CONFERIMENTO D'AZIENDA: ASPETTI CIVILISTICI

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ARTICOLO - Pubblicato il: 1 gennaio 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

NOTARELLE IN MERITO AGLI ASPETTI CIVILISTICI DEL CONFERIMENTO D’AZIENDA

Di seguito si analizzano alcuni interventi di prassi e dottrina intervenuti negli anni scorsi che hanno riguardato i conferimento d’azienda.

Nello specifico si tratta:

  1. Della necessità (civilistica) di effettuare il conferimento a “saldi chiusi”
  2. Della possibilità (civilistica) di non far emergere plusvalenze
  3. Della necessità (civilistica) dell’iscrizione della plusvalenza in capo alla conferente e della disponibilità (civilistica) della riserva nascente
  4. Iscrizione dell’imposizione differita
  5. Dell’eliminazione (civilisitica) dell’imposizione differita a seguito dell’affracamento fiscale delle divergenze nascenti in capo alla conferente

1) Necessità (civilistica) di effettuare il conferimento a saldi chiusi

L’operazione di conferimento è, dal punto di vista civilistico, un’operazione realizzativa e in quanto tale nella generalità dei casi avviene invece a saldi chiusi sia per i soggetti che redigono il bilancio secondo i principi contabili nazionali, sia per quelli che adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS (Cfr. l’Assonime nella Circ. 51 del 12 settembre 2008).

Va anche detto che per i soggetti che adottano i principi contabili nazionali, in dottrina si discute se, ai fini civilistici, la società conferitaria debba contabilizzare i beni sempre a saldi chiusi, in conformità alla natura di atto di trasferimento di beni ovvero anche a saldi aperti (in continuità di valori, come in sede fiscale) nella particolare ipotesi in cui l’azienda venga presa in carico dalla società conferitaria agli stessi valori iniziali del soggetto conferente. Si tratta di una questione aperta con alterne posizioni interpretative.

Con riguardo ai soggetti che applicano gli IAS/IFRS, l’operazione di conferimento viene contabilizzata dal soggetto conferitario a saldi chiusi qualora l’azienda ricevuta sia oggetto di acquisizione nell’ambito di una business combination. In questa ipotesi, cioè, i beni dell’azienda ricevuta sono iscritti in bilancio al rispettivo fair value e l’eventuale eccedenza tra il fair value delle partecipazioni emesse per acquisire tali beni e il loro valore complessivo netto è imputata ad una voce di avviamento (se positiva) o come componente positiva di natura straordinaria (se negativa), in applicazione dell’IFRS 3. La neutralità dell’operazione implica che quest’ultima componente, anche se imputata a conto economico non debba concorrere alla formazione dell’imponibile.Se invece si tratta di operazioni di conferimento infragruppo prive di un significativo impatto sui flussi di cassa (cd. business combination under common control), secondo l’opinione dell’Assirevi (OPI n. 1) – non potendosi applicare l’IFRS 3 – dovrebbe essere adottato un criterio di rappresentazione contabile ispirato alla continuità, rilevando le attività e le passività a saldi aperti. In quest’ottica, il soggetto conferente dovrebbe imputare il maggior valore di apporto dell’azienda ad una apposita riserva patrimoniale, mentre il soggetto conferitario dovrebbe imputare la differenza tra valori storici e valori di trasferimento dell’azienda ricevuta ad una riserva negativa del patrimonio netto. Al limite, secondo l’Assirevi, sarebbe possibile applicare il principio di continuità assumendo in luogo del costo storico dell’azienda, quello eventualmente risultante dal bilancio consolidato della capogruppo che controlla entrambi i soggetti che prendono parte all’operazione. In dottrina, la tesi fin qui descritta ha sollevato talune perplessità. E’ stato, in particolare, osservato che sarebbe difficile conciliare l’impostazione anzidetta con la ricostruzione civilistica dell’operazione che vede il conferimento quale atto di trasferimento tra soggetti giuridicamente distinti (cui peraltro possono partecipare diversi soci di minoranza), nonché con le norme di diritto societario in base alle quali i maggiori valori di apporto dovrebbero consentire di sottoscrivere un aumento di capitale piuttosto che concorrere ad una riduzione del patrimonio netto. E’ stato altresì messo in rilievo che la tesi anzidetta, a ben vedere, non sembra trovare pieno conforto negli stessi principi sistematici desumibili dagli IAS/IFRS. In generale, infatti, i principi contabili internazionali dispongono che l’acquisizione di un bene debba essere rilevata iscrivendo tale bene al fair value del suo corrispettivo costituito dalle partecipazioni emesse (cfr. IFRS 2, IAS 27, IAS 39 e IAS 32). Rispetto a questa regola generale l’IFRS 3 costituisce una deroga nel senso di consentire l’iscrizione delle aziende acquisite al fair value dei beni che le compongono ed imputando l’eccedenza del costo di acquisizione ad avviamento. In altri termini, l’IFRS 3, a differenza degli altri principi contabili, consente di iscrivere i beni al loro fair value anche se superiore al loro costo complessivo di acquisizione (fair value delle partecipazioni). Se così è le operazioni di conferimento di azienda under common control, pur non potendo ricondursi alla deroga contenuta nell’IFRS 3, dovrebbero comunque poter essere rappresentate secondo la regola generale, ossia con iscrizione dell’azienda al fair value delle partecipazioni emesse per acquisirla. In quest’ottica, dunque, anche i conferimenti che costituiscono operazioni di mera riorganizzazione, dovrebbero essere contabilizzate a saldi chiusi e non in regime di continuità. In altri

termini, in base a questa diversa ricostruzione, partendo dal presupposto che i principi contabili internazionali sono tesi a regolare, in prima battuta, i bilanci consolidati e che in quest’ottica ben si spiega che l’IFRS 3 si riferisca al passaggio del controllo fra società indipendenti (e non fra società appartenenti al medesimo gruppo), la rappresentazione in continuità delle operazioni under common control dovrebbe logicamente trovare spazio solo nel bilancio consolidato e non anche nel bilancio separato di ciascuna delle società aggregate.

2) Possibilità (civilistica) di non far emergere plusvalenze

Secondo la giurisprudenza è ammesso civilisticamente, dare corso al conferimento emettendo azioni o quote a un prezzo inferiore al valore effettivo dei beni ricevuti in apporto è ammessa dal Codice civile (Cfr. per tutti, Tribunale di Milano, 15 ottobre 1987; Abi, circolari 7 agosto 1990, n. 43, pag. 14 e 30 marzo 1998, n. 7, pag. 19, nota 25). In particolare nell'ottica del Codice civile, il valore normale dei beni costituisce solo il limite massimo dell'aumento del capitale sociale a fronte dei conferimenti in natura. Tanto, è agevolmente ricavabile,tra l'altro, sia dalla disciplina ordinaria (articoli 2343 e 2465 del Codice civile), sia dalla circostanza che, in base all'articolo 2343 quater, gli amministratori devono attestare per i conferimenti senza perizia che il valore attribuito ai beni «è almeno pari» a quello corrispondente all'aumento di capitale sociale. Nulla vieta, quindi, che, in particolare nelle società non Ias, le parti possano decidere, a fronte di un valore di mercato dei beni, per esempio, stimato pari a 1.000, di eseguire il conferimento per 900 (come pure di aumentare il capitale sociale di 800 e attribuire a riserva la differenza di 200).

Massime dei Notai del Triveneto in tema di conferimenti S.p.a H.A.8 – S.r.l. I.A.8: I conferimenti in natura possono avvenire anche per un valore nominale delle azioni con essi liberate, comprensivo del sovrapprezzo, inferiore a quello reale dei beni conferiti.

E’ sottinteso che quanto appena detto assume rilevanza pratica nell’ambito di operazioni di riorganizzazione societaria che prevedono, per la realizzazione, anche operazioni di conferimento (quindi, sostanzialmente in caso di conferimento di aziende o di partecipazioni in una società di nuova costituzione ovvero in una società (già) controllata). In caso, viceversa, di operazioni di conferimento anche nella sostanza realizzative, nel senso che interessano terze economie, è nell’interesse delle parti fare emergere le plusvalenze latenti .

3) Necessità (civilistica) dell’iscrizione della plusvalenza in capo alla conferente e della disponibilità (civilistica) della riserva nascente

Quanto all’iscrizione in bilancio dell’eventuale plusvalenza, va rilevato che l’operazione di conferimento è un’operazione (dal punto di vista civilistico) realizzativa; ne consegue che nel bilancio dell’esercizio in cui il conferimento viene effettuato va rilevata la plusvalenza nascente dall’operazione. E’ questione controversa se ciò valga anche in caso di conferimento di aziende o di partecipazioni in una società di nuova costituzione ovvero in una società (già) controllata; in tal caso si tratta di proventi che hanno origine all'interno di un gruppo con la conseguenza che si pone il problema di chiarire se gli stessi possano essere considerati "utili realizzati" e possano, conseguentemente, essere imputati a conto economico (Cfr. La plusvalenza partecipa all’utile, F. Rossi Ragazzi, Il Sole 24 Ore, 13 agosto 2007).

Sul punto anche la Consob (comunicazione 94004211/94), ha ampiamente condiviso la rilevanza attribuita in sede di determinazione del risultato d'esercizio della plusvalenza da conferimento in una società controllata «ancorché abbia avuto origine all'interno del gruppo … in ossequio al principio dell'alterità dei soggetti giuridici, ma a condizione che l'operazione non sia manifestamente artificiosa (…) ». Il che significa che questo principio non è applicabile in presenza di operazioni prive di valide ragioni economiche e finalizzate esclusivamente alla "realizzazione" di plusvalori da destinare alla copertura di perdite di bilancio.

A ciò si aggiunga che anche la terminologia adottata dal legislatore ai fini del bilancio consolidato conferma quanto ora affermato laddove, nel dettare i principi di consolidamento (articolo 31 del Dlgs 127/91), dopo aver espressamente previsto che «i proventi e gli oneri delle imprese incluse nel consolidamento sono ripresi integralmente», dispone che «sono invece eliminati (...) i proventi e gli oneri relativi ad operazioni effettuate tra le imprese medesime». E poiché il punto di partenza per la redazione del bilancio consolidato sono i bilanci d'esercizio delle singole società comprese nell'area di consolidamento, appare evidente come, nel riferirsi alla "eliminazione" di proventi e oneri, il legislatore lasci chiaramente intendere che si tratta di elementi reddituali che hanno legittimamente trovato rilevazione nel bilancio d'esercizio delle singole società.

Peraltro, ai fini del bilancio consolidato, gli "utili interni" (derivanti da operazioni poste in essere con le società del gruppo) debbono essere eliminati non perché privi del requisito del "realizzo", bensì in quanto non sono rappresentativi degli utili conseguiti dal gruppo che il bilancio consolidato deve esprimere.

In senso conforme si è anche espressa l'Assirevi, nel documento di ricerca approvato dalla Commissione tecnica il 12 gennaio 1998, laddove, in merito al trattamento contabile dei conferimenti di aziende, ha precisato che «ai fini civilistici (...) la plusvalenza di cui sopra è realizzata e pertanto va iscritta a conto economico tra i Proventi straordinari...».

Con riguardo alla distribuibilità ai soci della plusvalenza da conferimento si osserva, per compiutezza, che la Consob ha ravvisato semplicemente «l'opportunità che la politica di distribuzione degli utili scaturenti dall'operazione in questione sia il più possibile correlata con la realizzazione finanziaria dei plusvalori», con ciò implicitamente ammettendo che un'eventuale distribuzione degli utili de quibus non può ritenersi illegittima; anche se il principio della prudenza induce a ritenere che gli utili medesimi vengano distribuiti, quanto meno, "in misura parallela" agli ammortamenti effettuati dalla società conferitaria sui beni ricevuti.

E sempre per compiutezza si richiama l'attenzione in ordine alla circostanza che le conclusioni fin qui esposte non sono certamente applicabili ai soggetti che adottano i princìpi contabili internazionali qualora il conferimento non si qualifichi "business combination", vale a dire non si tratti di una "aggregazione aziendale" mediante la quale una sola entità (acquirente) ottiene il controllo di una o più attività aziendali distinte.

4) Iscrizione dell’imposizione differita

Note circ 51-2008 assonime

I principi contabili – sia nazionali (cfr. OIC n. 25) che internazionali (IAS 12) prevedono che in sede di effettuazione di operazioni di aggregazione aziendale fiscalmente neutrali (conferimento di azienda, fusione e scissione) a fronte dei maggiori valori iscritti ai fini civilistici, si rilevino le corrispondenti imposte differite passive.

La differenza temporanea è pari alla differenza tra il valore attribuito ad una attività o ad una passività secondo criteri civilistici ed il valore attribuito a quell'attività o a quella passività ai fini fiscali.

La contabilizzazione avviene attraverso l’ incremento corrispondente del l'importo attivo, purché il valore finale del bene non superi quello effettivo. In pratica si calcola il maggior valore al lordo delle imposte differite, iscrivendolo all'attivo, con un corrispondente fondo imposte nel passivo.

Per quanto riguarda l’avviamento, lo IAS 12 e l’IFRS 3 dispongono che la sua determinazione avvenga considerando, tra le attività e le passività rilevabili a seguito dell’operazione di aggregazione aziendale, anche i valori patrimoniali connessi alla fiscalità differita. Tuttavia, in deroga a questa regola generale, lo IAS 12, par. 21, non consente di iscrivere le imposte differite passive corrispondenti all’avviamento rilevato a seguito di una aggregazione aziendale a motivo del fatto che tale posta è di carattere residuale ed, in particolare, corrisponde all’eccedenza (positiva) tra il fair value delle partecipazioni emesse per realizzare l’acquisizione ed il fair value delle attività e delle passività che compongono l’azienda acquisita. Il principio contabile IAS 12 non permette di contabilizzare le imposte differite passive connesse al goodwill perché in contropartita a tale stanziamento sarebbe richiesta la rilevazione di un incremento dello stesso goodwill che non corrisponderebbe più, in valore assoluto, all’eccedenza tra il fair value del costo dell’acquisizione e il fair value dei beni acquisiti.

5) Eliminazione (civilisitica) dell’imposizione differita a seguito dell’affrancamento

Il documento interpretativo n. 3 del 2009 dell’ Oic dopo aver ricordato che la presenza di un disallineamento tra valori “civilistici” e valori “fiscali” rappresenta una differenza temporanea, che di norma determina la rilevazione di imposte differite passive in sede di contabilizzazione dell’operazione straordinaria. Pertanto, l’affrancamento dei maggiori valori mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva determina l’eliminazione della residua differenza temporanea tassabile comportando lo storno in contropartita del conto economico delle relative imposte differite.

La rilevazione degli effetti dell’eliminazione del fondo imposte differite nel conto economico dell’esercizio, è basata sul presupposto che in ogni caso quel fondo imposte differite avrebbe prodotto i propri effetti a conto economico, attraverso l’utilizzo dello stesso in corrispondenza degli ammortamenti del maggior valore attribuito all’immobilizzazione immateriale. Quindi il venir meno della differenza temporanea imponibile che aveva generato il fondo in un’unica soluzione, deve seguire lo stesso trattamento contabile che lo stesso avrebbe subito se la differenza temporanea si riducesse nel corso di più esercizi, fino all’azzeramento. Gli effetti contabili derivanti dall’eliminazione della differenza temporanea sono rilevati a conto economico alla voce E22 – “Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate”, con separata indicazione , ove rilevante, delle relative componenti.

Nelle note al bilancio saranno adeguatamente commentati gli effetti derivanti dall’adesione alla opzione di cui al decreto legge n. 185/2008 distinguendoli da quelli derivanti dalla fiscalità ordinaria.

La decisione dell’impresa di aderire all’affrancamento delle attività immateriali escluso l’avviamento, comporta l’iscrizione di un costo nell’esercizio in cui questa decisione è presa. Infatti, coerentemente con quanto già previsto per l’utilizzo del Fondo imposte differite, si può ritenere che a fronte del beneficio espresso nel conto economico per il venir meno della differenza temporanea sulle immobilizzazioni immateriali, l’impresa sostiene un costo – pari al debito tributario per la sostitutiva – che mitiga tale beneficio. Per effetto di questo trattamento contabile l’impresa rileva a conto economico nella voce E22 il costo relativo all’affrancamento.

Quanto appena detto non vale per l’avviamento. Per tale posta, in caso di fusioni, l’OIC 4, stabilisce che l’avviamento, laddove esso esista, è rilevato come posta residuale successivamente all’imputazione del disavanzo di fusione agli elementi dell’attivo o del passivo. E’ questa l’impostazione espressamente disciplinata dallo IAS 12 che prevede e motiva l’eccezione in merito all’iscrizione di differite passive “in quanto l’avviamento è valutato come valore residuo e la rilevazione della passività fiscale differita ne incrementerebbe il valore contabile”. Tale trattamento contabile risulta coerentemente applicabile anche alla disciplina italiana, in operazioni di conferimento o scissione oltre che per le fusioni.

In assenza di un fondo imposte differite sull’avviamento, non è possibile rilevare immediatamente in bilancio il beneficio fiscale conseguente all’adesione al regime fiscale dell’affrancamento dell’avviamento. Pertanto, a fronte dell’iscrizione del debito tributario per il pagamento della sostitutiva, il documento interpretativo 3/2009 dell’Oic non ritiene necessario imputare immediatamente a conto economico l’intero ammontare della sostitutiva, in quanto, a differenza di quanto previsto per le altre poste, viene meno il contemporaneo rilascio a conto economico del fondo imposte differite, e la relativa correlazione con il futuro beneficio fiscale. Da qui la conseguente possibilità di differimento dell’onere connesso con il debito dell’imposta sostitutiva.

Nella fattispecie dell’affrancamento dell’avviamento, - che secondo la disciplina nazionale va ammortizzato nel bilancio d’esercizio - l’imposta sostitutiva assume il connotato di anticipazione di future imposte correnti recuperabili in più esercizi.

Si tratta di un costo sostenuto nell’esercizio, i cui benefici saranno rilevati contabilmente dall’impresa solo negli esercizi futuri attraverso la deducibilità fiscale totale o parziale degli ammortamenti dell’avviamento. L’iscrizione di tale anticipazione di imposte correnti future è rilevata nella voce II – Crediti, 4 ter) imposte anticipate dello stato patrimoniale, con separata indicazione degli effetti legati a tale disposizione. Inoltre, sarà fornita nella nota integrativa l’informativa necessaria indicata nell’OIC 25.

Tenuto conto che i benefici economici attesi dall’attività iscritta in bilancio si manifesteranno attraverso la deducibilità per intero o in parte dell’ammortamento dell’avviamento alla data d’iscrizione dell’anticipazione di future imposte correnti e ad ogni successiva chiusura contabile, sarà necessario verificare la recuperabilità dell’attività iscritta conformemente a quanto già previsto dall’OIC 25 in tema di attività per imposte anticipate: “L'ammontare delle imposte anticipate iscritto in bilancio è rivisto ogni anno in quanto occorre verificare se continua a sussistere la ragionevole certezza di conseguire in futuro redditi imponibili fiscali e quindi la possibilità di recuperare l'intero importo delle imposte anticipate”.

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