 41/E del 2011 ha avuto modo di evidenziare che:
- l’ampliamento del potere accertativo in ogni caso riguarda unicamente i contribuenti che siano effettivamente soggetti all’applicazione degli studi di settore, non risultando applicabile la disposizione agli operatori economici esclusi dagli stessi (anche se eventualmente obbligati alla sola presentazione del modello) (Cfr. cir. 41/E/2011);
- La disposizione esplica effetti “diretti” solo in materia di imposizione diretta, atteso anche che il modello degli studi di settore è un allegato alla dichiarazione dei redditi. Ciò nonostante la circolare preve che “si ritiene che gli uffici, comunque, possano verificare gli effetti ai fini IVA di una ricostruzione induttiva dei ricavi o dei compensi, alla luce della specifica attività esercitata dal contribuente assoggettato a controllo e della possibile tipologia di evasione dallo stesso effettuata, tenuto conto dei beni ceduti e di servizi resi in evasione di imposta”.
Art. 39, co. 2 del Dpr 600/1973
“In deroga alle disposizioni del comma precedente l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:(…)
d-ter) quando viene rilevata l'omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l'indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione si applica a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.
In pratica ciò significa che le inesattezze nella compilazione dello studio di settore, dolose o colpose che siano, legittimano l’utilizzo dell’accertamento induttivo puro al pari di quanto succede in caso di omessa tenuta della contabilità o di non presentazione della dichiarazione dei redditi.
Considerato che l’accertamento induttivo puro legittima la determinazione del reddito in base a “dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza” (rectius presunzioni semplicissime), e che la presunzione nascente da studi di settore costituisce presunzione semplicissima, ne consegue che una volta verificati i presupposti dell’accertamento induttivo, l’Agenzia delle entrate è legittimata - senza dover dimostrare null’altro - a utilizzare lo scostamento da studio di settore anche ai fini dell’accertamento, di modo che lo scostamento da studio di settore viene a costituire sia il presupposto che l’entità dell’accertamento.
Le sanzioni
Mediante l’introduzione dei commi 2-bis e 4-bis rispettivamente degli articoli 1 e 5 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e del comma 2-bis dell'art. 32 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, la legge 296 del 2001 ha aumentato del 10 per cento la sanzione pecuniaria applicabile in sede di accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap, per le violazioni:
- di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
- di indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
Redditi - art. 1, D.Lgs. n. 471/97 comma 2-bis
“la misura della sanzione minima e massima ... è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa infedele indicazione dei dai dati ... nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore non è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato”.
Iva - art. 5, D.Lgs. n. 471/97 comma 4-bis:
“la misura della sanzione minima e massima ... è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa infedele indicazione dei dai dati ... nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La presente disposizione non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato”.
Irap - art. 32, D.Lgs. n. 446/97comma 2-bis:
“la misura della sanzione minima e massima ... è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa infedele indicazione dei dai dati ... nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La presente disposizione non si applica se il maggior imponibile, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore non è superiore al 10 per cento di quello dichiarato”.
La predetta maggiorazione del 10 per cento si applica alla sanzione-base, fissata nella misura dal 100% al 200%, a condizione che:
- il maggior reddito d’impresa, arte o professione (per le imposte sui redditi),
- la maggiore imposta o la minore imposta detraibile o rimborsabile (per l’imposta sul valore aggiunto);
- la maggiore base imponibile (per l’imposta sulle attività produttive)
accertati a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, eccedano, rispettivamente, il 10% di quanto dichiarato dai contribuenti.
Da quanto sopra consegue che nei casi in esame (omessa o erronea indicazione dei dati e di una causa di esclusione/inapplicabilità) la sanzione prevista risulta essere:
- dal 100% al 200% dei maggiori valori accertati se gli stessi non superano il 10% dei valori dichiarati;
- dal 110% al 220% dei maggiori valori accertati se gli stessi superano il 10% dei valori dichiarati.
Se la correzione riguarda dati o informazioni dai quali non scaturisce un maggior reddito, l’Ufficio può comunque applicare la sanzione residuale prevista per i casi di “dichiarazione irregolare” da € 258 a € 2.065.
La Circolare n. 31/E, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che:
- la maggiorazione del 10% della sanzione può essere applicata:
- “oltre alle ipotesi di non corretta indicazione di quelle informazioni che rilevano ai fini della determinazione della funzione di regressione” anche nei casi di “infedele ovvero omessa indicazione di quelle variabili che, pur non rilevanti ai fini della funzione di regressione, incidono comunque sulla determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo (es. quote di ammortamento che potrebbero essere rilevanti ai fini dell’indicatore di normalità economica relativo alle spese per il godimento dei beni strumentali mobili)”;
- anche nei casi in cui dall’attività di accertamento, anziché un maggior reddito, risulti una minor perdita per un importo superiore al 10% della perdita dichiarata;
- la sanzione e la maggiorazione del 10% non sono applicate nei casi di “infedele od omessa indicazione nell’allegato studi di settore delle variabili c.d. descrittive, cioè quelle concernenti dati specifici dell’attività che non influenzano né il risultato dello studio di settore, né tantomeno incidono sulla determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo”.
Con riferimento ai casi di erronea indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore, la Circ. 31/E del 2007 specifica che, al fine di determinare se la maggiorazione del 10% in esame debba essere o meno applicata, l’Ufficio dovrà richiedere tutte le informazioni necessarie per la corretta elaborazione dello studio di settore per poter procedere al confronto, come sopra illustrato, dei valori accertati con quanto dichiarato.
In merito al maggior reddito d’impresa, va evidenziato che occorre fare riferimento a quello che tiene in considerazione della normalità economica. Ciò significa che, al fine di determinare il superamento o meno della soglia di scostamento (10%) tra valori dichiarati e valori presunti da Gerico, i ricavi/compensi dichiarati dovranno essere confrontati con il maggiore tra il ricavo/compenso minimo risultante dalla congruità e normalità economica (con applicazione degli indicatori di normalità economica) e il ricavo/compenso puntuale risultante dalla congruità senza applicazione degli indicatori di normalità economica.
L’Agenzia delle entrate nella Circol. 31/E del 2007 specifica che le norme riguardanti l’incremento della sanzione si applicano con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 1° gennaio 2007 (entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007), in ragione del principio del c.d. “favor rei” sancito dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997. Pertanto, la sanzione incrementativa potrà essere applicata con riferimento alle dichiarazioni presentate successivamente a tale data.
Ai sensi del comma 4-bis, dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, il solo verificarsi delle condizioni previste per poter applicare la sanzione integrativa del 10 per cento:
- preclude al contribuente anche la possibilità di beneficiare della c.d. “inibizione degli accertamenti presuntivi”, prevista dal comma 4-bis dell’articolo 10, della legge n. 146 del 1998, nei confronti dei soggetti congrui ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
- riconosce all’amministrazione finanziaria la possibilità di effettuare l’accertamento induttivo puro (ex art. 39, co. 2 del Dpr 600/1972) nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti dal modello per la comunicazione dei dati ai fini degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione / inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La lettera c) del comma 28 dell’art. 23 del Dl 98/2011 ha aggiunto la lett. d-ter) al comma 2 dell’art. 39, DPR n. 600/73 in base alla quale è stata estesa la possibilità di effettuare l’accertamento induttivo puro anche nelle ipotesi di:
- omessa o infedele indicazione dei dati previsti dal modello per la comunicazione dei dati ai fini degli studi di settore;
- indicazione di cause di esclusione / inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La disposizione in commento opera a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui all’art. 1, comma 2-bis, D.Lgs. n. 471/97, applicabili nel caso in cui il maggior reddito d'impresa / lavoro autonomo, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato.
Per la modifica apportata dall’art. 23, co. 28 del Dlgs 89/2011 agli artt. 1, 5 e 32 del Dlgs 471/1997 la sanzione minima e massima prevista nelle ipotesi di rettifica delle dichiarazioni dei redditi, IVA ed IRAP viene aumenta dal 50% nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e sempre che il contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle entrate.
La maggiorazione della sanzione si applica sempreché l’adempimento sia dovuto.
In relazione al superamento del limite la norma prevede che la maggiorazione della sanzione non si applica se “il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione”, “la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile” ai fini IVA, ovvero “il maggior imponibile accertato” ai fini IRAP, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quello dichiarato.
Redditi - art. 1, D.Lgs. n. 471/97 comma 2-bis1
“la misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate. Si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2- bis”.
Iva - art. 5, D.Lgs. n. 471/97 comma 4-ter:
La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 4 è elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate. Si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 4-bis."
Irap - art. 32, D.Lgs. n. 446/97comma 2-ter:
“La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 è elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate. Si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2-bis.”.
Tale disposizione si applica con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto), in ragione di quanto previsto dall’articolo 3 del d.lgs. n. 472 del 1997. Pertanto, la sanzione più elevata potrà essere applicata con riferimento alle dichiarazioni presentate successivamente alla entrata in vigore di tale disposizione.
Quanto alla comunicazione dei dati degli studi di settore, l'omessa presentazione del modello o la presentazione con indicazioni inesatte comporta la sanzione da 258 a 2.065 euro (Cfr. comma 1 dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997). Stessa penalità nel caso di omessa o errata compilazione dei nuovi modelli Ine (Indicatori di normalità economica) che costituiscono parte integrante dell’ Unico.
Al fine di contrastare comportamenti dichiarativi, in materia di studi di settore, non corretti la lett. b) del comma 28 dell’art. 23 del Dl 98/2011 modifica il Dlgs 471/1997 prevedendo che in caso di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e sempre che il contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle entrate formulato,
la sanzione prevista dal comma 1 dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997 sia fissata al massimo importo consentito (pari a euro 2.065).
Art. 8 del Dlgs 471/1997
1. Fuori dei casi previsti negli articoli 1, 2 e 5, se la dichiarazione ai fini delle imposte dirette o dell'imposta sul valore aggiunto compresa quella periodica non e` redatta in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze ovvero in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati rilevanti per l'individuazione del contribuente e, se diverso da persona fisica, del suo rappresentante, nonché per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli, si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni. Si applica la sanzione in misura massima nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
La disposizione si applica con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto), in ragione del principio espresso dall’articolo 3 del d.lgs. n. 472 del 1997. Pertanto, secondo la Cir. 41/E/2011, l’importo della sanzione sempre in misura massima dovrà essere applicato con riferimento alle dichiarazioni presentate successivamente alla entrata in vigore di tale disposizione.
L’inibizione degli accertamenti analitici induttivi per i contribuenti virtuosi
La legge 296 del 2006 inserisce il comma 4-bis all'articolo 10 della L. 146/1998. Stando la portata del testo normativo risulta che non possono essere effettuate accertamenti analitici induttivi (o meglio, rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui alla lett. d), comma 1, art. 39 del D.P.R. 600/1973 ai fini delle dirette e all’ultimo periodo, comma 2, art. 54 del D.P.R. 633/1972 ai fini Iva) nei confronti dei contribuenti congrui e coerenti qualora l'ammontare dei ricavi non dichiarati, con un massimo di cinquanta mila euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati.
La congruità,
Il comma 35 del Dl 138/2011 ha modificato il contenuto dell’art. 10, comma 4-bis, Legge n. 146/98, prevedendo che per poter beneficare del c.d. “premio di congruità” è necessario soddisfare un’ulteriore nuova condizione consistente nella congruità anche per l’anno precedente a quello interessato.
Dopo la modifica, risulta che non possono essere effettuate accertamenti analitici induttivi (o meglio, rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui alla lett. d), comma 1, art. 39 del D.P.R. 600/1973 ai fini delle dirette e all’ultimo periodo, comma 2, art. 54 del D.P.R. 633/1972 ai fini Iva) nei confronti dei contribuenti
- congrui e coerenti nel periodo di accertamento e
- congrui nel periodo prima
qualora l'ammontare dei ricavi non dichiarati, con un massimo di cinquanta mila euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati.
Il livello di congruità, per entrambi gli anni, è quello derivante dall’analisi di congruità e normalità economica, eventualmente al netto dei correttivi anticrisi riconosciuti. Non è invece richiesto il rispetto della coerenza agli indicatori economici.
Art. 10 Legge 146/1998
“ co. 4-bis Le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62 bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all'articolo 10 bis, comma 2, della presente legge, qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per attività, ricavi o compensi si intendono quelli indicati al comma 4, lettera a). [In caso di rettifica, nella motivazione dell'atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente]. La presente disposizione si applica a condizione che non siano irrogabili le sanzioni di cui ai commi 2 bis e 4 bis rispettivamente degli articoli 1 e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché al comma 2 bis dell'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e che i contribuenti interessati risultino congrui alle risultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, in relazione al periodo di imposta precedente”.
Si tratta di una sorta di franchigia da accertamento induttivo per contribuenti virtuosi.
Nella sostanza si ha che:
- se il contribuente è il linea con gli studi di settore, il fisco non può esperire rettifiche di tipo analitico-induttivo, basate su presunzioni semplici, qualora la rettifica fosse di importo pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati dal contribuente stesso, con il limite massimo di 50 mila euro;
- in caso contrario (quindi quando i ricavi non dichiarati sono superiori alla franchigia), l’Ufficio può procedere alle rettifiche (sull’intero valore).
In quest’ultimo caso e fino a prima della modifica apportata dall’art. 23, comma 28 del Dl 98/2011 all’art. 10, co. 4bis della legge 148/1996 (che ha soppresso l’inciso “in caso di rettifica, nella motivazione dell'atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”) la norma prevedeva che nella motivazione dell'atto, l’Ufficio doveva riportare le ragioni che inducevano a disattendere le risultanze degli studi in quanto inadeguate a stimare correttamente i ricavi potenzialmente ascrivibili al contribuente. Come dire che tra tutti gli strumenti per determinare induttivamente i ricavi, gli studi di settore erano quelli da considerarsi i più affidabili e quindi l’utilizzo di altri doveva trovare una giustificazione.
Da ultimo la norma prevede – e non poteva essere il contrario - che la franchigia non trova applicazione nei confronti del contribuente al quale vengono irrogate le nuove sanzioni relative a omessa o infedele indicazione dei dati relativi agli studi di settore (commi 2-bis e 4-bis rispettivamente degli articoli 1 e 5 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nonché al comma 2-bis dell'art. 32 D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
La modifica hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1 gennaio 2007.