VERIFICA FISCALE: L'IRRITUALE ACQUISIZIONE DEGLI ELEMENTI PROBATORI
ARTICOLO - Pubblicato il: 16 novembre 2011 - Da: G. Manzana E. Iori
La nullità degli atti conseguenti a violazioni di regole procedurali e garanzie previste dallo Statuto e in genere da singole leggi di imposta (quale, per esempio, il mancato rispetto delle previste autorizzazioni per accedere dal contribuente per eseguire un controllo) sono oggetto di prese di posizione, talvolta anche divergenti, da parte della Suprema Corte, ancorché le Sezioni unite, alcuni anni fa, proprio per dirimere questo contrasto, si erano espresse per la nullità.
Nella circostanza (Sezioni unite, 21 novembre 2002 n. 16424) i giudici, circa l'inutilizzabilità dei documenti provenienti da attività illegittime, evidenziarono che «detta inutilizzabilità non abbisogna di una espressa disposizione sanzionatoria, derivando dalla regola generale secondo cui l'assenza del presupposto di un procedimento amministrativo infirma tutti gli atti nei quali si articola; il compito del giudice di vagliare le prove offerte in causa è circoscritto a quelle di cui abbia preventivamente riscontrato la rituale assunzione; l'acquisizione di un documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l'autore di tale violazione, o ne sia comunque direttamente o indirettamente responsabile».
Nonostante questa univoca presa di posizione, non mancano sentenze della Sezione tributaria della Cassazione che, invece, ritengono validi gli atti compiuti in violazione di queste garanzie. Si tratta in verità di un orientamento decisamente minoritario, rispetto a quello prevalente favorevole alla nullità, probabilmente dettato da ragioni di tipo sostanziale in situazioni in cui emergono macroscopiche evasioni di imposta che verrebbero vanificate dalla violazione di regole talvolta procedurali (in tal senso A. Iorio “No a verifiche immotivate” Il Sole 24 ore del 6 novembre 2010).
È significativo, in questo contesto, l'orientamento in base al quale il contribuente, ferma restando la validità degli atti, può perseguire nelle varie sedi giudiziarie (civile e penale) i singoli funzionari del fisco che avrebbero sbagliato (Cfr. Cass. n. 8344/2001); ciò, verosimilmente, nell'intento di salvare, da una parte, l'accertamento e, dall'altra, di non lasciare impunito l'errato comportamento dei verificatori.
In realtà occorre ricordare, innanzitutto, che compete al giudice tributario disapplicare tutti gli atti amministrativi illegittimi, costituenti presupposto per l'imposizione; quindi non solo quelli a contenuto generale o normativo, come disposto dall'articolo 7, comma 2 del Dlgs 546/1992 (Cfr. Cassazione, 5929/2007 e 21974/2009).
È evidente, poi, che il mancato rispetto dei diritti dei contribuenti e delle regole procedurali, che normalmente attengono garanzie costituzionali, non può non determinare un'insanabile violazione di norme, cui deve necessariamente derivare una totale inefficacia dell'attività illegittimamente svolta. Prova della fondatezza di ciò si desume dalla considerazione che l'ipotesi contraria verrebbe a creare un pericoloso vulnus nel sistema normativo, perché avremmo norme imperative del tutto inefficaci e quindi inutili, in contrasto con fondamentali principi di certezza del diritto e buon andamento della pubblica amministrazione, costituzionalmente protetti.
NON VALIDE E PRIVE DI EFFETTI
Cass. Sez. Trib. sent. 2 luglio 2001, n. 15230
Con la Sentenza 2 luglio 2001, n. 15230, la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha statuito che il decreto del Procuratore della Repubblica, autorizzativo della perquisizione del domicilio del contribuente, è un atto che, inserendosi in un tipico procedimento amministrativo, partecipa direttamente della natura amministrativa del procedimento considerato, condizionandone la legittimità ed è , perciò , sindacabile dal giudice civile e da quello tributario, e deve essere motivato. Il richiamo all’esistenza di una o più fonti confidenziali anonime denuncianti l’esistenza di violazioni tributarie non integra, da solo, effettiva, sufficiente e congrua motivazione dell’autorizzazione, rendendola illegittima; conseguentemente, prosegue la sentenza, gli avvisi di accertamento e di rettifica motivati con riferimento a dati acquisiti dall’Amministrazione finanziaria a seguito di accessi nell’abitazione del contribuente non legittimamente autorizzati, sono invalidi ed privi di effetti.
RILEVA ESCLUSIVAMENTE L’ATTENDIBILITÀ DELLE PROVE E NON I MODI IN CUI SONO STATE ACQUISITE
Cass. Sent. 10 aprile 2001, n. 8344
Con la Sentenza 10 aprile 2001, n. 8344, la Corte di Cassazione ha affermato che, nel procedimento tributario, “salvi i casi espressamente previsti, rileva esclusivamente l’attendibilità delle prove e non i modi in cui sono state acquisite, talché , ove l’acquisizione non sia conforme alle regole all’uopo previste, tale irregolarità non determina l’inutilizzabilità delle prove stesse in quanto, per un verso, l’inutilizzabilità è categoria giuridica valida solo per il processo penale e, per l’altro, non è giusto che la negligenza di chi ha acquisito le prove ricada sull’Amministrazione finanziaria a fronte di una prova oggettivamente valida”;
GLI ORGANI DI CONTROLLO POSSONO UTILIZZARE TUTTI I DOCUMENTI DEI QUALI SIANO VENUTI IN POSSESSO
Cass. Sent. 31 ottobre 2002, n. 8273,
Con la Sentenza 31 ottobre 2002, n. 8273, la Corte di Cassazione ha statuito che, in materia tributaria, non vige il principio, presente invece nel codice di procedura penale, secondo cui è inutilizzabile la prova acquisita irritualmente, e pertanto gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica della attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico;
NON SI TIENE CONTO DELLE PROVE INDEBITAMENTE ACQUISITE
Cass. Sez. Trib. Sent. 25 febbraio 2003, n. 11283,
Con la Sentenza 25 febbraio 2003, n. 11283, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, tornando sull’argomento, ha affermato che il giudice tributario ha il potere-dovere, oltre che di verificare la presenza nel decreto autorizzativo di una motivazione – sia pure concisa o per relationem mediante recepimento dei rilievi dell’organo richiedente – circa il concorso di gravi indizi del verificarsi dell’illecito fiscale, anche di controllare la correttezza – in diritto – del relativo apprezzamento, verificando che faccia riferimento ad elementi cui l’ordinamento attribuisce valenza indiziaria, negando la legittimità dell’autorizzazione emessa esclusivamente sulla scorta di informazioni anonime, valutando il fondamento della pretesa fiscale senza tenere conto di quelle prove.