LE IMPRESE SI SALVANO CON GLI INVESTIMENTI

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ARTICOLO - l'Adige il 19 novembre 2020 - Da: G. Manzana E. Iori

 

Il periodo di sospensione prima, il rallentamento poi, e la ri-sospensione “controllata” adesso ha comportato e sta comportando alle imprese due effetti, entrambi negativi.

Il primo reddituale: non lavorando non si produce e quindi il guadagno di periodo è perso irrimediabilmente (e, peggio ancora, si producono perdite a fronte di costi fissi che non si riesce a eliminare);

Il secondo finanziario: si congela l’attivo commerciale netto e non si produce liquidità.

Gli interventi attuati dal Governo con la cassa integrazione dei dipendenti, la moratoria dei mutui, i contributi a fondo perduto e il credito d’imposta sugli affitti, hanno fatto fronte questi effetti riducendone la portata.

E quindi al ritorno della normalità tutto si risistemerà?

Purtroppo no. Il problema è molto più complesso e soprattutto ha origini più lontane del Covid.

E’ dovuto al problema non risolto di sottocapitalizzazione e limitata redditività di parte di imprese che, in questi ultimi anni di stagnazione economica si sono accentuati.

L’impresa sottocapitalizzata vende la pelle dell’orso prima di averlo preso e con questa paga i costi che ha avuto non per l’orso che sta cacciando ma per quello che ha cacciato la settimana prima e che ha già venduto. Bloccandosi la correntezza il sistema è andato in tilt.

La Safety car introdotta nel mercato mediante gli strumenti adottati funzionali a congelare la situazione in attesa di una ripresa delle attività è efficace in un sistema in produttivo in equilibrio economico finanziario ma non in un sistema con problemi pregressi.

L’emergenza sanitaria non ha creato il problema; l’ha solo messo in evidenza e, adesso non può che esplodere in tutta la sua dimensione: la liquidità data nel breve non potrà essere replicata e la moratoria informale su chi non paga, non durerà a lungo.

Farà il resto le perdite di periodo - che non saranno più solo perdite di guadagno - e un mercato che a causa della paura e delle restrizioni non ripartirà con fatturati di breack even e dove le nuove abitudini e i nuovi comportamenti sperimentati durante il lockdown potrebbero cambiare le abitudini di acquisto. Questa semmai sarà il problema generato dall’emergenza sanitaria: sono i clienti che hanno sperimentato nuovi fornitori (magari esteri) e che si sono trovati bene (o meglio) e che adesso non ritorneranno e le nuove abitudini che in questo tutto sommato breve ma per i processi e le abitudini economiche, lungo periodo si sono create.

Il banco di prova sarà tra un anno e mezzo quando occorrerà restituire la nuova finanza presta “a manica larga” dalla banche garantite dallo Stato con i flussi derivanti dall’attività corrente che non ci saranno.

Se è vero che la soluzione dei problemi sta nel risolvere il problema allora contrarre debiti a medio termine per pagare i debiti a breve sposta il problema ma non lo risolve; va bene solo se è funzionale ad aver più tempo.

Allora la soluzione del problema sta nella capitalizzazione e negli investimenti per lo sviluppo al fine di recuperare redditività.

Occorre che la nuova finanza venga apportata dai soci i quali dovranno attingere alle risorse personali. Equity non leva. Recuperi di liquidità mediante capitali di rischio, che verranno remunerati (e restituiti) se e quanto l’azienda sarà capace di produrre reddittività. Strumenti per i quali è prevedibile che saranno introdotti degli incentivi fiscali. E se questa finanza non c’è, perché i soci non ce l’hanno, allora occorre che provvedano a dismettere il proprio patrimonio personale e che le società (s)vendano gli asset accessori o non strategici per produrre liquidità da concentrare nel proprio core buisinness. E se questi patrimoni non ci sono occorre che si apra a nuovi investitori con capitali e che si ragioni sulla possibilità di effettuare aggregazioni, magari di filiera per rafforzare la forza strategia e per evitare di diventare preda di competitori più forti che potrebbero trovare interessanti occasioni in aziende in difficoltà.

Aggregazioni ragionate capaci di creare valore, perché non basta aggregare; perché, per definizione “do poreti no i fa en sìor”. In tal ambito già da subito si devono considerare i vantaggi fiscali previsti dall’allora decreto crescita (art. 11 co. 1-7 Dl 34/2019) e è prevedibile che verranno introdotti interventi che permettano di amplificarne i benefici ad esempio consentendo una deduzione accelerata di marchi ed avviamenti, riducendo i vincoli e permettendo la trasformazione in credito d’imposta con immediata fruizione dal punto di vista finanziario.

Capitale di rischio per rimettere l’azienda in equilibrio ma anche per finanziare la crescita e lo sviluppo che serve a fare redditività e ad affrontare un mercato futuro più articolato e complesso, in uno scenario, ormai chiaro, dove un virus in Cina fa morti in Italia.

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