RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO A VALORE DELLA PRODUZIONE E VALORE AGGIUNTO

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ARTICOLO - Pubblicato il: 17 marzo 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

 

Attraverso tale riclassificazione è possibile evidenziare tre indicatori fondamentali relativi all’attività operativa, vale a dire:

 

-               il valore della produzione;

-               il valore aggiunto;

-               il margine operativo lordo.

Lo schema è il seguente:

CONTO ECONOMICO A VALORE DELLA PRODUZIONE E VALORE AGGIUNTO

Valore della produzione

+ Ricavi delle vendite e delle prestazioni (al netto delle relative rettifiche);

+ variazione del magazzino prodotti in corso di lavorazione, semilavorati eprodotti finiti;

+ variazione di lavori in corso su ordinazione

+ incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;

-                 Acquisti di prodotti finiti destinati alla commercializzazione

- acquisti dell’esercizio

- variazione magazzino materie prime, sussidiarie di consumo e merci

- spese generali

= Valore aggiunto

- costo del personale

= margine operativo lordo (M.O.L.)

- Ammortamenti e accantonamenti

= Reddito operativo

+ o - risultato della gestione finanziaria

+ o - risultato della gestione accessoria

+ o - risultato della gestione straordinaria

= Reddito Ante Imposte

- Gestione fiscale

= Reddito Netto

Le singole categorie di voci sono composte, ricordando lo schema di cui all’at 2425 del codice civile, nel modo seguente:

Valore della produzione

E’ dato da:

+       +Ricavi delle vendite e delle prestazioni (al netto delle relative rettifiche);

+       +variazione del magazzino prodotti in corso di lavorazione, semilavorati eprodotti finiti;

+       +variazione di lavori in corso su ordinazione

+incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;

- Acquisti di prodotti finiti destinati alla commercializzazione.

Tale valore è quindi calcolato in modo analogo a quanto esposto nello schema civilistico di conto economico, ad eccezione della voce relativa ad altri ricavi e proventi, che come sopra evidenziato finisce con il confluire nella gestione accessoria ed eventualmente in quella straordinaria ed inoltre della componente di acquisti di beni destinati direttamente alla commercializzazione (in pratica è necessario isolare, all’interno della voce relativa agli acquisti, questa componente, in modo che sia possibile portarla in diretta diminuzione del valore della produzione).

~       Il valore della produzione è di notevole importanza per l’impresa. Esso indica, meglio del fatturato, quanto essa ha lavorato e prodotto: in effetti il fatturato potrebbe essere artificiosamente elevato da una componente di mera “commercializzazione” di prodotti finiti (tipico caso dell’impresa che si trova talvolta a “trattare” partite di merce senza che le sia richiesto di intervenire nella trasformazione), ovvero contenuto in quei periodi in cui si è lavorato per il magazzino, sfruttando magari momenti favorevoli per quanto attiene l’approvvigionamento di materia prima e la successiva vendita sul mercato. Con ciò non si vuole sminuire l’enorme portata segnaletica ed informativa del fatturato, che rappresenta, unitamente al reddito, un elemento di grande attenzione da parte dell’analista: semplicemente si vuole ricordare che in certi casi tale contenuto informativo è notevolmente ridotto o addirittura fuorviante.

Ovviamente una produzione elevata in periodi di fatturato decrescente deve opportunamente destare l’attenzione dell’analista, chiamato a riconoscere i motivi sottostanti a tale situazione, che potrebbero ad esempio essere sintomatici di una chiara difficoltà dell’impresa sul mercato di sbocco delle merci (per cui la produzione “per il magazzino” è di fatto una produzione “forzata”) ovvero della capacità di sfruttare le già citate favorevoli condizioni di approvvigionamento. Il valore della produzione assume notevole e diverso significato a seconda del tipo di impresa oggetto di analisi.

Nelle imprese industriali la produzione è determinata in parte da beni venduti, valorizzati in base ai prezzi di vendita, e in altra parte da beni in giacenza e da costruzioni interne, valorizzati in base ai costi di produzione: si crea pertanto una commistione tra elementi espressi secondo diversi criteri di valorizzazione, e pertanto si avrà:

-                    una stima prudenziale del valore della produzione ogni volta che i processi produttivi hanno alimentato il magazzino di prodotti finiti

-                    una stima meno prudenziale qualora si sia proceduto allo smantellamento del magazzino esistente all’inizio del periodo, non procedendo ad una sua

Nelle imprese commerciali dove non si realizza un processo di trasformazione, la produzione corrisponde semplicemente alla differenza fra il fatturato e il costo delle merci vendute. In questo tipo di imprese il significato della produzione è assai elevato, rappresentando il primo importante margine di redditività.

Acquisti dell’esercizio

In questa voce sono accolti gli acquisti di materie prime, sussidiarie di consumo e merci (con evidente eccezione di quelle destinate alla commercializzazione), ad espressione dell’incidenza del costo della materia prima.

Variazione magazzino materie prime, sussidiarie di consumo e merci

Deve essere indicata la variazione del magazzino materie prime, sussidiarie di consumo e merci, necessaria affinché sia possibile, unitamente alla voce precedente relativa agli acquisti, valutare l’incidenza del costo della materia prima nel processo di trasformazione. In tale componente possono riscontrarsi vistosi fenomeni legati alla stagionali, nel caso in cui gli acquisti non possano essere adeguati con immediatezza alle esigenze del ciclo produttivo spese generali: accolgono tutti gli altri oneri della produzione, oltre all’acquisto della materia prima, sostenuti “all’esterno”, e quindi i costi per servizi, per godimento di beni di terzi e gli oneri diversi di gestione.

VALORE AGGIUNTO

L’impresa attraverso la propria capacità produttiva trasforma le materie prime e i materiali e servizi acquistati all’esterno in prodotti/servizi vendibili sul mercato o utilizzabili all’interno; la differenza tra il valore della produzione e i costi a tal fine sostenuti costituisce il valore che l’impresa aggiunge a detti prodotti e/o servizi, appunto definito valore aggiunto. La sua adeguatezza si misura nella capacità di remunerare i fattori produttivi seguenti, vale a dire in primis il lavoro incorporato nei prodotti, espresso dal costo del lavoro nella sua globalità, quello del capitale immobilizzato per il tramite degli ammortamenti, quello del capitale di terzi espresso dagli oneri finanziari e quello del capitale proprio attraverso il reddito netto.

Solitamente l’analisi del valore aggiunto diventa rilevante anche ai fini della valutazione del grado di integrazione verticale dell’impresa, perché è presumibile che ad elevati gradi di integrazione verticale si accompagnino elevati livelli di valore aggiunto (l’impresa integrata svolge all’interno la maggior parte della lavorazione, sfrattando il differenziale tra produzione e costi di approvvigionamento per fare fronte a notevoli costi del lavoro e ammortamenti; al contrario, un minor livello di valore aggiunto esprime in genere, a parità di altre condizioni, un minor grado di integrazione verticale, poiché l’impresa decide in questo caso di fare ricorso a produzioni esterne; tale scelta sarà evidentemente dettata dalla prospettiva di risparmiare, in termini di costo del lavoro e ammortamenti, quanto inevitabilmente si perde a livello di valore aggiunto), e pertanto tale indicatore diventa spesso di grande importanza anche ai fini della valutazione della politica industriale per l’impresa ovvero per il settore di appartenènza. Il valore aggiunto è elevato ogni volta che il margine sui costi di acquisto è elevato: l’analisi delle componenti successive permette di valutare se l’ampiezza di tale margine è dovuta ad un notevole ricorso al fattore lavoro o al fattore capitale, o non sia invece semplicemente sintomo della capacità dell’impresa di occupare spazi competitivi di grande interesse economico, ad esempio applicando forti maggiorazioni di prezzo grazie alla notorietà dei marchi disponibili.

Costo del lavoro

In questa voce vengono accolti tutti gli oneri relativi al costo del personale e quindi salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili e gli altri costi; si noti che gli accantonamenti al fondo TFR vengono qui inseriti benché nello schema sia evidenziata la voce ammortamenti e accantonamenti in modo separato; ciò è dovuto alla necessità di evidenziare il costo del lavoro nel suo valore complessivo, a prescindere dalla monetarietà immediata ovvero differita degli oneri relativi.

MARGINE OPERATIVO LORDO

da un punto di vista economico esso esprime la redditività dell’impresa a prescindere dagli ammortamenti e accantonamenti effettuati, sulla cui definizione possono essere di forte impatto sulle scelte adottate in sede di stesura del bilancio d’esercizio (a questo riguardo va segnalato che in molti casi si sostiene che gli accantonamenti dovrebbero essere imputati prima del MOL, che quindi sarebbe espressione del reddito operativo al lordo dei soli ammortamenti; in questa sede, per i motivi che sarà facile individuare di seguito, si ritiene più utile operare compatendo le voci relative ad ammortamenti e accantonamenti).

Il MOL ha però anche un importante significato dal punto di vista finanziario, ed è definibile come un “quasi” flusso di cassa. Esso infatti esprime la differenza tra i ricavi e i costi operativi in gran parte di natura monetaria, anche se la reale consistenza monetaria del MOL finisce con l’essere pesantemente influenzata dalle politiche di incasso-pagamento e gestione delle scorte adottate (che determinano il naturale sfasamento tra cosi di acquisto e pagamenti da un lato e i ricavi di vendita e incassi dall’altro) nonché dalla presenza di componenti non monetarie, quali ad esempio gli accantonamenti al TFR o gli incrementi di immobilizzazioni per lavori interni. Ovviamente poi, la “distanza” tra il MOL e il reale flusso monetario complessivo sarà tanto maggiore quanto più intensi sono stati gli altri interventi di investimento/disinvestimento e raccolta e rimborso di capitale e, in genere, tutte le scelte di natura extra-operativa.

Ammortamenti e accantonamenti

Vengono inserite le voci relative a ammortamenti e svalutazioni (e quindi anche le svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide), gli accantonamenti per rischi e gli altri accantonamenti. Si tratta di voci sulle quali l’influenza delle politiche di bilancia è spesso marcata: ciò giustifica ulteriormente l’individuazione di un indicatore di redditività operativa, il MOL appunto, che ne prescinde completamente.

E’ opportuno sottolineare alcuni tratti caratteristici degli ammortamenti:

-        essendo computati sui valori storici d’acquisto la dinamica monetaria ne svilisce progressivamente il valore;

-        sebbene un bene sia stato completamente ammortizzato può comunque mantenere una sua utilità e partecipare al processo produttivo pur senza essere più ammortizzato nel conto economico;

-        benché siano stati elaborati molteplici criteri per il calcolo delle quote di ammortamento, non esiste un metodo che sia oggettivamente esatto; ne consegue che nel calcolo degli ammortamenti entra sempre una grossa componente di discrezionalità;

-        il valore degli ammortamenti dovrebbe riflettere da un lato la perdita di valore subita dalle immobilizzazioni per effetto dei processi congiunti di obsolescenza e senescenza, dall’altro la possibilità di ricostruire la capacità finanziaria per fare fronte ai nuovi investimenti; in realtà, il valore iscritto in bilancia riprende spesso semplicemente quanto definito e ammesso dalla normativa fiscale (e questo svilisce ulteriormente l’analisi portandola a semplificazioni talvolta fuorvianti).

Per quanto attiene i valori di reddito operativo, gestione finanziaria, accessoria, straordinaria e delle imposte sul reddito valgono le considerazioni sviluppate in precedenza riguardo l’altro modello di riclassificazione.

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