INTERESSI PASSIVI PER I SOGGETTI IRPEF

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ARTICOLO - Pubblicato il: 20 aprile 2010 - Da: G. Manzana E. Iori

 

Più precisamente, per quanto riguarda le disposizioni relative ai soggetti passivi Irpef (ovverosia, imprese individuali e società di persone commerciali), il nuovo art. 61 del Tuir (così come novellato dall’art. 1, comma 33, lett. b) della Legge Finanziaria per il 2008) prevede – in luogo del richiamo alla disciplina dettata per i soggetti Ires effettuata dai previgenti articoli 62 e 63 del Tuir, oggi abrogati – che: “Gli interessi passivi inerenti all’esercizio d’impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi [...]”, con ciò riproponendo nella sostanza il meccanismo che governava il c.d. pro-rata “generale” previsto dal “vecchio” art. 96 del Tuir.

Vale quindi quanto fin’ora previsto con riferimento al pro-rata economico di deducibilità.

Si noti come rispetto alla previgente formulazione dell’articolo 96, l’articolo 61 puntualizza il proprio campo di applicazione, confermando che nello stesso rientrano gli interessi passivi “inerenti” l’esercizio d’impresa.

Di conseguenza, in via preliminare, rispetto alla determinazione del pro rata di deducibilità, occorre escludere gli interessi passivi che non afferiscono all’esercizio dell’impresa, in quanto gli stessi non entrano nel citato rapporto e sono del tutto indeducibili.

Il comma 2 del nuovo articolo 61, invece, ripopone in toto la disposizione prima contenuta nel comma 1, e prevede che “La parte di interessi passivi non deducibile ai sensi del comma 1 del presente articolo non dà diritto alla detrazione dall'imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 15”, rispettivamente relative alla detrazione degli interessi pagati in dipendenza di prestiti o mutui agrari ed in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l’acquisto dell’immobile da adibire ad abitazione principale.

Secondo quanto previsto dall’Agenzia delle entrate nella Circ. 19/E del 2009, è da ritenere che l’articolo 61 del Tuir, anche se non espressamente richiamato dall’articolo 66 del Tuir, si applica anche nella determinazione del reddito delle imprese minori disciplinata dal medesimo articolo.

Inoltre, in base al disposto dell’articolo 144, comma 1, del Tuir, le disposizioni di cui all’articolo 61 del Tuir si applicano anche agli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, limitatamente all’attività commerciale svolta. Tali soggetti, infatti, ai sensi dell’articolo 144 del Tuir, per determinare il reddito complessivo sono tenuti ad applicare le disposizioni del titolo I del Tuir, relative ai redditi delle varie categorie.

La deducibilità degli interessi passivi per i soggetti Ires

Per quanto riguarda i soggetti passivi Ires la nuova disciplina risulta interamente contenuta nell’articolo 96 del Tuir.

A differenza della previgente disciplina in ordine alla deducibilità fiscale degli interessi passivi che trovava applicazione, per lo meno con riferimento all’art. 98 del Tuir, solamente nei confronti di un numero esiguo di contribuenti (la sfera di applicazione della c.d. “thin capitalization”, infatti, era notevolmente ridotta dalla disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 98 del Tuir, che – in linea generale – ne prevedeva l’esclusione per i contribuenti con volume d’affari non superiore alle soglie previste per l’applicazione degli studi di settore) la nuova disposizione ha un ambito applicativo di portata praticamente generale: il comma 5 dell’art. 96 del Tuir, infatti, esclude solamente le banche, gli altri soggetti finanziari di cui all’art. 1 del Dlgs 27 gennaio 1992, n.87 (con l’importante eccezione, però, delle holding industriali – che sono quindi soggette alla disciplina dell’art. 96 del Tuir), le imprese di assicurazione, le società capogruppo di gruppi bancari e assicurativi, nonché alcuni altri soggetti operanti nel settore delle opere pubbliche (in merito si veda quanto viene detto dopo).

La disposizione in argomento, in estrema sintesi, prevede che gli interessi passivi e gli oneri a questi assimilati siano fiscalmente deducibili fino a concorrenza di quelli attivi e, per la parte eccedente, nel limite del 30% del Risultato Operativo Lordo (di seguito, per semplicità Rol).

Tale grandezza, come inequivocabilmente disposto dal legislatore, deve essere determinata avendo riguardo ai dati ritraibili dal conto economico del bilancio d’esercizio: “Per risultato operativo lordo”, precisa infatti il comma 2 del “nuovo” art. 96 del Tuir, “si intende la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 del Codice civile, con esclusione delle voci di cui al n. 10, lett. a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio; per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali si assumono le voci di conto economico corrispondenti”.

Tale impostazione parrebbe essere l’ulteriore conferma della volontà del legislatore di attribuire rilevanza fiscale alla rappresentazione contabile degli accadimenti di gestione: al medesimo principio di “derivazione” (già fortemente auspicato dalla c.d. “Commissione Biasco” - Cfr. “Relazione finale” redatta dalla Commissione di studio sulla imposizione fiscale sulle società) risultano infatti ispirate anche altre disposizioni contenute nella Legge Finanziaria per il 2008 – in particolare quelle dettate in ambito Irap (Cfr. art. 1, comma 50 della Legge Finanziaria per il 2008) e in materia di imposizione dei soggetti che adottano i principi contabili internazionali Ias/Ifrs (Cfr. art. 1, comma 58 della Legge Finanziaria per il 2008).

Nella Relazione illustrativa agli emendamenti presentati al Disegno di Legge Finanziaria per il 2008 (Camera dei Deputati – atti parlamentari, n. 3256), inoltre, si afferma che “pur riconoscendo l’immanenza del principio di derivazione, il Dlgs n.38/2005 ha lasciato inalterate, anche per i soggetti Ias, la maggior parte delle norme che disciplinano la “trasformazione” del dato originario (risultato di bilancio) in quello derivato (reddito imponibile), senza adeguarle ai nuovi criteri di redazione dei bilanci. Tale scelta originaria, come opportunamente e attentamente suggerito dalla Commissione Biasco, merita un ripensamento”.

Se, da un lato, tale orientamento pare assolutamente condivisibile per i benefici che dovrebbe produrre in termini di semplificazione, dall’altro non si possono trascurare i rischi che esso potrebbe comportare sul piano dell’ “inquinamento fiscale” del bilancio (fenomeno che il legislatore ha inteso “estirpare” mediante l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2426 del Codice civile – a mente del quale era consentito effettuare “rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie” (il secondo comma dell’art. 2426 del Codice civile è stato abrogato dall’art. 1 del Dlgs 17 gennaio 2003, n. 6, con decorrenza 1° gennaio 2004) – e la contestuale introduzione della possibilità di effettuare deduzioni extracontabili (tale possibilità venne introdotta dall’art. 1 del Dlgs n. 344 del 12 dicembre 2003,).

Un’ulteriore conseguenza (in questo caso, però, assolutamente fisiologica) che l’introduzione della nuova norma di carattere fiscale potrebbe avere in sede di redazione del bilancio (a partire, però, da quello relativo all’esercizio 2008) è la necessità di dover considerare l’esistenza di nuovi fenomeni di fiscalità differita. Nello

specifico, il comma 4 della disposizione in commento prevede che, “Gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati indeducibili in un determinato periodo d’imposta sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d’imposta, se e nei limiti in cui in tali periodi l’importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza eccedenti gli interessi attivi e i proventi assimilati sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza”. Pertanto, nel caso in cui in un determinato periodo d’imposta, a causa dell’applicazione dell’articolo 96 del Tuir, una quota degli interessi passivi di “competenza” risulti indeducibile e, al tempo stesso, sussista la ragionevole certezza che nei periodi futuri vi saranno Rol sufficientemente “capienti” (cioè tali da consentire la deduzione, oltre che degli interessi passivi di “competenza”, anche di quelli “riportabili”), ricorrerebbero le condizioni per iscrivere le imposte differite anticipate correlate all’anzidetta differenza temporanea deducibile. Solamente in questo modo, infatti, è possibile rilevare per competenza – nell’esercizio in cui si sono manifestati gli interessi (temporaneamente) non deducibili – il beneficio economico implicito nel minor carico fiscale di cui si godrà in futuro (e, più precisamente, nel periodo d’imposta in cui sarà possibile dedurre, oltre agli interessi di “competenza”, anche quelli riportabili dal “passato”).

A partire dal 2010, i presupposti per procedere allo stanziamento della fiscalità differita potranno ricorrere anche in una seconda ipotesi. Il comma 1, terzo periodo, dell’articolo 96 del Tuir, infatti, dispone che, “La quota del risultato operativo lordo prodotto a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi e degli oneri finanziari di competenza, può essere portata a incremento del risultato operativo lordo dei successivi periodi d’imposta”. Anche in tale ipotesi, pertanto, potrebbe darsi luogo a un futuro “risparmio” fiscale se la quota del (30% del) Rol non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi dell’esercizio di competenza consentisse la deduzione di maggiori interessi passivi in periodi d’imposta successivi. Qualora tale circostanza fosse ragionevolmente certa, cioè qualora sussista la ragionevole certezza che in futuro vi saranno interessi passivi (al netto di quelli attivi) eccedenti il 30% del Rol dell’esercizio, si renderebbe opportuno valutare l’iscrizione della relativa fiscalità differita attiva.

Da ultimo ci si chiede se si pone un problema di inerenza. Come detto prima, l'agenzia delle Entrate ha affermato che per i soggetti Irpef e per gli enti non commerciali gli interessi passivi sono deducibili soltanto se inerenti, ma non ha chiarito se la stessa regola si applica anche per gli altri soggetti Ires (Cfr. Circ. 19/E del 2009). Nel testo dell'articolo 61 del Tuir in vigore dal 2008 è stata, in effetti, per la prima volta esplicitamente richiesta per i soggetti Irpef la verifica del requisito dell'inerenza degli interessi passivi, mentre un'analoga precisazione non è stata inserita nel successivo articolo 96 per i soggetti Ires.

In passato la Corte di cassazione (Cfr. sentenze 14702del 2001, 2114 del 2005 e 12990 del 2007) aveva affermato che il diritto alla deducibilità degli interessi passivi sarebbe sempre riconosciuto senza alcun giudizio sulla loro inerenza all'attività d'impresa. Ciò in quanto il principio dell'inerenza sarebbe sancito dall'articolo 109, comma 5, del Tuir, nel quale è precisato che tra le spese e gli altri componenti negativi che sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito non vanno compresi gli interessi passivi.

In dottrina è stato, invece, condivisibilmente ritenuto che il principio di inerenza non avrebbe un'espressa disciplina nel Tuir e che la disposizione dell'articolo 109, comma 5, si riferirebbe al solo profilo della coesistenza di proventi imponibili ed esenti. In questo senso si ritiene vada intesa anche l'affermazione, contenuta nella risoluzione 178/E del 2001, secondo la quale gli interessi sono deducibili «indipendentemente dalla valutazione della loro inerenza ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito», in quanto «considerando l'estrema fungibilità del denaro, l'individuazione di un nesso diretto tra un'operazione di finanziamento e l'utilizzo delle risorse finanziarie generate appare arbitraria».

Appare, infatti, difficilmente sostenibile la deducibilità di interessi relativi a finanziamenti non finalizzati allo svolgimento di attività inerenti all'impresa ma connessi a esigenze personali o familiari dell'imprenditore,dei collaboratori dell'impresa familiare, dei soci e così via. Questa considerazione appare emergere anche dalla sentenza 7292 del 2006 della stessa Corte di cassazione, nella quale è stato affermato che la norma da ultimo richiamata non comporterebbe una generale deducibilità degli interessi passivi, dovendosi sempre dimostrare «un "collegamento" tra reddito imprenditoriale e componente negativo detraibile che non può rivolgersi a un reddito "ontologicamente" diverso perché estraneo alla stessa attività di impresa». L'Agenzia ha, peraltro, recentemente precisato, nella circolare 16/E del 2009, che la deduzione dal reddito d'impresa e di lavoro autonomo del 10 per cento dell'Irap, pur essendo condizionata dalla presenza di oneri per il personale ovvero di interessi passivi, prescinde dall'ammontare di tali spese e che in relazione agli interessi «saranno attivati opportuni controlli al fine di verificarne le valide ragioni economiche e l'inerenza all'attività esercitata». Non è stata, quindi, operata alcuna distinzione tra soggetti Irpef e Ires, nei cui riguardi trova indifferentemente applicazione la detta deduzione.

In considerazione delle richiamate incertezze interpretative sarebbe stato probabilmente più opportuno che il legislatore fosse intervenuto con una disposizione di interpretazione autentica. Si ritiene, comunque, che vada adottata un'interpretazione logico- sistematica della normativa in esame, in base alla quale la sussistenza del requisito dell'inerenza si debba verificare con riguardo alla deducibilità degli interessi passivi sostenuti da qualsiasi tipologia di imprese, anche al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento (Cfr. G. Ferranti, Tutte le società devono provare l'inerenza dei costi, Il Sole 24 Ore, 4 maggio 2009, pg. 38).

I passaggi

La norma prevede che:

1.         gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili in ciascun periodo di imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati (di seguito, per semplicità si ometterà il riferimento agli oneri e proventi assimilati);

2.         l’eventuale eccedenza negativa è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica.

Il confronto tra la prima e la seconda grandezza (cioè tra interessi passivi e attivi, nella configurazione appositamente assunta ai fini dell’applicazione della disposizione in esame – in merito si veda subito dopo) può sortire due differenti esiti.

Nel caso in cui il primo termine di paragone risulti inferiore al secondo (cioè gli interessi passivi sono inferiore agli intressi attivi), allora gli interessi passivi “normalizzati” possono considerarsi interamente deducibili. Nell’ipotesi in cui non si tratti del primo periodo di adozione della norma, inoltre, qualora vi siano interessi passivi “riportabili” (cioè non dedotti in passato in quanto eccedenti il limite risultante dall’applicazione dell’art. 96 del Tuir), essi potrebbero essere dedotti nei limiti della “soglia” di deducibilità dell’esercizio (rimasta “inutilizzata”, data la già sufficiente “capienza” degli interessi attivi), calcolata così come illustrato precedentemente.

Nel caso, invece, in cui gli oneri di natura finanziaria risultino superiori ai corrispondenti proventi (cioè gli interessi passivi sono superiori agli intressi attivi), il risultato (positivo) di tale differenza – rappresentativo di quelli che potremmo definire “interessi passivi netti (cioè al netto degli interessi attivi) normalizzati” – potrà essere dedotto solamente se e nella misura in cui non superi il 30 per cento del Rol.

Infatti:

1. nel caso in cui quest’ultima sia sufficientemente “capiente”, non si darà luogo ad alcuna variazione in aumento per indeducibilità degli interessi passivi ex art. 96 del Tuir. In tale ipotesi gli interessi passivi netti normalizzati devono considerarsi interamente deducibili e, proprio come nel caso precedente, l’eventuale eccedenza della “soglia” di deducibilità potrebbe consentire la deduzione di interessi passivi “riportabili”, non dedotti in precedenti periodi d’imposta (in quanto eccedenti i limiti di cui all’art. 96 del Tuir). In aggiunta, a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, qualora residuasse una ulteriore “soglia” di deducibilità “inutilizzata”, potrebbe essere portata a incremento del Rol dei successivi periodi d’imposta.

2. nel caso in cui, invece, si verifichi il “superamento” della “soglia” di deducibilità, gli interessi passivi netti normalizzati potranno essere dedotti solamente sino a concorrenza di tale limite (ferma restando, naturalmente, la piena deducibilità degli interessi corrispondenti a quelli attivi). L’eventuale eccedenza indeducibile nel periodo di competenza, ai sensi del comma 4 dell’art. 96 del Tuir, tuttavia, potrà essere riportata (senza limiti di tempo) e dedotta nei successivi periodi d’imposta qualora vi siano “soglie” di deducibilità sufficientemente “capienti”.

La possibilità di riportare illimitatamente gli interessi passivi eccedenti la “soglia” di deducibilità “ha reso opportuno prevedere anche una norma di tipo antielusivo, per evitare, similmente al caso delle perdite, che le operazioni straordinarie siano fatte al precipuo scopo di subentrare nel diritto alla deduzione a titolo di interessi portati a nuovo. A ciò provvede” la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 33, lett. aa) della Legge Finanziaria per il 2008, “estendendo, con una modifica all’art. 172 del Tuir, agli interessi passivi portati in avanti lo stesso trattamento limitativo delle perdite nell’ambito delle operazioni di fusione e, per richiamo, di scissione” – cfr. Relazione illustrativa al Disegno di Legge Finanziaria per il 2008 (Senato della Repubblica – atti parlamentari, n.1817).

A norma del comma 34 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007 , “per il primo ed il secondo periodo di imposta di applicazione [della nuova disciplina, n.d.r.], il limite di deducibilità degli interessi passivi è aumentato di un importo pari, rispettivamente, a 10.000 e 5.000 euro.” Sulla base di tale disposizione, per i primi due periodi di imposta di applicazione delle nuove disposizioni (gli anni d’imposta 2008 e 2009 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) è, pertanto, possibile beneficiare di una franchigia di deducibilità immediata degli interessi passivi (assunti al netto di quelli attivi) per un ammontare non superiore ai predetti importi.

In altri termini, nei predetti periodi di imposta gli interessi passivi sono anzitutto deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi; l’eventuale eccedenza è, comunque, deducibile fino a concorrenza dell’importo di 10.000 e 5.000 euro, rispettivamente per il primo ed il secondo periodo di imposta; l’eventuale ulteriore eccedenza rimane, in ogni caso, deducibile nel limite del 30 per cento del Rol.

Nella sostanza, nei primi due periodi d’imposta di applicazione della norma, i passaggi per determinare la quota deducibile degli interessi passivi sono tre:

1.         gli interessi passivi sono deducibili in ciascun periodo di imposta fino a concorrenza degli interessi attivi;

2.         l’eventuale eccedenza negativa è deducibile fino a concorrenza dell’importo di 10.000 e 5.000 euro, rispettivamente per il primo ed il secondo periodo di imposta;

3.         l’eventuale eccedenza negativa è deducibile nel limite del 30 per cento

del risultato operativo lordo della gestione caratteristica.

Ammontare di interessi passivi che sono soggetti ai limiti di deducibilità

Il comma 3 dell’art. 96 del Tuir, specifica che “assumono rilevanza gli interessi passivi [...] nonché gli oneri [...] assimilati derivanti da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria, con esclusione degli interessi impliciti derivanti da debiti di natura commerciale [...]”.

La norma attribuisce rilievo agli interessi derivanti da taluni contratti espressamente indicati, nonché da qualsiasi altra operazione avente causa finanziaria. Rientra, pertanto, nell’ambito di applicazione della disciplina in esame ogni e qualunque interesse (od onere ad esso assimilato) collegato alla messa a disposizione di una provvista di danaro, titoli o altri beni fungibili per i quali sussiste l’obbligo di restituzione e in relazione ai quali è prevista una

specifica remunerazione.

Secondo la circ. 19/E del 2009 posto il tenore letterale della norma, s i ritiene, così come previsto anche in tema di thin capitalization rule, che rientri fra le fattispecie cui è applicabile l’articolo 96 del Tuir anche il c.d. notional cash pooling, il quale costituisce un sistema di compensazione degli interessi tra s ocietà appartenenti ad uno s tesso gruppo. Come precisato dall’Agenzia nella Ris. 8 ottobre 2003 n. 194/E, e ribadito Circ. 17 marzo 2005, n. 11/E, detta compensazione consente alla società intestataria del conto corrente di ottenere che il proprio conto risulti addebito, usufruendo, quindi, nella sostanza di una forma di finanziamento,

ancorché indiretta.

Per quanto riguarda l’individuazione degli oneri e proventi “assimilati”, l’Agenzia delle entrate nella Circ. 19/E del 2009, ha, nella sostanza, mutuati i principi pronunciati in passato con riferimento alla base imponibile dell’Irap(Cfr. Circ. n.141/E-III-86270 del 4 giugno 1998). In particolare, ha avuto modo di dire che occorre fare riferimento ad una nozione non meramente nominalistica, ma sostanzialistica di interessi.

A titolo esemplificativo ritiene compresi fra gli oneri e proventi assimilati agli interessi attivi e passivi le seguenti voci:

-           gli sconti passivi su finanziamenti ottenuti da banche o da altre istituzioni finanziarie;

-           le commissioni passive su finanziamenti e per fideiussioni o altre garanzie rilasciate da terzi;

-           gli altri oneri da titoli di debito emessi, compresi i disaggi di emissione e i premi di rimborso;

-           gli oneri sostenuti dal prestatario nelle operazioni di prestito titoli, semprechè la causa di detti ultimi contratti rivesta una natura finanziaria.

A tale proposito il documento OIC 12 qualifica come oneri finanziari le commissioni passive su finanziamenti citando in modo esplicito le commissioni di massimo scoperto, oggi non più applicate. Al posto di questi addebiti vi sono commissioni sull'accordato, cioè importi dovuti per utilizzo della linea di credito concordata con l'istituto di credito, e penali per sconfinamenti, che alcune banche addebitano in cifra fissa, altre in percentuale, quali gli utilizzi del fido oltre la misura concordata. Non vi è dubbio che la prima voce (commissioni sull'accordato) rientra nel contesto di commissioni passive su finanziamenti e quindi negli importi che vanno inseriti nel 30% del Rol. Sulla seconda voce (penali per sconfinamenti) si potrebbe evocare la natura risarcitoria dell'addebito.

Gli interessi relativi alle operazioni di pronti contro termine su titoli aventi funzione di raccolta sono esclusi dall’applicazione del novellato articolo 96 del Tuir. Infatti, resta ferma (anche per i soggetti IAS adopter) l’applicazione dell’articolo 89, comma 6, del Tuir per quanto concerne gli interessi maturati sulle attività oggetto dell’operazione nel periodo di durata del contratto; tali interessi, infatti, non concorrendo a formare il reddito del cedente (né come componente pos itivo, né come componente negativo) sono da ritenersi esclusi ai fini della disciplina di cui all’articolo 96 del Tuir. Rientra tuttavia fra gli oneri assimilati il differenziale negativo esistente fra prezzo a pronti e prezzo a termine (al netto degli interessi maturati sul titolo nel periodo di durata del contratto). Tale interpretazione trova conforto nella Circ. Min. n. 73 del 27 maggio 1994 nella quale viene specificato che “nel pronti contro termine, lo ‘scarto’ tra il prezzo a pronti e quello a termine (…) costituisce un componente positivo o negativo riferibile alla linea capitale del titolo sottostante oggetto del contratto, emergendo pur sempre da una doppia cessione del titolo. Conseguentemente, ancorché detto scarto concorra a formare il reddito alla stregua di proventi e oneri finanziari, quindi ‘pro rata temporis’, non soggiace alla disciplina prevista per la deducibilità degli interessi passivi”.

Per quanto concerne i contratti derivati, la Circ. 19/E del 2009 ritiene che la disciplina di cui all’articolo 96 del Tuir risulti applicabile ai derivati stipulati con finalità di copertura del rischio legato ad oscillazioni del tasso di interesse, in quanto in tale caso si verifica l’integrazione (con segno positivo o negativo) dell’interesse derivante dall’operazione coperta.

In linea generale occorre, comunque, considerare quale onere o provento assimilato all’interesse passivo, ovvero attivo, qualunque onere, provento o componente negativo o positivo di reddito relativo all’impresa che presenti un contenuto economico-sostanziale assimilabile ad un interesse passivo o attivo. Tale interpretazione è in linea con l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza economica s ulla forma giuridica nella rappresentazione contabile dei fatti di gestione secondo quanto previs to dai principi contabili internazionali IAS/IFRS [e, indirettamente, dall’art. 2423-bis, comma 1, n. 1) del codice civile che impone di valutare le voci di bilancio tenendo conto della “funzione economica” dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato].

Gli interessi non aventi causa finanziaria non rientrano nella deducibilità limitata dell’art. 96. Un caso è rappresentato dagli interessi di mora addebitati dai fornitori. Tale posta non deriva da una causa finanziaria ma da un inadempimento contrattuale: la sua natura risarcitoria è sufficiente a garantirne la deducibilità integrale (si veda circolare Assonime 46/09, paragrafo 4), fermo restando il particolare criterio di cassa che sottende al riconoscimento fiscale di questo componente negativo ex articolo 109, comma 7 del Tuir.

Diversamente gli interessi di dilazione pattuiti con i fornitori hanno natura di corrispettivo, rappresentando il prezzo di particolari modalità di pagamento.

Il medesimo comma 3 dell’articolo 96 prevede – ai fini dell’applicazione della disposizione in esso contemplata – l’“esclusione degli interessi impliciti derivanti da debiti di natura commerciale” e l’“inclusione, tra gli attivi, di quelli derivanti da crediti della stessa natura”.

La disciplina in esame, riferendosi testualmente ai soli interessi impliciti, non

sembrerebbe riguardare gli interessi passivi per dilazione di pagamento (che sono esposti in contratto). La conseguenza è che tali interessi dovrebbero sottostare al regime di deducibilità condizionata previsto dall’art. 96 del TUIR (nei limiti, cioè, degli interessi attivi e del 30 per cento del ROL), ancorché afferenti a rapporti di natura commerciale. Secondo l’Assonime (Cric. 46 del 18 novembre 2009) questa conclusione, tuttavia, solleva perplessità sul piano logico e sistematico giacché, avendo riguardo alla ratio della norma, sarebbe coerente ritenere che anche questi interessi possano beneficiare della disposizione di esclusione dall’ambito applicativo dell’art. 96 in quanto afferenti, come quelli impliciti, a rapporti commerciali.

Secondo il documento contabile 1 interpretativo del documento 12 OIC gli sconti passivi pronta cassa vanno iscritti tra gli oneri finanziari di cui alla voce C 17 del conto economico. Sulla eventuale inclusione di questa voce nel computo del 30% del Rol si registra, tuttavia, una tesi negativa enunciata dall'agenzia delle Entrate (MAP 28 maggio 2009), sulla base della considerazione che tali oneri rappresentano componenti derivanti da rapporti commerciali e non finanziari. Per contro gli interessi attivi da sconti pronta cassa sono invece sempre da includere tra le componenti finanziarie attive che delimitano l'ammontare degli interessi passivi integralmente deducibili al di fuori del 30% del Rol.

Con riferimento ai contratti di locazione finanziaria, si fa presente che l’articolo 1, comma 33, lettera n), della legge finanziaria 2008 ha modificato la disposizione contenuta nell’articolo 102, comma 7, del Tuir. A seguito della suddetta modifica, la “quota di interessi impliciti desunta dal contratto” di leasing è soggetta alle regole previste dall’articolo 96 del Tuir.

Pertanto, alla stregua della norma appena richiamata, occorre determinare, in base alle risultanze del contratto di locazione finanziaria, l’ammontare degli interessi passivi (impliciti nei canoni) relativi al periodo d’imposta e tenerne conto ai fini del calcolo di deducibilità di cui all’articolo 96 del Tuir. Secondo la Circ. 19/E del 2009 per esigenze di semplificazione i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS, possano continuare a fare riferimento al criterio di individuazione forfetaria degli interessi impliciti dettato, ai fini dell’IRAP, dall’articolo 1 del decreto ministeriale 24 aprile 1998.

L’articolo 96, comma 1, del Tuir esclude espressamente dal proprio ambito oggettivo di applicazione gli interessi passivi e gli oneri assimilati compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell’articolo 110 del Tuir.

Tale norma dispone, quale regola generale, che “si comprendono nel costo (dei beni) anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali”, con le seguenti eccezioni:

- nel costo (di acquisto o fabbricazione) dei beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono “gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge”.

- nel costo degli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “immobili-merce”) si comprendono gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione.

Detti oneri finanziari sono, pertanto, esclusi dalle limitazioni previste dall’articolo 96 del Tuir, nella misura in cui risultino compresi nel costo fiscale dei beni ai sensi dell’articolo 110, comma 1, lettera b), del Tuir.

Per quanto riguarda, invece, gli interessi passivi relativi all’acquisizione di immobili destinati alla successiva rivendita o locazione la Circ. 19/E del 2009 ritiene che, in assenza di un’esplicita previsione normativa, trovi applicazione la regola generale sopra indicata secondo la quale non si comprendono nel costo dei beni gli interessi passivi. Relativamente agli interessi passivi sostenuti per l’acquisizione di immobili-merce troveranno, quindi, applicazione i limiti di deducibilità previsti dall’articolo 96 del Tuir.

Per completezza, si rammenta che - come precisato nella circolare n. 47/E del 18 giugno 2008 (cfr. par. 5.4) - “l’eventuale patrimonializzazione di interessi passivi operata in bilancio ad incremento del valore di iscrizione di immobili-patrimonio è, in ogni caso, priva di rilevanza fiscale” con la conseguenza che gli interessi passivi portati in bilancio ad incremento del costo degli immobili in esame qualora sostenuti in relazione:

- a finanziamenti contratti per la relativa “acquisizione” (nel senso di acquisto o costruzione – si veda dopo), rientreranno nell’ambito di applicazione dell’articolo 96 del Tuir;

- a finanziamenti diversi da quelli di cui al punto precedente,

risulteranno integralmente indeducibili a norma dell’articolo 90, comma 2, del Tuir.

Ciò in quanto, la predetta capitalizzazione non può essere riconosciuta a fini fiscali in quanto la disposizione dell’art. 101 del Tuir si riferisce ai «beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa».

Non rientrano, infine, nel campo di applicazione dell’articolo 96 del Tuir, gli interessi passivi imputati secondo corretti principi contabili ad incremento del costo delle rimanenze di beni o servizi oggetto dell’attività

dell’impresa, diversi dagli immobili. Ciò in quanto, ai fini fiscali, il valore delle rimanenze è determinato a partire dal loro valore correttamente rappresentato in bilancio ai sensi del combinato disposto degli articoli 110, comma 1, 92 e 93 del Tuir (Cfr. Circ. 19/E del 2009, Ris. n. 3/DPF del 14 febbraio 2008).

Per la medesima ragione, la Circ. 19/E del 2009 ritiene che siano esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 96 anche gli interessi passivi relativi a prestiti contratti per la realizzazione dei lavori su commessa purché, appunto, correttamente imputati ad aumento del valore delle rimanenze. Diversamente, gli interessi passivi relativi a finanziamenti concessi per la realizzazione di lavori su commessa e non imputati ad aumento delle rimanenze potranno essere dedotti dal reddito dell’esercizio in base a quanto disposto dall’articolo 96 del Tuir.

Dall’ammontare degli oneri finanziari rilevanti ai fini qui in esame, infine, devono essere sottratti anche gli interessi passivi la cui indeducibilità sia già sancita da specifiche disposizioni. In particolare, ai sensi del citato comma 6, gli interessi passivi che rilevano ai fini dell’applicazione dell’articolo 96 devono essere considerati al netto di quelli indeducibili in modo assoluto ai sensi delle disposizioni di seguito indicate, delle quali “resta ferma l’applicazione in via prioritaria”:

-           articolo 90, comma 2, del Tuir [indeducibilità degli interessi relativi a finanziamenti contratti per la gestione di immobili-patrimonio – c.d. interessi di funzionamento]. Nello specifico, la previsione di indeducibilità assoluta riguarda gli interessi di funzionamento relativi a detti immobili e non quelli relativi a finanziamenti contratti per l’“acquisizione” (i.e.“acquisto” o “costruzione”) degli stessi; in merito si veda quanto detto subito dopo;

-           dai commi 7 e 10 dell’art. 110” del Tuir (indeducibilità degli interessi in applicazione della disciplina del “transfer pricing” e dei costi “paradisiaci”),

-           “dall’art. 3, comma 115, della Legge 28 dicembre 1995, n.549, in materia di interessi su titoli obbligazionari, e

-           dall’art. 1, comma 465, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, in materia di interessi sui prestiti dei soci delle società cooperative”.

-           Interessi relativi a finanziamenti finanziamenti per l'acquisto dei veicoli disciplinati dall'articolo 164 Tuir.

Trattando di interessi passivi relativi a finanziamenti per l'acquisto dei veicoli disciplinati dall'articolo 164 del Tuir, l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di dire che sono deducibili applicando esclusivamente la disciplina fissata da questo articolo (Cfr. Circ. n. 47/E del 2008). In sostanza, l'articolo 164 del Tuir viene considerato norma speciale, e quindi prevalente, rispetto alla norma generale dell'articolo 96 del Testo unico che fissa la deducibilità dell'eccedenza nel limite del 30% del Rol.

Di conseguenza, gli interessi passivi sostenuti in relazione a finanziamenti contratti per i veicoli contemplati nell'articolo 164 del Tuir sono:

a) interamente deducibili, se relativi a mezzi di trasporto utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa o adibiti a uso pubblico;

b) deducibili nella misura del 40% (80% qualora utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio), se riferibili ai mezzi di trasporto richiamati nel comma 1, lettera b), dell'articolo 164 del Tuir;

c) deducibili nella misura del 90%, se sostenuti relativamente a mezzi di trasporto concessi in uso promiscuo ai dipendenti.

Il parere dell'Agenzia si presta a qualche riflessione. In primo luogo, questo orientamento sembra superare definitivamente quello espresso nella risoluzione 9 novembre 2001 n. 178/E secondo cui «... gli interessi passivi, quali oneri generati dalla funzione finanziaria, possono essere assimilati a un costo generale dell'impresa, cioè a un costo che non può essere specificamente riferito a una particolare attività aziendale o ritenuto accessorio a un particolare onere...».

Nel sancire la "specialità" dell'articolo 164 del Tuir e la sua prevalenza sull'articolo 96 si afferma l'accessorietà al cespite degli oneri finanziari alla stregua delle altre spese e componenti negativi (impiego, custodia, manutenzione, riparazione,eccetera) relative ai veicoli in argomento, che sono disciplinati in modo unitario, agli effetti dell'articolo 164 del Tuir, a prescindere dalla loro specifica natura.

Un'ulteriore riflessione riguarda il caso di acquisizione di veicoli mediante leasing: è dubbio, infatti, se anche per gli oneri finanziari compresi nel relativo canone trovi applicazione l'articolo 164 del Tuir o debba, invece, applicarsi l'articolo 96 dello stesso Testo unico.

Il dubbio deriva dall'articolo 102, comma 7, ultimo periodo, laddove è previsto che «La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell'articolo 96.». La norma sembra, dal punto di vista letterale, avere rilevanza generale e trovare, quindi, applicazione anche con riferimento agli interessi relativi a canoni di leasing per veicoli di cui all'articolo 164, del Tuir, in quanto non vi è alcuna esclusione espressa per i predetti beni. Questa interpretazione – secondo la quale gli interessi impliciti compresi nei canoni di leasing relativi ai predetti veicoli sarebbero sottoposti alla disciplina ordinaria dell'articolo 96 del Tuir – non appare, però, condivisibile, perché si determinerebbe un trattamento fiscale differenziato degli interessi del leasing rispetto a quelli derivanti da finanziamento diretto, in passato sempre evitato dall'Agenzia nelle sue interpretazioni.

Si pensi a un veicolo utilizzato esclusivamente nell'attività dell'impresa: se l'acquisizione è avvenuta in leasing, gli interessi compresi nel canone sarebbero soggetti all'articolo 96 del Tuir mentre quelli relativi all'acquisto in proprietà dello stesso mezzo sarebbero completamente deducibili ai sensi dell'articolo 164 del Tuir. Questa conseguenza non appare accettabile e si ritiene, pertanto, che anche nel caso degli interessi su canoni per acquisizione di veicoli debba trovare applicazione l'articolo 164 del Tuir. Peraltro, se la disciplina di questo articolo è considerata di carattere speciale, dettata per tutti i costi sostenuti in relazione ai mezzi di trasporto ivi indicati e prevalente rispetto all'articolo 96 del Tuir, la "specialità" non può che riguardare anche gli interessi compresi nei canoni, in quanto l'articolo 164 riguarda anche i veicoli acquisiti in leasing.

Trattamento degli interessi passivi relativi ad immobili-patrimonio e in generale quelli delle immobiliari di gestione

In merito agli interessi di funzionamento, e più in generale alla deducibilità degli interessi passivi su beni patrimonio, si evidenzia come il comma 1 dell’articolo 90 del Tuir stabilisce che le unità immobiliari possedute in regime d’impresa che non costituiscono beni strumentali all’attività d’impresa, né tantomeno beni merci (cd. “immobili-patrimonio”), concorrono alla determinazione del reddito d’impresa sulla base dei criteri previsti dal medesimo testo unico per i redditi fondiari. Conseguentemente, il comma 2 della menzionata disposizione normativa prevede che “le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili indicati nel comma 1 non sono ammessi in deduzione”.

Il dato letterale di tale ultima disposizione aveva indotto l’amministrazione finanziaria a ritenere che il divieto di deducibilità delle spese e dei componenti negativi relativi agli immobili-patrimonio, contenuto nello stesso

comma 2 dell’articolo 90 del Tuir, si applicasse anche agli interessi passivi, compresi quelli relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli s tessi immobili. In tal senso si era espressa la circolare n. 6/E del 2006, che aveva ritenuto applicabile anche agli interessi passivi di finanziamento la predetta previs ione di

generalizzata indeducibilità.

L’articolo 1, comma 35, della legge 244 del 2007 ha introdotto una norma di interpretazione autentica secondo la quale “tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili di cui al comma 2 dell’articolo 90 del testo unico delle imposte sui redditi (…) non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili indicati al comma 1 dello stesso articolo 90”.

Il menzionato comma 35 contiene, dunque, un preciso riferimento agli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’“acquisizione” degli immobili di cui all’articolo 90, comma 1, del Tuir (cd. immobili-patrimonio).

Al riguardo, la circ. 19/E del 2009 ritiene che con il termine “acquisizione” il legislatore abbia inteso riferirsi non solo agli interessi passivi sostenuti in relazione ai finanziamenti accesi per l’“acquisto” di tali immobili (i.e. interessi sostenuti sui mutui contratti per l’“acquisto” degli immobili-patrimonio), ma anche agli interessi passivi relativi a finanziamenti stipulati per la “costruzione” degli stessi (i.e. interessi sostenuti in dipendenza di mutui accesi per la “costruzione” degli immobili- patrimonio). In altri termini, il comma 35 in esame deve essere interpretato nel senso che

-           gli interessi passivi a servizio di finanziamenti contratti per la costruzione o per l’acquisto degli immobili di cui all’articolo 90, comma 1, del Tuir non rientrano tra le spese e gli altri componenti negativi per cui vale la previsione di indeducibilità assoluta di cui al comma 2 della medesima disposizione; ciò posto, sono deducibili, nei limiti ed alle condizioni ora previste dall’articolo 96 del Tuir;

-           gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti, ad esempio, a fronte di interventi di manutenzione straordinaria, rimangono integralmente indeducibili.

L’Agenzia delle entrate nulla dice in merito a eventuali acquisti mediante leasing. In ogni caso considerato l’ormai assodata alterantività tra “della scelta aziendale tra acquisizione dei beni proprietà e in leasing” (cfr. relazione ministeriale al decreto legge n. 414 del 1989; circolare del 17 ottobre 2001, n. 90/E; risoluzione del 25 febbraio 2005, n. 27/E; risoluzione del 10 maggio 2004, n. 69/E; risoluzione del 23 febbraio 2004, n. 19/E; risoluzione del 17 dicembre 2007, n. 379) è da ritenersi che le medesime considerazioni valgono nell’ipotesi in cui gli immobili, siano detenuti in virtù di un contratto di leasing. In tal senso anche l’Assonime, la quale nella circ. 46 del 18 novembre 2009 auspica anche che possano essere esclusi dall'applicazione dell'indeducibilità (articolo 90 del Tuir) non solo «gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l'acquisizione degli immobili» ma anche quelli per l'acquisizione tramite leasing.

L’introduzione della norma di interpretazione autentica in esame supera anche l’interpretazione fornita dall’Agenzia con la Ris. n. 71/E del 18 aprile 2007, secondo la quale gli interessi passivi di finanziamento corrisposti dalle cooperative edilizie a proprietà indivisa, per effetto della loro assimilazione alle persone fisiche, erano da considerarsi deducibili con le stesse modalità e nei medesimi limiti stabiliti dall’articolo 15 del Tuir in favore delle persone fisiche.

L’espressa qualificazione del comma 35, dell’articolo 1, della legge finanziaria 2008 quale norma di interpretazione autentica, comporta che lo stesso possiede efficacia retroattiva. In proposito, si ricorda che la retroattività della norma incontra in ogni caso il limite dei cosiddetti rapporti esauriti, intendendosi per tali quelli per cui sia intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definitivo o, comunque, siano decorsi i termini di prescrizione o decadenza stabiliti dalla legge per l’esercizio dei diritti ad essi relativi (cfr., sul punto,

risoluzione n. 2/E del 3 gennaio 2005).

In applicazione della predetta disposizione di interpretazione autentica non sono più sostenibili gli atti di accertamento che s i ispirano ad un’interpretazione diversa da quella ora fatta propria dal legislatore.

Si pone poi il problema di capire se gli interessi passivi civilsiticamente capitalizzati assumono rilevanza dal punto di vista fiscale. Occorre infatti considerare che l’articolo 96 del Tuir esclude dal proprio campo di applicazione gli interessi passivi “compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell’articolo 110”, rendendoli, pertanto, pienamente deducibili ma la lettera b) del 1° comma dell’articolo 110 del Tuir stabilisce, che nel costo fiscale dei “beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa” si comprendono anche gli interessi passivi, qualora questi ultimi risultino “iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge”. Secondo l’Agenzia delle entrate (Cfr. Circ. 18 giuugno 2008, 47/E, risp. 5.4 e Circ. 19/E del 2009) occorre applicare la norma di carattere generale contenuta nel primo periodo della lettera b, 1° comma, dell’articolo 110 del TUIR, per cui non possono comprendersi nel relativo costo fiscale dei beni patrimonio gli interessi passivi. Ne consegue che - dal momento che l’eventuale patrimonializzazione di interessi passivi operata in bilancio ad incremento del valore di iscrizione di immobili-patrimonio è, in ogni caso, priva di rilevanza fiscale - gli interessi passivi portati in bilancio ad incremento del costo degli immobili in esame rientreranno nell’ambito di applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 96 del TUIR. Resta inteso che qualora gli interessi passivi sostenuti riguardo agli immobili-patrimonio siano relativi a finanziamenti diversi da quelli contratti per la relativa “acquisizione” (di cui alla norma dell’articolo 1, comma 35, della L. n. 244 del 2007), gli stessi risulteranno integralmente indeducibili conformemente a quanto stabilito dall’art. 90, comma 2, del TUIR. In merito si veda anche quanto detto a commento dell’art. 96.

Il comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007 prevede, con disposizione di carattere transitorio, secondo la quale “la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 … degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione”.

Per meglio comprendere la ratio della norma e definirne l’ambito applicativo è opportuno ricordare la disposizione in cui risulta inserita. In particolare, la prima parte del comma 36 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 demanda ad una commissione di studio sulla fiscalità diretta e indiretta delle imprese immobiliari il compito di proporre l’adozione di modifiche normative volte alla semplificazione e alla razionalizzazione del sistema vigente. In prospettiva di attuare questa revisione organica della fiscalità riguardante le “imprese immobiliari”, la norma citata ha poi stabilito, in via transitoria, “la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione”. Trattasi, più precisamente, di una norma programmatica contenente due disposizioni tra loro collegate che regolamentano il settore immobiliare. In sostanza, la disposizione introdotta dalla legge finanziaria per il 2008, nel prevedere una riforma della fiscalità delle imprese immobiliari, dispone, nel periodo transitorio, la temporanea esclusione dal meccanismo di deducibilità del nuovo articolo 96 del TUIR degli interessi passivi corrisposti dalle medesime società immobiliari e derivanti da finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili dati in locazione.

Secondo la Circ. 37/E/2009, da ciò ne consegue che l’ambito soggettivo di applicazione del comma 36 citato è limitato alle cd. “immobiliari di gestione”. Come chiarito dalla risoluzione n. 323/E del 9 novembre 2007, sono immobiliari di gestione le società il cui valore del patrimonio (assunto a valori correnti) è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività, nonché dagli immobili direttamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa: si tratta in sintesi delle società la cui attività consiste principalmente nella mera utilizzazione passiva degli immobili cd. “patrimonio” e strumentali per natura locati o comunque non utilizzati direttamente.

Per quanto concerne, inoltre, l’ambito oggettivo della disposizione la Circ. 37/E/2009 conferma che, con la locuzione “interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione”, il legislatore abbia voluto riferimento sia agli immobili patrimoniali che agli immobili strumentali per natura, purché destinati all’attività locativa, non essendo determinante la natura dell’immobile posto a garanzia dell’impegno assunto.

L’Agenzia delle entrate nella Circ. 37/E/2009 ritiene inoltre che affinché la previsione di deducibilità piena degli interessi passivi ipotecari trovi applicazione è necessario, inoltre, che il mutuo ipotecario abbia ad oggetto gli stessi immobili successivamente destinati alla locazione.

Nella stessa circolare, l’Agenzia delle entrate, al pari di quanto previsto dall’art. 1 comma 35 della legge 244/2007 per quanto concerne la deducibilità limitata degli immobili patrimonio, fa rifermento a “gli interessi passivi corrisposti per l’acquisto o la costruzione di immobili”. Ciò ancorchè, a differenza della previsione appena sopra richiamata, la norma non faccia riferimento a finanziamenti contratti per l’“acquisizione” degli immobili.

Da ultimo, al fine di “assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni proprietà e in leasing” (cfr. relazione ministeriale al decreto legge n. 414 del 1989; circolare del 17 ottobre 2001, n. 90/E; risoluzione del 25 febbraio 2005, n. 27/E; risoluzione del 10 maggio 2004, n. 69/E; risoluzione del 23 febbraio 2004, n. 19/E; risoluzione del 17 dicembre 2007, n. 379) la Circ. 37/E del 2009 conferma che le medesime considerazioni valgono nell’ipotesi in cui gli immobili, oggetto di locazione, siano detenuti in virtù di un contratto di leasing. Infatti, l’acquisto di un bene mediante un contratto di locazione finanziaria può considerarsi come un’operazione sostanzialmente equivalente, sul piano fiscale, all’acquisto del bene in proprietà. Inoltre, per sua intrinseca natura, il contratto di leasing garantisce, ancor più di un mutuo ipotecario, quel collegamento imprescindibile tra l’immobile (da destinare alla locazione) ed il finanziamento ricevuto, la cui sussistenza è richiesta dalla norma in esame quale presupposto necessario per escludere i relativi interessi passivi dall’ambito applicativo dell’articolo 96 del TUIR.

Ammontare di interessi attivi

In merito all’individuazione degli interessi attivi, si segnala che, a differenza di quanto previsto per gli interessi passivi, nel computo di quelli attivi devono considerarsi, oltre ai proventi “derivanti da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria” (Cfr. art. 96, comma 3 del Tuir), anche quelli impliciti derivanti da crediti di natura commerciale e, per i soggetti operanti con la Pubblica Amministrazione, “quelli virtuali, calcolati al tasso ufficiale di riferimento aumentato di un punto, ricollegabili al ritardato pagamento dei corrispettivi”.

Con riferimento agli interessi impliciti nelle dilazioni di pagamento di natura commerciale, si noti il legislatore ha previsto un’asimmetria “doppiamente” favorevole al contribuente: il comma 3 dell’art. 96 del Tuir, infatti, ai fini dell’applicazione della norma, dispone non solo che gli interessi passivi di tale specie non debbano considerarsi rilevanti (e, quindi, “sfuggano” ai limiti di deducibilità ivi previsti), ma anche che di quelli attivi si debba – al contrario – tener conto, con conseguente aumento (di pari importo) degli interessi passivi deducibili.

Per quanto concerne quelli con la pubblica Amministrazione, si può ritenere si tratta del riconoscimento di una sorta di interessi di mora “figurativi”, riconosciuti al fine di evitare penalizzazioni a scapito dei soggetti che ordinariamente intrattengono rapporti con la Pubblica Amministrazione, che notoriamente pagatrice applica condizioni di pagamento “sfavorevoli”.

Poiché la norma ricollega espressamente gli interessi attivi virtuali “al ritardato pagamento dei corrispettivi”, la Circ. 19/E del 2009 ritiene che essi debbano essere calcolati con decorrenza dal giorno successivo a quello previsto per il pagamento e fino alla data di incasso del corrispettivo.

Con riguardo alla definizione di pubblica amministrazione si deve fare riferimento a quanto disposto dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Rientrano, pertanto, nella suddetta definizione lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi e associazioni, le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e universitarie, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, aziende ed enti del servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato,

della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

Determinazione del Rol

Come detto, il comma 1 dell’articolo 96 dispone che l’ammontare degli interessi passivi che eccede in ciascun periodo di imposta quello degli interessi attivi è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo

lordo della gestione caratteristica (Rol).

Tale grandezza, come previsto dal comma 2 dell’art. 96 del Tuir, dev’essere calcolata come “differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 del Codice civile, (…)così come risultanti dal conto economico dell’esercizio”.

Il medesimo comma 2 esclude dalla determinazione del ROL i seguenti componenti negativi di reddito:

- gli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali, di cui alla lettera B), n. 10), voci a) e b) dello s chema di conto economico;

- i canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, ricompresi nella lettera B), n. 8).

Tale ultima esclusione si è resa necessaria al fine rendere irrilevante ai fini della deducibilità degli interessi passivi la modalità in concreto seguita per l’acquisizione delle immobilizzazioni, in proprietà ovvero tramite contratto di locazione finanziaria.

L'Assonime (circ. 46 del 18 novembre 2009) critica che, per determinare il Rol, non si possano escludere dai costi della produzione le svalutazioni dei beni strumentali (voce B.10.c). Questa impostazione penalizza le imprese che applicano i corretti principi di prudenza del bilancio: le svalutazioni di beni strumentali sono valutazioni di bilancio collegate agli ammortamenti. Questi ultimi, invece, vengono tolti dai costi delle produzioni (alzando il Rol). La mancata esclusione delle svalutazione ha effetti più negativi per le imprese che adottano gli Ias, quando la valutazione riguarda beni non ammortizzabili ma solo svalutabili, come i beni a vita utile indefinita (ad esempio, i marchi) e l'avviamento.

Il 30% di tale valore costituisce il limite massimo di deducibilità degli interessi passivi (considerati al netto di quelli attivi).

Va al riguardo evidenziato che il legislatore, nella stesura dell’articolo 96 in esame, ha esplicitamente previsto che il ROL rilevante ai fini del medesimo articolo sia tassativamente determinato mediante la differenza (con gli aggiustamenti appena menzionati) tra le voci A) e B) dello schema di conto economico contenuto nell’articolo 2425 del codice civile.

Secondo la Circ. 19/E del 2009 ne consegue che ai fini dell’applicabilità della disciplina in esame non potranno trovare applicazione i principi affermati:

- nella risoluzione n. 337/E del 29 ottobre 2002 in cui, con riferimento alle holding industriali, la scrivente - ad altri fini - ha precisato che “il conto economico di tali società (…) risulta fortemente influenzato da componenti reddituali di tipo finanziario che, pur non essendo imputati alla voce A) del conto economico, costituiscono, comunque, proventi relativi alla loro attività caratteristica”;

- nella risoluzione n. 143/E del 10 aprile 2008 secondo cui - ai limitati fini del test di vitalità richiesto, ai sensi dell’articolo 172, comma 7, del TUIR, per la trasferibilità delle perdite nelle operazioni di fusione - i soggetti economici che, come le holding di partecipazioni, classificano “i proventi dell’attività caratteristica in voci del conto economico diverse da quelle qualificabili come ricavi di cui all’art. 2425 del c.c. (…) potranno considerare ai fini del calcolo del test di vitalità, oltre ai ricavi e ai proventi di cui alle voci di conto economico A1 e A5, anche i proventi finanziari iscritti nelle voci C15 e C16”.

Le holding “industriali” (alle quali, come in precedenza ricordato, non s i applica l’ipotesi di esclusione prevista nel comma 5 dell’articolo 96) sono, dunque, tenute a determinare il ROL rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 96 con le modalità puntualmente dettate dal menzionato comma 2 di tale ultima disposizione.

Per quanto concerne i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali IAS/IFRS si evidenzia che l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 96 stabilisce che per tali soggetti “si assumono le voci di conto economico corrispondenti”.

In altri termini, posto che, in linea generale, le società che adottano i principi contabili internazionali non hanno l’obbligo di seguire uno schema di conto economico predefinito, la Circ. 19/E del 2009 ritiene che le s tesse debbano individuare tra le voci del conto economico redatto sulla base dei suddetti principi quelle corrispondenti alle voci contenute nello schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del c.c., indicate dalla norma in esame.

Per le società di investimento immobiliare quotate (SIIQ), è necessario considerare che le s tesse s i avvalgono di due distinti regimi contabili e fiscali.

Come è noto, infatti, le SIIQ possono optare per un regime speciale, per cui il reddito d’impresa derivante dall’attività di locazione immobiliare (e attività assimilate) è esente dall’IRES a decorrere dal periodo d’imposta di efficacia dell’opzione stessa. Viceversa, il reddito derivante dall’esercizio di attività diverse rispetto a quella della locazione immobiliare rimane assoggettato all’IRES secondo le regole ordinarie. Al riguardo, la Circ. 19/E del 2009 ritiene che la determinazione del ROL rilevante ai fini del calcolo degli eventuali interessi passivi indeducibili deve essere effettuata esclusivamente con riguardo alle attività diverse da quella di locazione immobiliare. Nella determinazione del reddito riferibile alla gestione imponibile, infatti, l’inclusione nel calcolo del ROL dei proventi derivanti dall’attività di locazione immobiliare potrebbe comportare, infatti, un doppio beneficio per il contribuente, in quanto lo s tesso godrebbe sia dell’esenzione ai fini IRES del reddito derivante dalla sopradetta attività (gestione esente) e, nel contempo, vedrebbe incrementato il ROL ottenendo, di fatto, un maggiore ammontare di interessi deducibili. In pratica, l’ulteriore ammontare di interessi passivi deducibili sarebbe correlato a proventi che non subiscono tassazione.

Secondo la Circ. 19/E del 2009, rimangono in ogni caso ferme le considerazioni effettuate nella Circ. n. 8/E del 31 gennaio 2008, per cui le SIIQ non sono esonerate dall’onere di determinare, in base all’ordinaria disciplina dell’IRES, il reddito fiscale relativo all’attività di locazione immobiliare e assimilate il quale, seppur esente in capo alla medesima società, deve in ogni caso essere indicato nella dichiarazione dei redditi. A tal fine, le SIIQ devono tenere contabilità separate per rilevare i fatti gestionali dell’attività di locazione immobiliare e assimilate rispetto a quelli che si riferiscono alle altre attività eventualmente svolte. In particolare, con riguardo a corretti principi contabili, la citata Circolare ha precisato che nel risultato della gestione esente devono confluire i costi e i ricavi caratteristici dell’attività di locazione immobiliare, nonché gli altri oneri amministrativi, finanziari e tributari che possono essere direttamente riferiti alla medesima attività. Gli interessi passivi ed oneri assimilati possono essere considerati diretti qualora siano relativi a finanziamenti specificamente assunti per l’esercizio dell’attività di locazione.

La Circ. 19/E del 2009 ritiene che le medesime conclusioni possano valere anche per le imprese marittime che rientrano nel regime di cui agli articoli da 155 a 161 del TUIR (c.d. tonnage tax). Tali imprese, infatti, determinano il loro reddito imponibile derivante dall’utilizzo delle navi in base a determinati coefficienti parametrati agli scaglioni di tonnellaggio netto delle navi medesime. Tuttavia, per le attività che non ricadono nell’attività agevolata, le imprese marittime che si sono avvalse dell’opzione di cui all’articolo 155 del TUIR continuano a determinare il reddito ai fini dell’IRES secondo le ordinarie disposizioni del TUIR. Conseguentemente, il ROL deve essere calcolato con esclusivo riferimento all’attività tassabile in via ordinaria, senza tenere conto dei costi e proventi dell’attività caratteristica inclusi nella determinazione in via forfetaria dell’imponibile. Del pari, il trattamento previsto dall’articolo 96 del TUIR può essere riferito es clusivamente agli interessi passivi ed oneri assimilati rientranti nell’attività ordinaria.

Riporto del Rol

L’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 96 in esame consente al contribuente, a partire dal terzo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, di portare ad incremento del ROL dei successivi periodi di imposta l’eventuale quota del ROL non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi e degli oneri finanziari di competenza. In sostanza, per un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, sarà possibile a partire dal 2010 riportare in avanti l’eventuale importo del ROL inutilizzato nel corso del medesimo anno (in quanto l’eccedenza di interessi passivi su quelli attivi è risultata inferiore al 30 per cento del ROL di periodo). Detto importo andrà ad incrementare il 30 per cento del ROL del successivo periodo di imposta, al quale commisurare gli interessi passivi da dedurre.

Detta disposizione consente di riportare agli esercizi successivi, senza alcun limite temporale, il ROL maturato in un determinato periodo di imposta e nello s tesso non utilizzato (rectius, assorbito) ai fini del confronto di cui all’art. 96, comma 1, primo periodo, in quanto eccedente la differenza tra gli interessi passivi e attivi di periodo (quest’ultima comprensiva dell’eventuale eccedenza di interessi passivi indeducibili riportata da esercizi

precedenti).

Si noti come la norma in commento offre al contribuente la facoltà di utilizzare l’eccedenza di ROL al fine di compensare eventuali eccedenze di interessi passivi netti indeducibili. Di conseguenza, il mancato utilizzo dell’eccedenza di ROL nel caso siano presenti interessi passivi netti indeducibili comporterà l’impossibilità di utilizzare il ROL eccedente – per una quota pari all’ammontare degli interessi passivi indeducibili – negli anni successivi, comportando di fatto la perdita della predetta eccedenza di ROL utilizzabile (ma di fatto non utilizzata) in compensazione. In tal senso anche al Circ. 19/E del 2009, secondo la quale nel caso contrario, infatti, si verificherebbe uno spostamento di imponibile da un esercizio all’altro con fenomeni di refreshing delle perdite fiscali, pos to che per queste ultime c’è un limite al riporto che invece manca per l’utilizzo del ROL.

Da quanto sopra esposto, si evince inoltre che nel caso di contestuale presenza di ROL disponibile e di perdite fiscali pregresse, l’eventuale eccedenza di interessi passivi netti indeducibili dovrà essere compensata prioritariamente con l’eccedenza di ROL e, una volta esaurita questa, mediante le perdite pregresse. .

Pertanto, l’eccedenza di ROL, la stessa dovrà essere prioritariamente utilizzata per compensare l’eventuale eccedenza di interessi passivi netti indeducibili dell’esercizio in corso ovvero di esercizi precedenti.

Qualora, pur versando in presenza delle predette condizioni, il ROL disponibile risulti inutilizzato, lo s tesso non potrà più essere utilizzato in futuro: ciò in quanto il meccanismo di funzionamento del confronto tra ROL e interessi passivi netti di cui all’articolo 96, comma 1, primo periodo, è strutturato in modo da prevedere un utilizzo, per cos ì dire, automatico del ROL (di periodo e di quello eventualmente riveniente da annualità pregresse) ogniqualvolta si registri una situazione di eccedenza degli interessi passivi su quelli attivi.

Da tanto consegue che il contribuente tenuto all’applicazione della disciplina dell’articolo 96 non può riportare in avanti con riferimento al medesimo periodo d’imposta eccedenze di ROL inutilizzato ed eccedenze di

interessi passivi netti indeducibili.

Il riporto in avanti dell’eccedenza di ROL è, pertanto, consentito solo nelle seguenti ipotesi:

- assenza di interessi passivi netti (di periodo o pregressi) da compensare;

- importo degli interessi passivi netti (di periodo o pregressi) inferiore alla disponibilità di ROL (di periodo o, se del caso, riveniente da annualità pregresse).

In entrambe le ipotesi sopra menzionate l‘eccedenza di ROL riportata dovrà, comunque, essere utilizzata in compensazione alla prima occasione utile (i.e. nel primo esercizio in cui si manifesterà un’eccedenza degli interessi passivi di periodo su quelli attivi).

Riporto degli interessi passivi

Il comma 4 dell’articolo 96 del TUIR disciplina il trattamento degli interessi passivi netti che, in quanto eccedenti il 30 per cento del ROL dell’esercizio, non sono deducibili in un determinato periodo di imposta, prevedendo che detti interessi indeducibili possono essere portati in deduzione -senza limiti temporali - dal reddito dei periodi successivi.

Tale possibilità di “riporto in avanti” costituisce il principale tratto distintivo del nuovo regime di deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRES. In definitiva, l’eventuale indeducibilità degli interessi passivi, per effetto dei limiti imposti dall’articolo 96, non è mai assoluta, potendo essere sempre “recuperata” nei successivi esercizi, qualora in questi ultimi si verifichino le condizioni opposte a quelle che in precedenza hanno determinato il prodursi dell’eccedenza indeducibile.

In particolare, la norma consente detto recupero “se e nei limiti in cui in tali [successivi] periodi l’importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza eccedenti gli interessi attivi e i proventi assimilati sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza.”

In altri termini, qualora in un determinato periodo di imposta l’importo degli interessi passivi netti è superiore al 30 per cento del ROL, l’eccedenza (che in quel periodo d’imposta deve essere, in ogni caso, “sterilizzata” all’atto della determinazione del reddito imponibile) può essere recuperata in deduzione nei periodi di imposta successivi; tuttavia, tale deduzione è consentita esclusivamente qualora, in detti successivi periodi, l’importo degli interessi passivi maturati eccedenti gli interessi attivi sia inferiore al 30 per cento del ROL di competenza.

Valga al riguardo l’esempio riportato nella seguente tabella.

In sostanza, qualora siano presenti, in un determinato periodo di imposta, interessi passivi eccedenti la soglia del 30 per cento del ROL, pertanto indeducibili in detto esercizio, gli stessi potranno essere dedotti negli esercizi successivi nei limiti della differenza positiva tra il 30 per cento del ROL di competenza di ogni annualità futura e gli interessi passivi netti dell’esercizio.

Così come previsto per il riporto in avanti delle eccedenze inutilizzate del 30 per cento del ROL (come descritto nel precedente paragrafo) anche il riporto negli esercizi successivi dell’eccedenza di interessi passivi netti indeducibili non è soggetto ad alcun limite temporale.

E’ appena il caso di rilevare che non è consentito riportare in avanti l’eventuale eccedenza degli interessi attivi, rispetto a quelli passivi, maturati in un determinato periodo d’imposta.

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