VERIFICA FISCALE: PERMANENZA DEI VERIFICATORI PRESSO LA SEDE DEL CONTRIBUENTE
ARTICOLO - Pubblicato il: 19 giugno 2011 - Da: G. Manzana E. Iori
Il comma 5 dell’art. 12, l. 212/2000 regola in merito alla durata delle verifiche. Prevede che, al fine di ridurre al minimo il disagio che l’azione ispettiva può recare all’esercizio dell’attività verificata, i verificatori hanno, quale termine perentorio di permanenza presso il contribuente, trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine, individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.
L'art. 7, comma 2, lett. c), del D.L. n. 70/2011 integra tale disposizione prevedendo che "Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l'eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell'arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente".
Art. 12 Legge 212/2000 - Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali
(…)
5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l'eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell'arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente. (…)
Tale disposizione - immediatamente applicabile - introduce una differenziazione nei limiti della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, in quanto:
1. per le imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi la permanenza non può superare i 15 giorni, nell’arco temporale di non più di un trimestre, eventualmente prorogabili in caso di particolare complessità dell'indagine per ulteriori 15, sempre in un trimestre; in proposito, si ricorda che, ai sensi dell'art. 18 del Dpr n. 600/1973 (come da ultimo modificato dall'art. 7, comma 2, lett. m), del Dl n. 70/2011) il regime contabile delle imprese minori - cosiddetto "regime semplificato" - si applica, salva la facoltà concessa al contribuente di optare per la tenuta della "contabilità ordinaria", alle imprese che, nell'anno precedente a quello in corso e relativamente a tutte le attività esercitate, abbiano conseguito ricavi non superiori a 400.000 euro, se esercenti attività di prestazione di servizi, ovvero 700.000 euro, se esercenti altre attività;
2. per le altre categorie di contribuenti, diverse da quelle appena sopra elencate, restano fermi i più ampi termini di 30 giorni, prorogabili per ulteriori 30,previsti dal citato art. 12, comma 5, della Legge n. 212/2000.
I diritti del contribuente durante la verifica
FUORI SEDE
Di norma la verifica va effettuata presso la sede del contribuente. Tuttavia questi ha la facoltà di richiedere che l'esame dei documenti amministrativi avvenga nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che dà l'assistenza.
IN SEDE
Accesso, ispezione e controllo devono avvenire nei locali destinati all'esercizio dell'attività se vi sono esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. La verifica infatti può essere svolta attraverso la richiesta dei documenti da controllare.
Su un piano generale – e quindi non a valere unicamente per le imprese in semplificate e i professionisti – la modifica apportata dal Dl 70/2011 chiarisce che ai fini del calcolo del periodo di permanenza presso la sede del contribuente, previsto dall'art. 12, comma 5, della Legge n. 212/2000, occorre fare riferimento alle giornate di effettiva presenza presso la sede del contribuente. Viene di fatto eseguita un'interpretazione autentica della norma in senso assolutamente favorevole all'Amministrazione, vanificando così le letture giurisprudenziali (e le attese dei contribuenti) che, al contrario, ritenevano che il periodo temporale dovesse intendersi quale durata della verifica, e non della permanenza fisica dei verificatori.
C’è chi ritiene che tale interpretazione sia sbagliata in quando
- il dato letterale farebbe intendere che la modifica fa riferimento unicamente a professionisti e soggetti in semplificata, e
- stando lo statuto del contribuente, una norma di interpretazione autentica deve essere qualificata come tale (e non è il caso della modifica apportata con il Dl 70/2011)
In passato, infatti, in manza di una specifica previsione normativa, era sorto il dubbio se la previsione del limite temporale in argomento fosse riferita alla permanenza dei verificatori presso la sede aziendale, oppure al periodo massimo di durata della verifica fiscale.
Sul punto, la prima tesi, sostenuta sia dal Comando generale della guardia di finanza che dall’agenzia delle Entrate, (sul punto, si vedano la circolare GDF 17 agosto 2000, n. 250400, 1/2008 e la C.M. 64/E/2001) ritiene che, sulla base di un’interpretazione letterale della norma, il termine in commento dovesse riferirsi alla permanenza massima presso la sede del verificato e non alla durata della verifica (intesa come esecuzione del controllo). In altre parole, stando al dettato normativo, l’Agenzia delle entrate come pure la Guardia di finanzia riteneva ammissibile che i trenta giorni fosse un limite cumulativo, nel senso che i verificatori non potessero restare in azienda per un periodo, complessivamente, superiore a quella somma di giorni, ancorché consumati «a rate». In senso contrario, c’era chi sosteneva che il termine perentorio di cui al comma 5 dell’art. 12, l. 212/2000 fosse relativo alla durata della verifica e non alla permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente (in merito, si veda Criscione, «Il tempo massimo è incerto», ne Il Sole 24 Ore del 18 marzo 2002). Tale approccio si basa sulla regola generale secondo la quale, allorquando il legislatore stabilisce un termine, ne presuppone in ogni caso la continuità, giacché procede sempre alla dettagliata disciplina dei casi di interruzione e di ripresa della relativa decorrenza. Ciò sembrerebbe ancora più lampante, analizzando la norma nella parte in cui prevede la possibilità di ritorno dei verificatori in azienda, presupponendo un concetto di continuità della loro precedente presenza.
Commissione tributaria della Lombardia – sent. 8 luglio 2011
La commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza dell'8 luglio 2011, interviene in senso "garantista" mettendo nero su bianco che quel periodo di 30 giorni (prorogabili di altri 30) per la permanenza degli operatori del Fisco nella sede del contribuente va inteso in senso continuativo e non invece frazionato come aveva, ancora una volta, provato a sostenere l'amministrazione. Accolta così su questo punto la tesi difensiva con la quale si sottolineava la natura perentoria del termine di 30 giorni previsti dalla legge 212 del 2000.
Non solo. Più rilevante ancora è la modalità del conteggio dei giorni per il raggiungimento della scadenza. L'ufficio tributario, nell'ambito di un accertamento che coinvolgeva una società relativo a rettifica Irpeg, Irap e Iva, aveva infatti precisato che non esisteva alcuna prova del fatto che la Guardia di Finanza avesse violato il termine di 30 giorni perché lo statuto parla di «giorni lavorativi» e, durante il periodo della verifica, erano state disposte varie giornate di sospensione dell'attività, erano stati compresi weekend non lavorativi e le festività di Pasqua. Quindi la durata doveva essere intesa in maniera frazionata e comprendere solo i giorni di effettivo svolgimento dell'intervento.
Ma è proprio questo modo di interpretare la normativa che non va bene, spiegano i giudici della commissione di Milano. Non può essere approvata una maniera di conteggiare i 30 giorni che si riferisce alla somma dei singoli giorni di effettiva presenza dei verificatori nel domicilio del contribuente.
Si tratta, sottolinea con qualche durezza la commissione, di una lettura che «lascerebbe arbitri gli stessi verificatori di decidere la durata effettiva della verifica, potendo limitare a qualche giorno alla settimana o addirittura al mese l'accesso effettivo presso il contribuente». Con un effetto immediato di svuotamento di una norma che ha invece come obiettivo quello di limitare i danni per l'attività commerciale o professionale del contribuente.
Il periodo va pertanto calcolato «come periodo continuativo di 30 giorni lavorativi che, iniziando da data certa abbia un termine obiettivamente preventivabile altrettanto certo, salvo ulteriore periodo di 30 giorni, unito al precedente senza soluzione di continuità e tempestivamente autorizzato in modo che non vi sia alcun tempo di permanenza presso il domicilio del verificato privo di autorizzazione».
Una diversa lettura, ricordano i giudici, lascerebbe nei fatti il contribuente alla mercè dei verificatori «in una situazione di stallo professionale e commerciale» anche per il fatto di non potere disporre della documentazione contabile perché sigillata e messa a disposizione degli operatori fiscali.
Secondo la Gdf (Cir. n. 156680 del 26 maggio 2011) la disposizione vale solo per il futuro e non anche per i controlli in corso, vale a dire alle verifiche ed ai controlli avviati con accesso dal 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 70/2011. La tesi viene motivata con l'articolo 11 delle preleggi secondo cui la legge non può che disporre per il futuro. Il documento sembra dimenticare che in tutti i provvedimenti normativi in tema di controlli e accertamenti varati negli ultimi anni e in genere sfavorevoli al contribuente sono stati sempre applicati retroattivamente sia dalla Gdf sia dalle Entrate trattandosi di norme procedurali, nonostante l'articolo 11 delle preleggi (secondo cui la legge non dispone che per il futuro) invocato ora dalla circolare.
Conseguentemente, precisa la Cir. n. 156680 del 26 maggio 2011, gli interventi che alla predetta data risultano in corso di esecuzione saranno completati rispettando la tempistica riguardante la permanenza presso la sede del contribuente prevista dalla previgente formulazione del citato art. 12, comma 5, della Legge n. 212/2000, tenuto anche conto che i piani di verifica possono essere stati impostati sulla base dei più ampi termini in precedenza stabiliti.
Argomentando in altro modo, va detto che la modifica intervenuta con il Dl 70/2011 vorrebbe probabilmente avere una connotazione di norma d’interpretazione autentica e quindi risulterebbe valida anche per il passato. Occorre però ricordare alcuni fondamentali principi, che, per una applicazione retroattiva risulterebbero non rispettati dalla nuova norma considerato che le norme interpretative in base alla disposizioni dello Statuto (articolo 1, comma 2) possono essere disposte «soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica». Si tratterebbe della violazione di questi tre disposizioni: 1) non si rinviene alcuna eccezionalità, che giustifica un simile intervento normativo; 2) la modifica è intervenuta con decreto legge (poi modificato in sede di conversione), e non con legge ordinaria; 3) la norma non è stata qualificata come interpretativa.
Le disposizioni dello Statuto, poi, possono essere modificate o derogate solo espressamente (articolo 1, comma 1, dello stesso Statuto). Nel decreto sviluppo, invece, nessuna norma menziona la modifica dello Statuto.
Sull’argomento, un ulteriore problematica interpretativa riguardi l’obbligo o meno di computare nel periodo di permanenza dei trenta giorni (ovvero quindici), le sole giornate lavorative effettivamente trascorse presso il contribuente, ovvero anche i singoli interventi presso lo stesso per effettuare, ad esempio la notifica di atti, il prelievo di documenti, ecc.
La questione, pur essendo ancora dibattuta, è stata affrontata dal Gdf nella Cir. 1/2008 che ha fornito, sull’argomento, delle specifiche direttive orientate a considerare nel computo dei giorni di permanenza i soli giorni lavorativi trascorsi presso la sede del contribuente e non anche i singoli contatti.
Altro discorso riguarda la proroga di un ulteriore periodo (trenta o quindici giorni) prevista nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati.
Secondo la circolare n. 1/2008, in via generale e fatte salve le singole circostanze del caso concreto, le «ragioni di particolare complessità» ricorrono ogni qualvolta, anche in via alternativa:
- l’ispezione è eseguita nei confronti di soggetti di medio-grandi dimensioni;
- l’ impianto contabile risulti particolarmente complesso, articolato e/o frammentato, anche a causa dell’organizzazione economico-aziendale del contribuente;
- occorre procedere a ricostruzioni complesse della base imponibile, sulla base di una enorme mole di dati e documenti da elaborare;
- l’ispezione riguarda operazioni di rilevanza internazionale o di potenziale rilievo elusivo.
Sotto il profilo formale, la proroga deve essere disposta con apposita comunicazione motivata rivolta al contribuente e allegata al foglio di servizio redatto per il trentunesimo giorno e, inoltre, copia di tale comunicazione deve essere consegnata, per notifica, al contribuente e, dell’avvenuta notifica, deve essere dato atto nel verbale di verifica.
In ultimo, è consentita la possibilità di ritornare nella sede del contribuente, decorso il termine massimo di permanenza, per esaminare le osservazioni e le richieste, eventualmente presentate, dopo la conclusione delle operazioni di verifica e per «specifiche ragioni». A tal proposito, si ritiene che tali ragioni devono ritenersi sussistenti nei casi in cui:
- a conclusione dell’ispezione svolta presso gli uffici, sia necessario procedere a specifici riscontri documentali che comprovano le risultanze della precedente attività;
- ad intervento già concluso, sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi che legittimino la redazione di processi verbali di constatazione finalizzati a consentire l’emanazione di accertamenti modificativi o integrativi ex art. 43, D.P.R. 600/1973 [CFF 6343];
- ultimata un’ispezione di carattere generale, sia necessario procedere ad un successivo intervento parziale per contestare, ad esempio, gli esiti degli accertamenti bancari.
Sempre su un piano generale – e quindi non a valere unicamente per le imprese in semplificate e i professionisti – il Dl 70/2011 chiarisce che gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati in violazione delle disposizioni dei termini di verifica costituiscono, per i dipendenti pubblici che li hanno adottati, illecito disciplinare. Con tale precisazione, si finisce per vanificare le conseguenze di eventuali inosservanze a queste regole. È evidente che il contribuente non è interessato alla eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari al verificatore, ma alla nullità degli atti.