RIPORTO DELLE PERDITE PER LE SOCIETA' DI CAPITALI
ARTICOLO - Pubblicato il: 16 novembre 2011 - Da: G. Manzana E. Iori
Introduzione
L'art. 84 del Tuir offre un’organica disciplina tributaria della perdita, intesa come risultato fiscale del periodo di imposta, disponendone un favorevole utilizzo in diminuzione dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi (ma non oltre il quinto), con un effetto pratico equiparabile a quello di ogni altro costo deducibile.
Considerata, da un lato, l'importanza che ha per le imprese la possibilità di riportare le perdite fiscali, e, dall'altro lato, l'interesse dell'Amministrazione finanziaria ad impedire utilizzi distorti di questo beneficio, si è reso opportuno prevedere due fattispecie integrative della disposizione originaria, l'una a favore dei contribuenti, l'altra posta a tutela dell'interesse erariale: è così che sono stati introdotti nell'art. 84 i commi 2 (1-bis, nella precedente versione del Tuir, di favore per i soggetti neocostituiti) e 3 (1-ter nella vecchia versione del Tuir, di ostacolo alla diffusa pratica del c.d. "commercio di bare fiscali").
In questo modo:
- nel comma 1 sono definite le modalità applicative generali del riporto delle perdite,
- nel comma 2 è fornita la disciplina particolare per le perdite subite nei primi tre periodi di imposta di vita delle imprese e
- nel comma 3 è prevista l'esclusione del riporto delle perdite al verificarsi di determinate condizioni.
La norma in commento è applicabile alle società ed enti di cui all’art. 73 del Tuir; per ciò che concerne le società di persone e le imprese individuali, la disciplina è contenuta nell’art. 8 del Tuir.
Si tratta, in particolare, di:
- società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, nonché società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui alregolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
- enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
- società ed enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
La tipologia di perdita di cui si occupa è quella fiscale: infatti il primo periodo del comma 1 , da leggersi come conferma di quanto stabilito dell'art. 83, precisa che la perdita è determinata con le stesse regole previste per la determinazione del reddito; d'altra parte anche lo stesso art. 83 prevede sia l'ipotesi che dal conto economico risulti un utile sia che il risultato sia una perdita, disponendo nell'uno e nell'altro caso l'applicabilità "dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni del presente testo unico".
Le due norme, in pratica, affermano lo stesso principio sebbene da angolature differenti.
Punto di partenza logico dell'art. 83 è il risultato civilistico, utile o perdita che sia, cui l'art. rende applicabile, in entrambi i casi, le medesime variazioni fiscali; l'art. 84, invece, prende le mosse da un risultato fiscale (la perdita) ribadendo che per essa le regole fiscali applicabili sono le medesime utilizzate per determinare il reddito (termine sempre inteso nella sua accezione fiscale).
Nella sostanza nell' art. 83 del Tuir viene stabilito che le variazioni imposte dal Tuir si applicano sia in caso di risultato civilistico ante imposte positivo, sia in caso di risultato negativo, e che le modalità applicative sono uguali in tutti e due i casi, nulla stabilendo invece circa il possibile segno del risultato fiscale ottenuto a seguito dell'applicazione delle variazioni: questo può essere positivo oppure negativo dando quindi origine, rispettivamente, a un reddito complessivo netto e a una perdita fiscale. Il reddito complessivo netto viene tassato (art. 77 del Tuir) mentre la perdita è regolamentata dall'art. 84. L 'art. 84 è quindi da intendersi confermativo di quanto già statuito nell'art. 83.
Non è affatto scontato che da un utile di conto economico derivi un imponibile fiscale e che da una perdita di conto economico discenda una perdita fiscale, in quanto, per effetto delle variazioni imposte dal Tuir, le due tipologie di risultati (civilistico e fiscale) seguono regole di determinazione differenti, talchè ben possono ipotizzarsi anche le ipotesi in cui una perdita civilistica si tramuti in un imponibile fiscale o, caso sicuramente più raro, un utile civilistico generi una perdita fiscale. Questa differenza rende inoltre completamente slegato il riporto fiscale delle perdite da un eventuale dipanamento delle perdite operato ai fini civilistici (Cfr. Ris. n. 9/959 del 1978).
Requisito fondamentale per l'utilizzo delle perdite fiscali nei periodi di imposta successivi a quello di realizzazione delle stesse è che nei periodi di imposta esistano redditi complessivi con cui effettuare il computo in diminuzione, ottenendo l'annullamento (o la riduzione) dei redditi imponibili.
A questo fine, nei modelli di dichiarazione dei redditi, viene richiesto di esplicitare il dettaglio delle perdite riportabili, affinchè sia agevole per l'Amministrazione ricostruire il percorso di generazione ed utilizzo delle stesse.
In ogni caso perdite non riportate in dichiarazione non fanno decadere il diritto al successivo utilizzo entro il termine quinquennale (Cfr. Ris. n.10/1429 del 15 novembre 1976).
Dalla lettura del primo periodo del comma 1 appare chiaro come l'utilizzo della perdita fiscale a diminuzione del reddito complessivo sia una facoltà, e non un obbligo, a disposizione del contribuente (viene infatti utilizzato il termine “può”); la scelta è desumibile dal comportamento adottato dal contribuente nella prima dichiarazione dei redditi successiva al conseguimento della perdita, da cui risulta un reddito complessivo su cui effettuare il computo in diminuzione.
Le modalità applicative di utilizzo della perdita sono vincolate nei tempi e nell'ammontare: infatti la computazione in diminuzione dei redditi prodotti deve avvenire ogni anno per l'intero importo della perdita che trova capienza nel reddito complessivo (nel rispetto, dal 2011, dei limiti quantitativi di cui si dirà subito dopo), salvo il caso, più sotto trattato, di presenza di crediti di imposta, ritenute di acconto, eccedenze di imposta, ecc.
Nel caso in cui la perdita riportata sia di ammontare inferiore rispetto al reddito complessivo dell'anno, deve essere eseguita una compensazione completa con la conseguente riduzione del reddito complessivo, fino al massimo all'azzeramento; nell'ipotesi contraria, in cui la perdita riportata sia superiore al reddito complessivo dell'anno, la compensazione deve avvenire fino a concorrenza di quest'ultimo importo, e la perdita residua ancora disponibile può essere riportata al periodo di imposta successivo, nel quale si ripeterà il procedimento appena descritto. Il tenore della disposizione impedisce quindi qualsiasi arbitraggio fiscale in merito ai tempi di utilizzo delle perdite: la perdita realizzata, pertanto, o viene utilizzata nel primo periodo successivo in cui si manifesta un reddito imponibile, oppure non può più essere riportata in avanti. Tale aspetto, dopo le modifiche apportate al Dl 98/2011 risulta chiaro: infatti viene detto che la perdita deve essere utilizzata per “l'intero importo che trova capienza” nel reddito rispetto al quale la perdita può essere poratta in diminuzione (vedi art. 84, co.1 ultimo periodo e art. 84, co.2 del Tuir).
Nella versione della norma valevole fino al 2010 (periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 6 luglio 2011), il riporto delle perdite era possibile al massimo fino al quinto periodo di imposta successivo a quello di sostenimento delle stesse; nel caso in cui allo scadere del periodo le perdite risultassero non ancora utilizzate, totalmente o parzialmente, l'ammontare non compensato risultava perso e non più utilizzabile.
Il comma 2 dell’art. 84 del Tuir riconosceva una disciplina di favore per le perdite conseguite nei primi tre periodi di imposta a partire da quello di costituzione della società (le cd. perdite di sturt up), stabilendone la riportabilità a tempo indeterminato.
Norma prima della modifiche apportate dal Dl 98/2011 a valere dal periodo d’imposta in corsa al 6 luglio 2011
1. La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. (…)
2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva. (…)
L’articolo 23, comma 9, del decreto legge n. 98 del 2011, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” [c.d. Manovra correttiva 2011], convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto alcune modifiche al regime fiscale delle perdite d’impresa in ambito IRES.
Le novità riguardano, in particolare, i commi 1 e 2 dell’articolo 84 del TUIR, che disciplinano rispettivamente le modalità di riporto a nuovo delle perdite:
- di periodo;
- dei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione,
e prevedono, per le prime, il riporto illimitato ma con il limite di utilizzo dell’80% del reddito imponibile e , per le seconde, un riporto illimitato e senza limite di utizzo (come peraltro, era prima della modifica).
Sul punto è intervenuta l’Ag. Delle entrate con la Cir. 53/E/2011.
L’articolo 23, comma 6, del Dl 78/2011 statuisce che: “In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Le nuove regole in materia di riporto delle perdite esplicano efficacia pertanto a partire dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto legge in esame. Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, le medesime regole si rendono applicabili già in sede di determinazione del reddito imponibile relativo al 2011.
La disposizione contenuta nel comma 9 del citato articolo 23, che detta la nuova disciplina di utilizzo delle perdite - basata sul riporto temporalmente illimitato e sull’utilizzo in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito di periodo - è applicabile anche alle perdite maturate nei periodi d’imposta anteriori a quello di entrata in vigore delle disposizioni in commento. Trattasi, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, delle perdite risultanti alla fine del periodo d’imposta 2010.
Tale soluzione risponde a ragioni di ordine logico-sistematico e appare coerente con le finalità dell’intervento normativo finalizzato a semplificare il sistema evitando la gestione di un doppio binario in relazione alle perdite maturate in vigenza dell’articolo 84 ante e post modifica.
Si segnala, da ultimo, che formano oggetto della nuova disciplina di cui all’articolo 84 del TUIR esclusivamente le perdite risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni in commento. Trattasi, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, delle perdite realizzate negli esercizi 2006-2007- 2008-2009-2010. Risultano, pertanto, escluse le perdite relative al period0 d’imposta 2005, non più riportabili per decorso del limite temporale quinquennale previsto dalla previgente disciplina.
La modifica normativa apportata dal Dl 78/2011 riguarda esclusivamente la disciplina relativa al riporto delle perdite d’impresa contenuta nell’articolo 84 del TUIR. Non risultano conseguentemente interessati dalle modifiche in commento i soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria, per i quali continua ad applicarsi il limite del riporto quinquennale ai sensi del comma 3 del citato articolo 8 del TUIR.
Inoltre, per effetto del rinvio operato dall’articolo 143, comma 2, del TUIR alle disposizioni dell’articolo 8 del medesimo testo unico, restano esclusi dalle nuove regole previste in materia del riporto in avanti delle perdite gli enti non commerciali che esercitano attività d’impresa, di cui alla lettera c) del menzionato articolo 73.
In merito alle perde di periodo la norma introduce “a sistema” un nuovo regime di riporto delle perdite fiscali, prevedendo in ciascun periodo un limite al relativo impiego in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile.
Tale previsione risponde alla duplice esigenza di escludere, da un lato, un limite temporale alla riportabilità delle perdite, e di introdurre, dall’altro, un limite quantitativo “di periodo” all’utilizzo delle stesse.
La relazione illustrativa al decreto legge in esame precisa, tra l’altro, chela norma risponde ad esigenze di semplificazione, in quanto:
- evita che le imprese pongano in essere operazioni straordinarie finalizzate al refreshing delle perdite che giungono a scadenza; operazioni che, nella sostanza, vanificano la previgente previsione relativa alla limitazione temporale al riporto;
- limita complesse valutazioni in ordine alla recuperabilità delle perdite ai fini dello stanziamento delle imposte differite in sede di predisposizione del bilancio di esercizio;
- garantisce un effetto di stabilizzazione sul gettito, attesa la tassazione in misura percentuale del reddito prodotto anche in presenza di perdite riportate a nuovo.
La limitazione quantitativa, tuttavia, non fa venire meno la possibilità di utilizzo integrale delle perdite, in quanto la finalità dell’intervento è solo quella di “modulare” l’ammontare complessivo delle perdite compensabili in ciascun periodo d’imposta.
In merito alle perdite dei primi tre periodi d’imposta il comma 2 dell’articolo 84 del TUIR prevede che queste, “possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva”.
Nel riconfermare per tali soggetti il sistema di riporto in misura piena delle perdite generate nei primi tre esercizi, a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva, è stata espunta la precisazione “senza alcun limite di tempo” contenuta nella previgente formulazione della norma, non più significativa atteso il venir meno del limite temporale all’utilizzo delle perdite nell’ambito del nuovo regime ordinario basato sul riporto illimitato delle stesse.
Il limite di utilizzo delle perdite previsto dalla disciplina in esame non si applica dunque alle perdite generate “nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione”, le quali sono utilizzabili senza alcun limite temporale e quantitativo.
In altri termini, il rinvio alle “modalità previste al comma 1” dell’articolo 84 non attiene alla misura delle perdite utilizzabili, le quali, se maturate nei primi tre periodi d’imposta, sono utilizzabili per l’intero importo.
La natura agevolativa della norma porta a ritenere che in caso di coesistenza tra perdite relative al primo triennio e perdite con ordinario termine di scadenza il contribuente possa decidere di computare in diminuzione dal reddito complessivo le prime con precedenza sulle prime (l’esatto opposto ripsetto a quello che succedeva prima della modifica). Uguale libertà di scelta è lasciata al contribuente allorché sia necessario, nelle operazioni di fusione o scissione, identificare che tipo di perdite passare alla nuova entità costituita, ovviamente nel caso in cui partecipino all'operazione società con perdite computabili a tempo indeterminato.
L’art. 36, commi da 12 a 14, del decreto modifica l’art. 84, comma 2) del Tuir – scritto prima della modifica apportata dal Dl 98/2011 ma valevole, data la somiglianza letterale della norma, anche dopo, in tema di riporto illimitato delle perdite stabilisce che:
- i primi tre periodi d’imposta, in relazione ai quali è consentito il riporto devono decorrere “dalla data di costituzione” della società;
- le perdite “si riferiscano ad una nuova attività produttiva”.
In merito è intervenuta l’Agenzia delle entrate con le Circ. 28/E del 2006 e 1/E del 2007.
MANOVRA FISCALE BIS 2006
Argomento e articolo
Perdite illimitatamente riportabili (art. 36, commi 12 – 14, Dl n. 223/2006, conv. con modif. con Legge n. 248/2006)
Novità
Dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006, per i soggetti Ires l’insorgenza nei primi tre esercizi di perdite illimitatamente riportabili può avere luogo esclusivamente dalla data di costituzione della società e a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva.
Riferimento
Circ. 28/E del 2006.
DECRETO COLLEGATO alla FINANZIARIA 2007
Argomento e articolo
Perdite illimitatamente riportabili – Modifica decorrenza (art. 2, comma 22, Dl n. 262/2006, conv. con modif. con Legge n. 286/2006)
Novità
La disposizione contenuta nell’all’art. 36, comma 12, Dl n. 223/2006, conv. con modif. con Legge n. 248/2006 sul riporto illimitato delle perdite relative ai primi tre periodi d’imposta in caso di nuovi soggetti e nuove attività, si applica a partire dalle perdite maturate dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006. Invece, per le perdite relative ai primi tre periodi d’imposta formatisi in periodi anteriori alla predetta data resta ferma l’applicazione della norma antielusiva di cui all’art. 37-bis, Dpr n. 600/1973.
Riferimento
Circ. 1/E del 2007.
Nell’attuale formulazione, il comma 2 dell’art. 84 consente, quindi, il riporto illimitato qualora le perdite:
a) siano prodotte da una nuova società nei primi tre periodi d’imposta dalla data della costituzione;
b) si riferiscano ad un’attività produttiva effettivamente “nuova”.
La modifica in commento ha introdotto un requisito “oggettivo”, quello della nuova iniziativa produttiva, in aggiunta a quello “soggettivo”, riferito alla società neo-costituita, al fine di agevolare l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale, piuttosto che la continuazione di una “vecchia” attività in capo ad un “nuovo” soggetto. Si ha quindi che se la società è sorta a seguito di una operazione con caratteristiche successorie (fusione o scissione) il periodo triennale va verificato considerando anche l’anzianità del dante causa; se invece l’attività è nuova a tutti gli effetti occorre porre attenzione a eventuali trasferimenti d’azienda realizzati mediante conferimento, cessione o affitto.
Il previgente comma 2 dell’art. 84 del Tuir, invece, riconosceva il diritto al riporto illimitato nel tempo delle perdite generate nei primi tre periodi d’imposta, prescindendo dalla novità dell’iniziativa produttiva.
La norma si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrate in vigore del decreto (4 luglio 2006).
Il comma 13 dell’art. 36 del Dl n. 223 del 2006, con norma di carattere transitorio, disponeva che i requisiti prima richiamati sub a) e b) devono essere verificati anche con riferimento alle perdite illimitatamente riportabili (secondo la previgente disciplina) relativi a periodi d’imposta precedenti che non siano state ancora utilizzate alla data di entrata in vigore del decreto. L’articolo 2, comma 22, del Dl 262 del 2006 ha sostituito il comma 13 dell’articolo 36 del d.l. n. 223, del 2006, intervenendo sulla decorrenza, per il pregresso, delle modiche apportate al citato articolo 84, comma 2, del Tuir. In base a quanto disposto dal secondo periodo del comma 13, per le perdite relative ai primi tre periodi di imposta formatesi in periodi anteriori alla data di entrata in vigore del Dl 223 del 2006, le disposizioni del comma 12 dell’art. 36 non sono applicabili, ma resta fermo il potere dell’Amministrazione finanziaria di disconoscere, ai sensi e per gli effetti del citato articolo 37-bis, la qualifica di “perdite illimitatamente riportabili” in assenza dei requisiti “oggettivi” e “soggettivi” richiesti dalla norma. Tale aspetto sucita perplessità considerato che il riporto illimitato delle perdite era stato previsto “per favorire nuove iniziative per le quali le perdite dei primi tre anni è un evento fisiologico” (Cfr. Relazione al D.Lgs. 358 del 1997).
Non era e non è invece prevista la possibilità di computare in diminuzione le perdite di un periodo di imposta con i redditi complessivi conseguiti in periodi di imposta precedenti ("carry back").
Di difficile comprensione ad una prima lettura della norma è la prescrizione del terzo periodo del comma 1 , a causa del fatto che il successivo inserimento del secondo periodo ne stravolge i riferimenti logico lessicali. In essa è contenuta una attenuazione, a cui si è accennato poco sopra, al vincolo di compensazione totale della perdita: è previsto che, pur in presenza di reddito complessivo superiore alla perdita compensabile, è possibile diminuire il reddito in misura inferiore rispetto all'ammontare di perdita riportabile, purchè l'imposta corrispondente al reddito imponibile residuo risulti compensata da altri crediti d'imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto e eccedenze di imposta.
In sostanza, l’imposta corrispondente al reddito prodotto in un anno può venire azzerata utilizzando due metodi alternativi:
- una parte dell’imposta può essere azzerata abbattendo parte del reddito prodotto con una perdita realizzata in periodi precedenti e portata a nuovo;
- una altra parte può essere azzerata mediante l’utilizzo di crediti d’imposta, ritenute d’acconto, ecc…, risultanti dalla dichiarazione medesima o risultanti da dichiarazioni relative ad anni precedenti, non chiesti a rimborso ma riportati a nuovo.
È evidente la volontà del legislatore tributario di preferire che i contribuenti compensino immediatamente i propri crediti, ritenute subite, acconti, ecc. È però il caso di segnalare che i crediti non hanno il vincolo dell'utilizzo quinquennale, che invece è proprio delle perdite; si rende necessaria quindi un'indagine tesa a stabilire se la parte di perdita non utilizzata a diminuzione del reddito complessivo per la presenza di suddetti elementi, sia ancora utilizzabile nel periodo di imposta successivo, prevedendo anche la presenza di un reddito complessivo con cui effettuare la compensazione. Tale procedura è comunque facoltativa (viene infatti utilizzato il termine “potrà”), e pertanto il contribuente è libero di utilizzare le perdite fino ad esaurimento delle stesse, e solo dopo utilizzare i crediti d’imposta.
Il Ministero nella Circ. n. 188/E del 16 luglio 1998, ha chiarito che le perdite di periodi precedenti possano essere utilizzate anche per compensare redditi che siano emersi in sede di rettifica di una dichiarazione per effetto dell’attività di accertamento degli organi fiscali, e questo anche se dette perdite non sono evidenziate nella dichiarazione.
Il riporto nel caso di regimi agevolati
La Legge Finanziaria del 2007 (cfr. L. 296 del 2006, comma 73) ha introdotto due specifici limiti all’importo della perdita riportabile da parte di società che usufruiscono di regimi agevolati sull’utile o sul reddito.
Queste novità, che si applicano dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 (e quindi interessano, per la prima volta, il prossimo mod. Unico 2008), riguardano:
1) contribuenti che fruiscono di regimi di esenzione del reddito, le cui perdite riportabili sono ridotte di una quota corrispondente a quella di esenzione. Viene detto che “per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti”. La modifica normativa è finalizzata - come si legge nella relazione illustrativa - a consentire di creare una simmetria tra imponibilità del risultato positivo (utile) e deducibilità del risultato negativo (perdita). Infatti, prima della modifica prevedeva che la perdita fiscale riportabile a nuovo sia ridotta dell'importo dei “proventi esenti” (con esclusione delle plusvalenze da realizzo di partecipazioni con regime di esenzione). Tutto ciò al fine di ricondurre il diritto al riporto nei limiti della perdita che si sarebbe generata se non ci fosse stato il provento esente. In via interpretativa, l'amministrazione finanziaria (Cfr. Circ. n. 37/E del 2003 e Ris. n. 108/E del 2003) ha ritenuto inapplicabile questa regola limitativa in presenza di agevolazioni o riduzioni d'imponibile che attengono a “redditi netti”.
2) contribuenti che fruiscono di regimi di esenzione dell’utile, le cui perdite sono riportabili solo per l’ammontare che eccede l’utile detassato; Viene detto che “Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti”.
FINANZIARIA 2007
Argomento e articolo
Riporto delle perdite (art. 1, commi 72 e 73, Legge n. n. 296 del 2006)
Novità
Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione totale o parziale del reddito la perdita riportabile è diminuita in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un reddito imponibile.
Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.
Tali novità si applicano ai redditi prodotti e utili realizzati a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006.
In questo modo il regime delle perdite vieniva modificato relativamente a due fattispecie.
Con il primo intervento si riduce il riporto a nuovo delle perdite per i soggetti che fruiscono di regimi di esenzione del reddito (integrale o parziale) in misura pari all'esenzione concessa. In sostanza, l'obiettivo è di considerare riportabili le perdite nella stessa misura in cui è tassato il reddito. È il caso, ad esempio, delle imprese armatoriali con navi iscritte nel registro internazionale che beneficiano di un'esenzione pari all'80% del reddito dichiarato, ove non optino per il regime della tonnage tax (si veda esempio a fianco).
La novità si applica ai redditi prodotti a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006.
Il secondo intervento trova applicazione nei confronti delle società cooperative che beneficiano di esenzione parziale per una quota dell'utile civilistico destinata a riserva indivisibile. Queste società, infatti, hanno diversi trattamenti tributari in funzione della presenza o meno del requisito della mutualità prevalente ovvero in ragione del settore di appartenenza (cooperative agricole, di consumo, della piccola pesca, sociali, eccetera). Al riguardo, la circolare dell'agenzia delle Entrate n. 34/E del 2005 ha fornito gli opportuni chiarimenti sul trattamento fiscale delle società cooperative a seguito delle novità introdotte con la legge finanziaria 2005. La disposizione innovativa stabilisce un limite quantitativo al riporto in avanti delle perdite di esercizio che vanno ridotte fino a concorrenza del l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito in precedenti esercizi. Più precisamente l'ammontare riportabile è pari alla quota della perdita d'esercizio eccedente l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito nei precedenti esercizi.
La nuova disposizione si applica agli utili realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006.
In sostanza, con riferimento alle società cooperative, sono gli utili conseguiti a partire dal periodo di imposta 2007 e non tassati a costituire il “basket” dal quale attingere per ridurre le perdite fiscali conseguite in esercizi successivi (dal periodo d'imposta 2008 in poi).
La prima delle due disposizioni (regimi di esenzione del reddito integrale o parziale) è stata abrogata e completamente riscritta, prima ancora di entrare in vigore, dall’art. 1, comma 33, lett. f), della Legge n. 244 del 2007, che ha previsto, con effetto dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, che, in caso di attività per le quali sono applicabili regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi.
La modifica, come risulta dalla relazione ministeriale al Ddl Finanziaria per il 2008, è volta a superare taluni dubbi interpretativi circa l’esatto ambito della norma, nella precedente formulazione; dubbi, aggiungiamo, che furono esposti da Assonime nella Circ. n. 31 del 2007.
Secondo l’Associazione, la disposizione della Finanziaria del 2007 pareva limitare esclusivamente il riporto a nuovo della perdita generata dalla attività esente, consentendolo solo in misura proporzionalmente corrispondente alla quota di esenzione applicabile in presenza di un risultato imponibile positivo. Il caso preso in considerazione, aggiungeva Assonime, poteva essere quello di un’impresa commerciale esercente un’unica attività fruente di esenzione parziale (ad esempio un’impresa armatoriale che gode della esenzione dell’80% prevista dall’art. 4, comma 2, del Dl n. 457 del 97). Per tali società, dunque, le perdite sono divenute riportabili in compensazione dei risultati positivi (e parzialmente imponibili) relativi al quinquennio successivo, in proporzione alla misura di imponibilità limitata accordata ai redditi in questione (nell’esempio, al 20%).
Il dettato della norma, concludeva Assonime, non sembrava invece contemplare l’ipotesi di un’impresa che abbia sia una gestione produttiva di redditi esenti che una gestione i cui risultati sono imponibili, per la quale poteva dunque ritenersi ammessa la compensabilità, nell’anno, dei risultati di segno contrario realizzati dalle due gestioni.
Con la Finanziaria 2008, che sposta la regola dall’art. 84 (riporto perdite) all’art. 83 del Tuir (che tratta del calcolo del reddito complessivo), si intende dunque chiarire che la compensazione parziale delle perdite (cioè nella stessa limitata misura secondo cui il reddito risulta imponibile) opera già in sede di utilizzo a fronte di eventuali redditi imponibili del medesimo esercizio, oltre che, a maggior ragione, sul riporto a nuovo delle perdite stesse.
Dal 2007 (Unico 2008), scatta inoltre la norma, prevista dalla Legge n. 296 del 2006, sui contribuenti che fruiscono di regimi di esenzione dell’utile, destinata in particolare alle cooperative a mutualità prevalente, le quali, come noto, possono escludere dalla formazione del reddito imponibile Ires una quota dell’utile di bilancio, laddove accantonata ad una riserva non distribuibile né durante la vita della società, né in fase di liquidazione.
La disposizione, che non è stata modificata dalla Legge n. 244 del 2007, ed entra dunque in vigore nella sua formulazione originaria, intende impedire che la cooperativa possa, in una sequenza di esercizi in utile e in perdita, detassare prima il risultato accantonato a riserva, usufruendo altresì della riportabilità di perdite generatesi successivamente.
Ciò anche se la perdita fiscale di cui si limita l’utilizzo si determini comunque secondo regole ordinarie e non sia in alcun modo influenzata dall’accantonamento a riserva dell’utile attuato in anni precedenti.
La norma solleva diverse problematiche applicative (cfr.Assonime, Circ. n. 31 del 2007), a cominciare dal fatto che essa pare operare senza limiti di tempo. Quindi, una volta realizzato l’utile non assoggettato ad Ires in un determinato esercizio, la società sarà sottoposta al vincolo di riporto perdite (per un importo pari a quello detassato) per tutto il resto della vita sociale. Eventuali perdite realizzate, anche dopo svariati anni da quelli in cui si erano formati gli utili accantonati e non tassati, non saranno dunque riportabili per l’ammontare complessivo delle detassazioni operate. La disposizione (a parere di Assonime) non dovrebbe invece riguardare le perdite formatesi in anni precedenti a quelli in cui si generano utili non assoggettati ad Ires.
Anche la decorrenza della disposizione lascia parte talune perplessità applicative. Secondo la circolare Assonime, il nuovo vincolo al riporto perdite dovrebbe riguardare gli utili detassati per effetto del loro accantonamento a riserva a partire dal periodo 2007, con esclusione, viceversa, di quelli già accantonati in esenzione d’imposta negli esercizi precedenti a tale esercizio.
Il comma 1 continua prevedendo l’abbattimento del valore riportabile della perdita nell'ipotesi in cui, nell'anno di sostenimento della stessa, siano conseguiti proventi esenti dall'imposta; l'abbattimento è pari all'eccedenza dei suddetti proventi esenti rispetto a determinati componenti negativi non dedotti (interessi passivi eccedenti i limiti stabiliti dall’art. 96; spese e altri componenti negativi totalmente o parzialmente non deducibili ex art. 109, commi 5 e 6).
Questa disposizione, ulteriormente limitativa dell'ammontare di perdita fiscale riportabile, considera, quali elementi rilevanti:
- i proventi esenti dall'imposta, identificabili in quei componenti attivi che per disposizione di legge sono esenti da imposta totalmente o parzialmente. Si noti come nei modelli di dichiarazione dei redditi, alla riga relativa ai proventi esenti viene indicato, fra parentesi, l’art. 58 del vecchio Tuir: sembrerebbe, pertanto, che, per il Ministero, i proventi in tale art. (corrispondente all’art. 91 dell’attuale Tuir) debbano essere considerati esenti. Non devono essere inclusi nel conto i proventi derivanti dalla cessione di partecipazioni per le quali si è potuto godere dell’esenzione ex art. 87, i quali, pertanto, non vanno ad incidere sull’entità della perdita fiscale riportabile agli esercizi futuri. Per specifica indicazione nella relazione governativa di accompagnamento al nuovo Tuir, poi, i dividendi, per la parte non assoggettata ad imposizione, devono essere considerati proventi esclusi, e non esenti: pertanto tale parte non assoggettata a tassazione non deve essere considerata ai fini della rettifica da apportare alla perdita realizzata; data la mancanza di ulteriori specificazioni, sembrerebbe di dover intendere che tale soluzione valga anche per i dividendi provenienti da società non residenti;
- i componenti negativi non dedotti ex art. 96, rappresentati dagli interessi passivi eccedenti il rapporto tra i proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i proventi, avendo precedentemente decurtato dall'ammontare complessivo degli interessi passivi su cui eseguire il suddetto coalcolo, il valore risultante dalla differenza di cui al comma 3 dello stesso art. 96. Si evidenzia come gli interessi non deducibili per effetto dell’applicazione degli artt. 97 e 98 (relativi, rispettivamente, al pro-rata patrimoniale e alla lotta all’utilizzo fiscale della sotto-capitalizzazione), non abbiano alcuna rilevanza ai fini dell’applicazione della norma in commento.
- i componenti negativi non dedotti ex art. 109, comma 5, ovverosia i costi afferenti ricavi e proventi che non concorrono a formare il reddito.
- i componenti negativi non dedotti ex art. 109, comma 6.
Non può essere riportata negli esercizi successivi, perdendo quindi di fatto ogni beneficio, l'ammontare di perdita fiscale pari alla differenza tra i proventi di cui al primo punto e i componenti negativi di cui ai successivi tre punti.
La ragione di questa scelta è quella di impedire che la perdita con cui computare in diminuzione il reddito sia generata dai proventi esenti, per effetto della variazione in diminuzione ad essi relativa: nella sostanza quindi l'ammontare fiscale massimo di proventi in esenzione di imposta (al netto dei suddetti costi non dedotti) concretamente utilizzabile per compensare redditi futuri è pari al reddito imponibile calcolato senza considerare la variazione in diminuzione relativa al provento esente, proprio perchè quest'ultima non può comunque generare una perdita fiscale.
Per detto principio, ad esempio, i proventi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva non riducono la perdita riportabile. Analogo discorso vale per i dividendi e le plusvalenze esenti ai sensi dell'art. 87 del Tuir. Ciò in quanto gli stessi si considerano espressione indiretta di utili già tassati o da tassare.
I casi di impossibilità di riporto delle perdite ed eccezioni: la norma di contrasto al commercio delle c.d. “bare fiscali”
Il comma 3 stabilisce i casi in cui non è possibile operare il riporto delle perdite.
La ragione di questa tutela è da ricercarsi nel tentativo dell’Amministrazione di affinare le difese contro il “commercio di bare fiscali”, pratica nella quale i soci di società redditizie cercavano di acquisire il controllo di società prive di senso economico ma cariche di perdite fiscali per abbattere il reddito complessivo della società redditizia ricorrendo alle più disparate operazioni.
Alla luce di quanto stabilito dalla norma, non è possibile riportare le perdite al verificarsi, congiuntamente, delle seguenti due condizioni:
- trasferimento, o comunque acquisizione da terzi (anche a titolo temporaneo e anche a titolo di usufrutto o di altro diritto reale), della maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria del soggetto che riporta le perdite; la norma fa riferimento sia ai casi in cui l’acquirente ottenga il controllo integralmente mediante l’acquisizione, sia ai casi in cui lo ottenga mediante un acquisto che, in sé e per sé, non sia idoneo a trasferire il controllo, ma che sortisca questo effetto in conseguenza di partecipazioni già possedute (Cfr. Circ. n. 320/E del 1997);
- modifica dell’attività principale effettivamente svolta nei periodi d’imposta in cui le perdite furono realizzate. La modifica dell’attività svolta assume rilievo se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi o nei due anteriori.
Gli elementi considerati indicativi di probabile “abuso fiscale” sono quindi il cambiamento della maggioranza della compagine sociale, collegato alla variazione dell’attività effettivamente svolta: affinché la disposizione produca i suoi effetti, è necessario che si verifichino entrambe le condizioni.
Per quanto riguarda il primo aspetto, è da notare come la lettera della norma tenda a ricomprendere tutte le situazioni in cu il controllo di fatto sulla società riportante le perdite sia trasferito, con la finalità di colpire i trasferimenti in cui passi il diritto a poter disporre dell’utilizzo delle perdite.
Il secondo indicatore, cioè il periodo di monitoraggio relativo al cambiamento dell’attività principale di fatto esercitata, è costituito da cinque periodi d’imposta, identificati nei due precedenti a quello del trasferimento della maggioranza delle azioni o quote, in quello in corso al momento del suddetto trasferimento e nei due successivi.
Può certamente rappresentare un problema la univoca determinazione dell’attività principale di fatto esercitata, posto che la norma non fornisce parametri di riferimento.
Nel silenzio interpretativo si ritiene che i ricavi caratteristici conseguiti nel periodo, la tipologia dei costi sostenuti o le quantità di beni o servizi vendute possano ben rappresentare fattori su cui fondare il giudizio.
E' invece espressamente chiarito che l'attività oggetto di cambiamento debba essere quella principale, anche nel caso (peraltro marginale) in cui le perdite siano generate da una diversa attività, non definibile come principale.
Come per tutte le norme anti-abuso contenute nei disposti normativi è possibile disapplicare questa disposizione solo mediante ottenuto il parere positivo alla richiesta di interpello negativo ai sensi dell'art. 37-bis, comma 8 del Dpr n. 600 del 1973.
La norma prevedeva che le suddette limitazioni non operavano quando le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiori alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'art. 2425 del Codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
L'esistenza di parametri espressivi di una reale e concreta operatività della società porta a considerare effettive le perdite sostenute ed esclude il trasferimento della proprietà della società dal novero delle operazioni "potenzialmente pericolose" dal punto di vista fiscale, riconoscendone il pieno beneficio alla riportabilità.
Si evidenzia come l’attuale versione del Tuir faccia riferimento all’attività caratteristica della società, non richiamando la lett. A1, del conto economico, e alle spese per dipendenti e contributi di cui alla lettere B9 del conto economico
È da pensare che il mancato richiamo agli schemi del conto economico debba essere inteso come una espressione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma: debbono essere considerati tutti i ricavi caratteristici (ossia i ricavi derivanti dall’attività tipica della società, e quindi da quell’attività per lo svolgimento della quale la società è stata costituita), indipendentemente dalla loro classificazione nel bilancio civilisticomma
Più nello specifico, per quanto riguarda le spese per lavoro subordinato, il mancato richiamo alla lett. B9 fa pensare che debbano essere considerate tutte le spese sostenute a tal fine, anche se conseguenti, ad esempio, da ristrutturazioni aziendali, oppure se di competenza di esercizi precedenti, al tempo non imputate per omesse o errate registrazioni contabili (classificabili nell’area del conto e conomico relativa alle componenti straordinarie), e quindi tutte le spese sostenute per lavoro subordinato, indipendentemente dalla loro classificazione nel conto economico civilisticomma
Il testo normativo non riporta più come esimente l'acquisto delle partecipazioni della società riportante le perdite da una società controllata dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questi.
MANOVRA FISCALE BIS 2006
Argomento e articolo
Commercio di “bare fiscali” (art. 36, comma 12, Dl n. 223/2006, conv. con modif. con Legge n. 248/2006)
Novità
L'acquisto delle partecipazioni della società riportante le perdite da una società controllata dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite (ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questi), non costituisce più esimente alla norma contro il commercio di “bare fiscali”.
Riferimento
Circ. 28/E del 4 agosto 2006.
La previsione è stata infatti soppressa dall’art. 36, comma 12, lett. b) del Dl n. 223 del 2006 ha soppresso la prima delle due condizioni (corrispondente alla lett. a) del comma 3 dell’art. 84 del Tuir) cosichè la limitazione alla riportabilità delle perdite non opera solo limitatamente al verificarsi della seconda condizione. La modifica si applica ai soggetti le cui partecipazioni sono acquisite da terzi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006).
Tale previsione, evidenziava una sensibilità del legislatore nei confronti dei soggetti strutturati a gruppo, stabilendo che determinati trasferimenti azionari intragruppo, giustificati dalla sostanziale identità del soggetto economico, non integrano situazioni di "abuso di beneficio fiscale".
Le perdite delle società di persone partecipate da società di capitali
Uno tra i provvedimenti di maggiore rilevanza, in materia di reddito di impresa, introdotto dalla Legge finanziaria per il 2008, è costituito dal nuovo limite alla deduzione degli oneri finanziari, basato sul 30% del cosiddetto risultato operativo lordo. La disposizione riguarda esclusivamente le società di capitali e non si estende alle ditte individuali e alle società di persone, per le quali gli interessi si deducono ordinariamente.
Al fine di contrastare possibili fenomeni elusivi consistenti nella creazione di società di persone partecipate da società di capitali, a cui attribuire l’indebitamento e i correlati oneri finanziari, la Legge finanziaria per il 2008 (Cfr. Art. 1 comma 33, lett. m) della Legge n. 244 del 2007) ha previsto, modificando l’art. 101 del Tuir, un nuovo vincolo all’utilizzo delle perdite assegnate per trasparenza dalle società personali.
LEGGE FINANZIARIA PER IL 2008
Argomento e articolo
Riporto delle perdite delle società di persone partecipate da società di capitali (Art. 1, comma 33, lett. m) della Legge n. 244 del 2007)
Novità
Con una modifica all’art. 101 del Tuir, si stabilisce che, per i soggetti Ires che posseggono quote di Snc e Sa.s, le relative perdite possono essere compensate solo con redditi prodotti dalla medesima società nei 5 anni successivi. Immutato invece il trattamento delle perdite delle società di persone per i soci persone fisiche non esercenti imprese (art. 8 Tuir).
È stabilito che, esclusivamente per le partecipazioni detenute da società di capitali in società di persone, le perdite assegnate al socio non possono da quest’ultimo essere compensate con il reddito dell’esercizio, e cioè operando, come avveniva in precedenza, una variazione in diminuzione nel quadro RF del mod. Unico; l’utilizzo di tali perdite può avvenire solo in modo “separato” dai redditi del socio, mediante compensazione con redditi attribuiti dalla stessa società di persone partecipata (quella, cioè, che ha prodotto la perdita) nei cinque esercizi successivi.
Nulla è previsto dalla norma nel caso in cui, in presenza di perdite residue da compensare, il socio ceda a terzi la partecipazione nella società personale prima del periodo quinquennale di riportabilità. Non è cioè chiaro se il socio subentrante possa o meno acquisire il diritto al riporto con redditi della stessa società (nel limite del quinquennio originario), oppure se ciò sia consentito solo se il socio subentrante è una società di capitali, oppure ancora se non sia consentito affatto.
La norma, che riguarda un numero limitato di contribuenti (ricordiamo che la legittimità della partecipazione di una società di capitali in una società di persone è prevista dalla legge solo dal 2004 a seguito della Riforma societaria: art. 2361, C.c. ), scatta dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Per il prossimo Unico 2008, dunque, valgono le regole ordinarie di compensazione con i redditi della partecipante.
In ogni caso, va segnalato che, ancorché la norma tenda a colpire, come detto, operazioni elusive di aggiramento del test del “Rol” (art. 96, Tuir), essa finisce per applicarsi anche qualora la società personale realizzi perdite in assenza di interessi passivi. In questo caso, la partecipante valuterà dunque l’opportunità di trasformare la partecipata da Snc o Sas a società di capitali, adottando il regime di trasparenza (art. 115 Tuir), ovvero il consolidato fiscale (art. 117 Tuir) laddove la tipologia della compagine lo consenta. Peraltro, trattandosi di disposizione con dichiarate finalità antielusive, dovrebbe ritenersi consentito, in situazioni in cui la società personale non consenta comunque di eludere la norma sugli interessi, ottenerne la disapplicazione mediante interpello alla Direzione regionale delle Entrate, con le modalità di cui all’art. 37-bis, comma 8, Dpr n. 600 del 1973. La questione dovrà formare oggetto di chiarimento da parte dell’Agenzia.
Si rileva infine che la norma, limitando solo l’utilizzo di perdite, non pare assolutamente sufficiente ad escludere operazioni elusive sulla deduzione degli interessi. Basterà infatti che alla società partecipata vengano attribuiti (ad esempio attraverso un conferimento di azienda), attività che producono proventi almeno pari agli interessi passivi trasferiti, con realizzo dunque, non già di una perdita, ma di un modesto reddito o di un sostanziale pareggio, per far sì che attraverso la interposizione, il gruppo riesca a scalare oneri finanziari diversamente indeducibili.