IL GODIMENTO DI BENI D'IMPRESA DA PARTE DEI SOCI

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ARTICOLO - Pubblicato il: 19 marzo 2012 - Da: G. Manzana E. Iori

Le problematiche circa alla norma che regola in merito ai beni concessi in godimento ai soci sono molteplici; e ciò non solo perche ci si trova di fronte a una norma che è nata come norma antiabuso ma che porta una regolamentazione anche impositiva (al limite della doppia imposizione), ma anche per la profonda divergenza esistente tra la norma istitutiva (art. 2 commi da 36-terdecies a 36-duodevieces del dl 138/2011) e provvedimento delle Entrate che ha attuato tale previsione (prot. n. 166485 del 16 novembre 2011).

Nel frattempo l’agenzia delle entrate, che fino ad ora si è espressa sul punto solo con alcune risposte fornite in sede di incontri con la stampa specializzata, ha proroga al 15 ottobre 2012 il termine, inizialmente previsto per il 31 marzo 2012 (2 aprile 2012), per la prima comunicazione (provv. n. 2012/37049 del 13 marzo 2012).

AMBITO APPLICATIVO DELLA NORMA

La norma di cui trattiamo riguarda “ i beni dell’impresa concessi in godimento ai soci o ai familiari dell’imprenditore”.

La norma ha il chiaro lo scopo di agevolare l’utilizzo del redditometro contrastando le c.d. intestazioni di comodo. Ne dovrebbe quindi derivare che non si applica là dove non si è di fronte a una intestazione di comodo in quanto non si è di fronte a “beni concessi in godimento”. E’ il caso dell’utilizzo promiscuo dell’amministratore o del dipendente dell’autovettura, per la quale, questo paga o tassa il corrispondente benefit.

Tale conclusione sembrerebbe confermata anche dall’Agenzia delle entrate là dove precisa che la disposizione di cui alla citata nuova lett. h-ter), secondo la quale è tassato l’utilizzo in capo alla persona fisica come reddito diverso, è applicabile “solo nel caso in cui il TUIR non preveda specifiche norme che limitano la deducibilità dei costi relativi ai beni concessi in godimento in capo al concedente, e che tassano il relativo reddito in capo al soggetto utilizzatore”.

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE 2012

L’art. 36-duodevicies del Dl 138/2011 prevede che “le disposizioni di cui ai commi da 36-terdecies a 36-septiesdecies si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Ciò nonostante il provvedimento n. 166485 del 16 novembre 2011 prevede che “per i beni concessi in godimento nei periodi d’imposta precedenti a quello di prima applicazione delle disposizioni del presente provvedimento, la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo 2012”.

Il provvedimento n. 2012/37049 del 13 marzo 2012 ha previsto che “il termine del 31 marzo 2012, previsto al punto 3.5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2011, è prorogato al 15 ottobre 2012”.

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE A REGIME

La norma prevede che “Al fine di garantire l'attività di controllo, nelle ipotesi di cui al comma 36-quaterdecies l'impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell'imprenditore comunicano all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono individuati modalità e termini per l'effettuazione della predetta comunicazione”(36-sexiesdecies del Dl 138/2011).

Il provvedimento n. 166485 del 16 novembre 2011 prevede che “3.4 La comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta in cui i beni sono concessi in godimento”.

La comunicazione:

-           va trasmessa, in via telematica, entro il 31.3 dell’anno successivo a quello di riferimento sia direttamente che tramite un intermediario abilitato.

-           va effettuata, entro il medesimo termine, anche per i beni per i quali nel periodo di riferimento è cessato il diritto di godimento.

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE DEI FINANZIAMENTI e CONFERIMENTI

La norma prevede che “(…)[ndr nei casi di applicazione, nei confronti delle persone fisiche, del reddito da godimento dei beni ex art. 67, co. 1 lett. h-ter del Tuir, l’Agenzia delle entrate] ai fini della ricostruzione sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società” (Art. 2 co. 36-septiesdecies del Dl 138/2011).

Si noti come:

-           ll richiamo che viene fatto ai finanziamenti e ai conferimenti riguarda unicamente l’aspetto ispettivo/accertativo;

-           La norma non prevede un obbligo di comunicazione per i finanziamenti e i conferimenti; la norma che tratta dell’oggetto della comunicazione è l’art. 2, comma 36-sexiesdecies, del Dl n. 138/2011 che espressamente limita la comunicazione “ai beni concessi in godimento”;

-           Il finanziamento a cui fa riferimento la norma, essendo preordinato alla “ricostruzione sintetica del reddito” del socio (o del familare) che ha utilizzato in godimento i beni della società (o dell’imprenditore), assume rilevanza unicamente in caso di utilizzo di “comodo” dei beni aziendali.

Ciò nonostante:

-           il provvedimento n. 166485 del 16 novembre 2011 ha esteso la comunicazione anche ai finanziamenti e capitalizzazioni effettuati nei confronti della società che concedono in godimento beni d’impresa ai soci;

-           l’Agenzia delle entrate intervenendo a Telefisco 2012 ha previsto che: “I finanziamenti e i versamenti vanno segnalati per l'intero ammontare” (e non solo per per la quota parte riferibile all'acquisto di beni concessi in godimento ai soci), che vanno comunicati quelli “concretizzati nel periodo d’imposta 2011” e, “in sede di prima applicazione, (…) [ndr anche quelli] pur realizzati in precedenti periodi d’imposta, risultano ancora in essere nel periodo d’imposta in corso al 17 settembre 2011” e che “I finanziamenti ed i versamenti effettuati o ricevuti dai soci vanno comunicati, per l'intero ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci”.

A fronte quindi di una disposizione (l'articolo 2, comma 36-sexiesdecies, del decreto legge n. 138/2011) che richiede la comunicazione in ipotesi ben definite, il provvedimento del 16 novembre estende l'adempimento sino a farlo diventare una comunicazione "di massa" di beni e finanziamenti, perdendo decisamente di vista l'atto normativo da cui promana.

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE IN GENERALE

Stando il dato normativo, la comunicazione:

-           riguarda “i beni concessi in godimento” (Art. 2, comma 36-sexiesdecies, del Dl n. 138/2011;

-           e deve essere innoltrata “nelle ipotesi di cui al comma 36-quaterdecies» del medesimo articolo 2, ossia, letteralmente, «i costi relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile». (Art. 2 co. 36-sexiesdecies del Dl 138/2011).

Dalla norma risulta chiaro che si vuole colpire quelle ipotesi in cui il bene, causa il diritto personale di utilizzo da parte del socio o del familiare, non risulta "collegato" all'attività d'impresa, con la conseguenza che, in questo modo, lo stesso bene non risulta inerente all'attività, provocando (correttamente) l'indeducibilità dei componenti negativi a esso riferiti. L'inerenza viene "recuperata" ex lege, sebbene il bene venga utilizzato esclusivamente dai soci e dai familiari, solamente quando questi ultimi corrispondono un corrispettivo almeno pari al valore normale del diritto di godimento del bene stesso.

Ciò nonostante leggendo le istruzioni fornite con il provvedimento n. 166485 del 16 novembre 2011 sembra estendere la comunicazione anche ai casi in cui la concessione in godimento che già avviene ad un corrispettivo di mercato.

Se questo è vero nè deriverebbe che le auto assegnate in uso promiscuo a dipendenti o amministratori, con il fringe benefit che "ex lege" costituisce il valore normale dovrebbero essere comunicate. Stessa cosa per i beni per cui il socio paga una tariffa di noleggio congrua o, trattando di immobili, un regolare canone di locazione "di mercato". In quest'ultimo caso, poi, per effetto della registrazione del contratto, così come avviene per gli aumenti di capitale, la richiesta del dato duplica informazioni già in possesso dell'Agenzia, in violazione (da ultimo) dell'articolo 7, comma 1, lettera f, del Dl n. 70/2011.

SANZIONE IN CASO DI OMESSA COMUNICAZIONE

Per l'omissione della comunicazione, ovvero per la trasmissione della stessa con dati incompleti o non veritieri, è dovuta, in solido, una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della differenza di cui al comma 36-quinquiesdecies. Qualora, nell'ipotesi di cui al precedente periodo, i contribuenti si siano conformati alle disposizioni di cui ai commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, è dovuta, in solido, la sanzione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471” (Art. 2 co. 36-sexiesdecies. Del Dl 138/201).

I commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies rispettivamente prevedono:

-           “I costi relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile” (36-quaterdecies).

-           “La differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera h-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, introdotta dal comma 36-terdecies del presente articolo” (36-quinquiesdecies)

Ne deriva che la norma preve del'applicazione della sanzione

-           del 30%, in caso di omessa o irregolare comunicazione dei dati, sull'importo che costituisce reddito diverso per il socio o per il familiare

-           da 258 a 2.065 euro se i componenti negativi relativi ai beni non inerenti non sono stati dedotti e se il socio ha dichiarato un reddito diverso pari al valore normale del diritto di godimento

-           nessuna sanzione in tutti gli altri casi.

In quest’ultima ipotesi dovrebbero rientrare l’omessa comunicazione dei conferimenti e dei finanziamenti. Conseguentemente, in caso di omissione dei dati, non si applica alcuna sanzione, come peraltro afferma la circolare 27/2012 dell'istituto di ricerca dei commercialisti.

Ma lo stesso principio vale anche per le autovetture deducibili parzialmente (articolo 164 del Tuir), per le quali non trova applicazione la previsione sull'indeducibilità totale e per le quali, soprattutto, in caso di utilizzo da parte dei soci e dei familiari, non si genera alcun reddito diverso per gli stessi, come pure in caso in cui la concessione dei beni già avviene ad un corrispettivo di mercato senza applicazione del disposto normativo in oggetto.

GLI EFFETTI DEL DISPOSTO NORMATIVO

Come si ha già avuto modo di dire, i commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies dell’art. 2 del Dl 138/2011 espressamente prevedono che:

-           “I costi relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile” (36-quaterdecies).

-           “La differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera h-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, introdotta dal comma 36-terdecies del presente articolo” (36-quinquiesdecies).

Sul punto l’Agenzia delle entrate a Telefisco 2012 ha avuto modo di dire che per “valore di mercato” del diritto di godimento deve intendersi il valore normale determinato ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 del TUIR, corrispondente al “ (…) prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. ”

In pratica per i beni concessi in godimento ai soci o ai famigliari dell’imprenditore, è disposto che:

- costituisce “reddito diverso” in capo al socio/familiare utilizzatore ex art. 67, comma 1, nuova lett. h-ter), TUIR “la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa …”;

- se il corrispettivo annuo è inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, i costi relativi a detti beni sono in ogni caso indeducibili dal reddito d’impresa.

La norma va al di là del ripristino della corretta tassazione che ne sarebbe derivata in caso di una corretta allocazione giuridica dei beni (in caso ai soci invece che della società). Se lo scopo fosse stato questo, sarebbe infatti stato sufficiente prevedere (cosa che peraltro non occorreva stando il principio generale dell’inerenza ex art. 109, co. 5 del Tuir) l’indeducibilità del costo in capo alla società con l’aggiunta, eventualmente, della tassazione conseguente alla presunzione di distribuzione di dividendi (qualora l’acquisito del bene di “comodo” non fosse stato finanziato con mezzi dello stesso socio fatti confluire sottoforma di finanziamenti o conferimenti). La norma, quindi, va al di là identificando verrebbe da dire, ex lege, una forma di doppia imposizione economica mediante la tassazione dello reddito in capo a soggetti diversi; ciò è tanto più evidente se si considera il caso di società fiscalmente trasparenti, dove in capo allo stesso soggetto si viene a concentrare la tassazione conseguente all’utilizzo che quella dell’indeducibilità.

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