REDDITOMETRO: LA DIFESA
ARTICOLO - Pubblicato il: 16 gennaio 2013 - Da: G. Manzana E. Iori
Dato il contenuto della norma (art. 38 del Dpr 600/1973) e del Decreto del 24 dicembre 2012 la difesa del contribuente passerà i seguenti elementi:
1. Corretta determinazione del reddito presunto
2. Legittimità dell’accertamento: sussistenza delle condizioni
3. Giustificazione del finanziamento della spesa oggetto di determinazione presuntiva del reddito
1. Corretta determinazione del reddito presunto
1.1 Corretto inquadramento di cluster.
Occorre verificare che la posizione del contribuente sia quella realmente monitorata dallo strumento di accertamento indicando elementi che evidenziano una collocazione del soggetto in un campione di riferimento diverso (ad esempio appartenenza a un cluster diverso da quello monitorato per il fatto che la sua composizione familiare è differente)
1.2 Corretto determinazione della spesa sostenuta.
Occorre verificare l’ammontare delle spese sostenute con quello attribuito dall’ufficio.
A tal fine va considerato che il Decreto del 24 dicembre 2012 prevede che il reddito complessivo del contribuente verrà presuntivamente determinato sommando
– alle spese "vive" conosciute dall'Agenzia (che sarebbe il presupposto dell'accertamento sintetico cosiddetto "puro"),
– le spese figurative (in base a quelle Istat o agli studi socio economici),
– gli incrementi patrimoniali e la quota di risparmi individuata dall'amministrazione.
Relativamente alle spese, va considerato che
– l'Agenzia considera sia quelle che risultano comprese nella tabella A allegata al Decreto del 24 dicembre 2012 (56 voci di spesa) che quelle non incluse nella tabella. Queste ultime verranno valorizzate in base a quanto effettivamente speso dal contribuente. In pratica, se è stato speso 100, si presume che il reddito sia pari a 100. Tali valori potranno trovare applicazione se l'Agenzia ha elementi quantitativi che il contribuente sostiene quel tipo di spese.
– le spese consideratate nella tabella A vengono valorizzate in tre modi diversi:
- 30 voci di spesa (su 56) in base a quanto effettivamente speso dal contribuente attingendo dai dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria (in pratica la modalità che si appena detto sopra per le spese “fuori tabella”). Tali valori trovano applicazione se l'Agenzia ha elementi quantitativi che il contribuente sostiene quel tipo di spese.
- 26 voci di spesa (su 56) in base al valore più alto tra quello figurativo, dato dalla spesa media Istat o da studi socio economici (solo per aeromobili, imbarcazioni e cavalli), e la spesa effettivamente sostenuta dal contribuente conosciuta dall'Agenzia (art. 1 co. 5 del Decreto del 24 dicembre 2012). Tali spese trovano applicazione se sostenute dal contribuente (il decreto espressamente dice “in presenza di spese indicate nella tabella A, si considera l’ammontare più elevato ….”). La loro valorizzazione avviene, se non altro, per il valore Istat.
- 2 voci di spesa (su 56) in base al valore figurativo. Si tratta del fitto figurativo, quando il contribuente abita in una casa che non è di sua proprietà (o altro diritto reale) né risulta in locazione né data in uso gratuito da familiari, e dei "pasti e consumazioni fuori casa" (in questo caso si applica il valore della spesa media Istat). Tali valori figurativi trovano applicazione se l'Agenzia ha elementi (in questo caso non necessariamente quantitativi) che il contribuente sostiene quel tipo di spese.
Dal punto di vista pratico questo significa che
1) per le spese effettivamente sostenute: il contribuente dovrà dimostrare di non averle sostenute o che la spesa è di importo differente;
2) per spese determinate in modo forfettario: a) l’onere della prova incombe sull’amministrazione fiananziaria b) la produzione, da parte del contribuente, di documentazione giustificativa (scontrini, ricevute, eccetera), comprovante che l'importo di spesa effettivamente sostenuto è inferiore a quella del valore presunto Istat pone il problema della validità della prova: l'Agenzia potrebbe, infatti, sempre dire che non sono stati prodotti tutti i documenti giustificativi. La documentazione giustificativa quindi, assume rilievo per il singolo bene o servizio per le quali o vi è un collegamento diretto, per spese non ripetitive (quali elettrodomestici o arredi) per le quali è logico ritenere la completezza della documentazione a supporto, ovvero qualora sia oggettivamente provabile la completezza della documentazione (ad esempio utenze per servizi). Per altre spese (tipo abbigliamento, alimentari, prodotti per la casa ecc.) risulta quindi inutile la conservazione di scontrini e ricevute.
Relativamente agli investimenti il Decreto del 24 dicembre 2012 (Tabella A) prevede che vadano considerati a riduzione degli investimenti. Nello specifico viene detto che l’incremento patrimoniale assume rilevanza per l’“ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno l’ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei quatto anni precedenti all’acquisto dei beni, risultanti da dati disponibili o presenti nell’Anagrafe dei rapporti”.
2. Legittimità dell’accertamento: sussistenza delle condizioni
2.1 Entità del reddito dichiarato da contrapporre a quello determinato con il redditometro
Secondo l’Agenzia delle entrate la Circ. 49/E del 2009, per reddito dichiarato si considera il reddito al lordo delle imposte. In ogni caso occorre considerare il reddito reale finanziario disponibile.
Telefisco 2012
I 1) NUOVO ACCERTAMENTO “SINTETICO “PURO” – ARTICOLO 38, COMMA 4, DEL DPR 600/1973 Conferma l’Agenzia che se l’unica fonte reddituale di un soggetto è data dal reddito d’impresa - il quale reddito tiene conto di tutta una serie di variazioni in aumento e in diminuzione, nonché viene determinato per competenza - si debba adeguare tale reddito, nel corso del contraddittorio, alla reale capacità di spesa del soggetto (come nel caso di molti altri redditi “figurativi”)? Inoltre, ritiene l’Agenzia che tale “adeguamento” dovrà essere fatto anche nell’eventuale atto di accertamento successivo, nell’ipotesi in cui non si giunga a un accordo nel corso del contraddittorio?
Si conferma il riferimento al reddito reale finanziario disponibile che in molti casi può divergere dal reddito dichiarato ai fini fiscali (es. rateizzazione di una plusvalenza ai soli fini fiscali). Relativamente alla seconda parte della domanda l’Ufficio effettuerà le opportune valutazioni caso per caso sulla base delle fattispecie concrete esaminate.
2.2 Scostamento del 20% tra reddito dichiarato e complessivo
Il reddito complessivo netto determinabile in via sintetica deve discostarsi da quello dichiarato per almeno un quinto. Nello specifico la norma prevede che “la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato”.
La norma dispone che dal reddito complessivo determinato sinteticamente (compreso quello da redditometro) risultano deducibili gli oneri di cui all’art. 10, del Tuir e che competono, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste per legge.
Telefisco 2011
I8) Quesito Lo scostamento di un quinto (in precedenza, un quarto) tra il reddito accertabile e quello dichiarato si calcola sul reddito determinabile sinteticamente, come affermò in passato il Secit, nella relazione del 31 ottobre 1993?
Risposta La disposizione normativa chiarisce espressamente, al comma VI del novellato art. 38 del DPR 600/73, che la determinazione sintetica del reddito è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto il reddito dichiarato.
Telefisco 2012
I 3) NUOVO ARTICOLO 38, COMMA 6, DEL DPR 600/1973
Si ponga, ad esempio, che il maggiore reddito accertabile per effetto dell’accertamento sintetico risulti pari a 100 mila euro; il contribuente ha dichiarato un reddito complessivo pari a 82 mila euro. L’accertamento sintetico è effettuabile? In altri termini, l’”un quinto” si calcola su 100 mila o su 82 mila euro?
La disposizione normativa prevede che la determinazione sintetica del reddito è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto il reddito dichiarato. Detta previsione non si discosta, per la determinazione della detta eccedenza, dalla precedente formulazione. Pertanto, in continuità con il regime precedente, si ritiene che la norma vada interpretata considerando la percentuale riferita al reddito dichiarato. Con riguardo all’esempio oggetto del quesito, il calcolo dell’eccedenza (un quinto) si baserà sul reddito dichiarato pari a 82 mila euro e, pertanto, l’accertamento pari a 100 mila euro sarà effettuabile. Occorre, comunque, specificare che l’Agenzia effettuerà analisi del rischio dirette a selezionare le posizioni dei contribuenti che presentano incongruenze significative tra le spese sostenute per consumi e investimenti ed il reddito dichiarato.
2.3 Rispetto procedura: questionario e invito
Il nuovo redditometro prevede che “L’Ufficio che procede alla determinazione sintetica dal reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
Vengono quindi previsti due momenti (obbligatori):
1) il primo al fine di permettere al contribuente di fornire dati e notizie
2) un secondo, il contraddittorio dell'accertamento con adesione.
Nel precedente redditometro, il contraddittorio non era previsto per legge con la conseguenza che le circostanze di fatto in base ai quali il reddito veniva rideterminato non devono essere preventivamente contestate al contribuente; ciò anche se, è bene evidenziare, la circolare n. 49 del 2007 comunque invita gli uffici ad utilizzare il contraddittorio preventivo e, a partire dall’introduzione (o, meglio, dalla esplicita formalizzazione, con la Legge 212/2000 sullo Statuto dei diritti del contribuente) del principio di «collaborazione» fra Amministrazione finanziaria e contribuente (art. 10, L. 212/2000), il «contraddittorio preventivo» dovrebbe essere la «regola» nel procedimento di accertamento dei tributi, così come si può (indirettamente) evincere da taluni recenti pronunciamenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cfr. Cass., Sentenza 18 dicembre 2009, n. 26635, in cui – a proposito di applicazione di parametri e studi di settore – la Corte pare voler rinvenire nel «sistema» un principio generale di attivazione del «contraddittorio preventivo»). Se tutto questo, in prima battuta, è visto come garanzia per il contribuente, potrebbe tradursi in collaborazione forzosa; infatti, non va dimenticato come già alla prima chiamata il contribuente dovrà fornire all’Ufficio tutti i dati e le notizie che ritiene utili per la sua difesa pena, oltre alla sanzione di natura economica, la sterilizzazione degli elementi richiesti e non addotti (ai sensi del co. 7 dell’art. 32 del Dpr 600/1973). A ciò va poi aggiunto che il diritto del contribuente di volersi difendere davanti al giudice tributario (e non anche prima in sede amministrativa) potrebbe cosargli caro considerato che quest’ultimo potrebbe valutare non positivamente la sua mancata cooperazione, sulla falsariga del solco giurisprudenziale tracciato dalle sezioni unite della Cassazione in materia di contraddittorio preventivo da studi di settore (Cfr. Sent. Sez. Unite 26.635 del 2009) .
E’ anche vero però che le informazioni date dal contribuente durante il primo incontro, oltre a consentire alle Entrate di proseguire più agevolmente l'istruttoria, nel caso in cui l'Agenzia intendesse comunque procedere alla notifica dell'avviso perché non ha ritenuto valide le deduzioni del contribuente, si obbliga l'ufficio a una motivazione "rinforzata" dell'atto. Ossia l'Agenzia dovrà spiegare perchè sono state disattese le argomentazioni difensive del contribuente, pena la nullità dell'atto stesso per difetto di motivazione (peraltro anche in caso di utilizzo delle c.d. “clausole di stile” (Cfr. Cass., 7 ottobre 1987, n. 7495 sia la Corte costituzionale ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009).
Quindi, quando l’Ufficio ritiene di avviare un accertamento da redditometro nei confronti di un contribuente deve prima invitarlo a fornire ulteriori dati e notizie e poi, se decide di continuare l’azione, invitarlo a un contraddittorio. Se omette uno dei due momenti il successivo atto di accertamento è nullo.
3. Giustificazione del finanziamento della spesa oggetto di determinazione presuntiva del reddito
Il nuovo redditometro, al pari di quello vecchio prevede che la dimostrazione che il maggior reddito determinato sinteticamente nella sostanza non è stato prodotto potrà essere data provando che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni la norma stabiliva la possibilità del contribuente « di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione».
Ora, la norma prevede che il contribuente ha la facoltà di portare “la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile”.
Eventualmente ciò che cambia è la portata dei disinvestimenti. Per questi il Decreto del 24 dicembre 2012 (Tabella A) prevede che vadano considerati a riduzione degli investimenti. Nello specifico viene detto che l’incremento patrimoniale assume rilevanza per l’“ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno l’ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei quatto anni precedenti all’acquisto dei beni, risultanti da dati disponibili o presenti nell’Anagrafe dei rapporti”.
Quindi, la giustificazione del minor reddito dichiarato rispetto a quello presunto potrà essere data dimostrando l’esistenza di
– redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta,
– redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (quali ad esempio borse di studio, pensioni di guerra, interessi su conti conrrenti bancari, vincite, dividendi e altre forme di redditi di capitali, redditi tassati forfettariamente ecc.)
La giustificazione relativa alla prima voce (vale a dire ai redditi diversi da quelli del periodo d’imposta) potrebbe derivare dall’utilizzo dei risparmi. Si noti però che la presunzione sulla quale si basa il "sintetico" non si propone di individuare il modo in cui è stata effettuata la spesa, ma un reddito non dichiarato che ha permesso la spesa. Ai fini della prova si tratta allora di capire se la semplice minore disponibilità di un conto corrente possa giustificare la spesa effettuata. Occorre infatti ricordare che il principio del sintetico è che la spesa è stata "finanziata" dal reddito, con il contribuente che viene chiamato a dare dimostrazione che il reddito dichiarato negli anni, oppure altri accadimenti, come la donazione o la vendita di beni patrimoniali oppure smobilizzi finanziari, hanno consentito la spesa. Non si tratta di individuare, quindi, "come" la spesa è stata effettuata, ma quale è stato "a monte" il presupposto o l'accadimento che l'hanno consentita. La disponibilità sui conti correnti può rappresentare, al limite, la conseguenza di questi presupposti o accadimenti. Per cui non pare che la semplice dimostrazione della diminuzione delle proprie disponibilità liquide possa rappresentare un elemento di difesa valido.
Nel caso di utilizzo del risparmio per far fronte alle spese sostenute nell'anno, è necessario conservare gli estratti conto dei vari anni interessati, per far verificare, che i saldi disponibili sono diminuiti proprio perché si è attinto dal conto per far fronte alle spese.
La norma non si cura di richiamare forme di giustificazione differenti rispetto al reddito in quanto presuppone che la spesa presa a base dell’accertamento costituisca una spesa indicatore di reddito. Conseguentemente la presunzione sulla quale si basa il "sintetico" non si propone di individuare il modo in cui è stata effettuata la spesa, ma un reddito non dichiarato che ha permesso la spesa.
Ne consegue quindi che ancor prima di porsi il problema di giustificare lo scostamento tra reddito dichiarato rispetto a quello presunto si deve valutare l’esistenza, tra quelle considerate al fine della determinazione del reddito presunto, di voci di spesa che non sono indicatori di reddito in quanto finanziate mediante elementi non reddituali. In altre parole occorre valutare se tra le spese che l’amministrazione prende a base della determinazione del reddito presunto non ne siano state ricomprese alcune che non sono indicatore di reddito.
In tale ottica che :
1) i disinvestimenti patrimoniali vanno a sterilizzare gli investimenti (nello specifico il Decreto del 24 dicembre 2012 - Tabella A l’incremento patrimoniale assume rilevanza per l’“ammontare degli investimenti effettuati nell’anno, meno l’ammontare dei disinvestimenti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei quatto anni precedenti all’acquisto dei beni, risultanti da dati disponibili o presenti nell’Anagrafe dei rapporti”).
2) Possono essere considerate giustificazioni quali (C.M. 9 agosto 2007, n. 49/E):
- l’utilizzo di finanziamenti (quali il mutuo o il leasing, ma in tal caso si hanno conseguenze negative in termini di redditi gestionali, in quanto giocoforza il pagamento delle rate di mutuo o di leasing denota una maggiore capacità reddituale sul piano gestionale),
- l’utilizzo di somme di denaro derivanti da eredità, donazioni, vincite, ecc., l’utilizzo di effettivi redditi conseguiti a fronte di importi fiscali convenzionali (ad esempio, i redditi agrari),
- l’utilizzo di somme riscosse, fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale.
Per provare il pagamento fatto da terzi, ad esempio il genitore che contribuisce al pagamento del mutuo del figlio, il pagamento delle bollette, della vacanza o di altro è quindi fondamentale lasciare traccia documentale e conservare la relativa documentazione da cui risulta che c'è stata un'erogazione da parte di un soggetto differente dal contribuente accertato. In questo contesto sarà opportuno quindi conservare copia di bonifici o assegni.
L’elenco fornito dalla circolare va considerato esclusivamente esemplificativo e non certo esaustivo: spazio, dunque, a tutte le possibili argomentazioni che, a vario titolo e «carte alla mano» dimostrano che voci di spesa considerate non sono indicatori di reddito.
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