LE MEMORIE DISATTESE E LA MANCANZA DI MOTIVAZIONE

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ARTICOLO - Pubblicato il: 25 agosto 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

 

La necessità che la motivazione dell'atto rechi, ineludibilmente, le ragioni per le quali l'ufficio titolare del potere di accertamento non ha ritenuto meritevoli di accoglimento, né in toto né in parte, quanto addotto dal contribuente trova fondamento nel fatto che, diversamente, l'atto è tacciabile senza dubbio di nullità insanabile per difetto di motivazione, e ciò anche nel caso in cui l'ufficio procedente si limita all'evidenza della classica "clausola di stile" quale, ad esempio, «vista la memoria illustrativa ex art. 12, comma 7, Legge 212/2000 presentata dalla Parte il .....”.

Sul punto si è già avuto modo di richiamare sia la Cass., 7 ottobre 1987, n. 7495 sia la Corte costituzionale ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 (in merito si veda quanto detto trattando di termine di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso d’accertamento).

In particolare è opportuno rammentare la previsione dell'articolo 12, comma 7, e dunque la facoltà del contribuente di produrre la memoria dopo la consegna del processo verbale di constatazione, sia qualificabile come una forma di contraddittorio precontenzioso, che richiama quello previsto dall'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo che, in tema di sanzioni amministrative, prevede che entro 30 giorni dalla contestazione della violazione (e prima dell'emanazione dell'atto amministrativo che recepisce le risultanze della contestazione medesima) l'interessato può depositare scritti difensivi o documenti. La Corte di Cassazione, in relazione all'art. 18 appena citato, ha fatto notare che l'irrogazione della sanzione prima del decorso di tale termine comporta la nullità insanabile dell'ordinanza ingiunzione che «ratifica» le contestazioni contenute nel verbale (Cass., 7 ottobre 1987, n. 7495).

In questo solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, mutatis mutandis, si inserisce anche la giurisprudenza di merito che ha avuto modo di affermare come la mancata specifica valutazione delle deduzioni difensive del contribuente travolga la legittimità dell'avviso di accertamento (Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sez. I, Sentenza 20 aprile 2009, n. 233).

A supporto di tale conclusione è opportuno richiamare la giurisprudenza che si è sviluppata in relazione al citato art. 18 della legge n. 689/1981, atteso che, in effetti, il meccanismo procedurale alla base dell'art. 18 e dell'art. 12 della legge n. 212/2000 è lo stesso: redazione del verbale, presentazione di scritti difensivi, valutazione degli stessi da parte dell'organo competente, emanazione del provvedimento (sia esso avviso di accertamento od ordinanza-ingiunzione di pagamento) modificativo della sfera giuridica del destinatario.

Ecco allora che sembra pertinente richiamare quanto precisato dalla Suprema Corte di Cassazione in relazione all'art. 18: «l'autorità amministrativa(…) ha il dovere sia di sentire gli interessati che ne abbiano fatto richiesta, sia di esaminare il contenuto della memoria difensiva, se essi hanno esercitato la facoltà difensiva anche nella forma scritta. (…) L'inosservanza dei doveri correlati all'esercizio delle facoltà difensive dell'interessato costituisce un vizio del procedimento amministrativo predisposto dalla legge per l'esercizio della potestà sanzionatoria, con la conseguente illegittimità (per violazione di legge) della ordinanza-ingiunzione che ha applicato la sanzione amministrativa» (Cass. 17 settembre 1992, n. 10658).

Del resto, anche in ambito tributario il fatto che nell'avviso di accertamento si debba dar conto dell'iter logico-giuridico seguito per "rigettare", in tutto o in parte, gli elementi addotti dal contribuente è oramai un principio consolidato e non solo sotto il profilo del rispetto del diritto di difesa.

Anzi, la conclusione della Cassazione circa l'illegittimità dell'atto emanato in violazione della norma appare ancora più corretta nel caso dello Statuto del contribuente. Mentre, infatti, l'art. 18 della legge n. 689/1981 richiede che gli scritti difensivi siano “esaminati” , l'art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 impone che le osservazioni difensive vengano «valutate» da parte dell'Ufficio competente. «Valutazione» non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive rispetto ai rilievi del processo verbale di constatazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l'Ufficio a non accogliere le doglianze del contribuente, sì che deve ritenersi emesso in violazione di legge anche l'avviso di accertamento oggetto di impugnazione che si è limitato, come detto, a formulare una classica "clausola di stile", semplicemente a menzionare - senza, appunto, valutare - le osservazioni difensive. In definitiva, l'obbligo di valutazione delle osservazioni difensive presentate dal contribuente costituisce una forma di integrazione e completamento dell'obbligo di motivazione previsto dall'art. 7 della legge n. 212/2000.

Se quindi le osservazioni e le richieste del contribuente non vengono prese in considerazione e “specificamente valutate dall'Ufficio, prima della confezione dell'avviso di accertamento e se in questo non ne fosse fatto analitico riferimento” anche secondo autorevole Dottrina «si verterebbe evidentemente in un difetto di motivazione dell'atto che ne sancirebbe l’illegittimità» (Nanula, Le osservazioni e richieste del contribuente dopo la chiusura della verifica fiscale, in il fisco, 2004, pag. 1401).

Pertanto, seppure non sia attualmente pacifico il dibattito riguardo l'applicabilità in ambito tributario dello schema della cosiddetta "illegittimità derivata” , caratterizzante la categoria del procedimento amministrativo cui appartiene anche la sequenza accertativa tributaria, a me sembra che cui laddove vengano a determinarsi lesioni di posizioni giuridiche soggettive qualificate del contribuente e violazioni alle disposizioni poste a presidio del buon andamento e del regolare svolgimento del procedimento tributario, non può che derivare una declaratoria di illegittimità dell'atto fondato sulle risultanze di tali elementi.

Peraltro, sulla centralità del contraddittorio cosiddetto endoprocedimentale, di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affrontando il tema della valenza probatoria di. parametri accettativi e studi di settore, hanno affermato come «il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di una espressa revisione normativa) del giusto procedimento che legittima l'azione amministrativa (in questo caso vedi Casa. n. 2816 del 2008, sulla base di argomentazioni che il collegio condivide e conferma)» per cui «la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai parametri ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quale sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio» (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 10 dicembre 2009, n. 26635).

Pertanto, a fronte di una sanzione di invalidità dell'atto, sposta in via generale dall'articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990, prevista nei casi in cui il provvedimento amministrativo risulti privo di un elemento essenziale quale la motivazione, è pressoché automatico far derivare la nullità dello stesso in ragione dell'espressa sanzione prevista sia nell'articolo 42, secondo e terzo comma, del Dpr n. 600/1973 sia nell'articolo 56, quinto comma, del Dpr n. 633 del 1972, per quanto rispettivamente attiene all'ambito della imposi dirette e dell'Iva.

In merito si veda anche quanto detto trattando del decorso del termine di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso d’accertamento.

CASO: IIlegittimo l’accertamento che non tiene conto delle osservazioni del contribuente.

All'assenza di valutazione da parte degli uffici delle osservazioni del contribuente è equiparabile il rigetto delle stesse con clausole di mero stile e, cioè, con formule di rito che formalmente fanno riferimento alle memorie difensive ma che, nella sostanza, evitano all'ufficio di confrontarsi nel merito delle osservazioni formulate dal contribuente. È il caso, ad esempio, della generica espressione «Le osservazioni non sono condivisibili e le richieste avanzate non possono essere accolte in quanto non sono suffragate da idonea documentazione» (Ctr Lombardia, Sez. I, sentenza 27 giugno 2014, n. 3467).

L'ufficio, quindi, non può eludere il confronto e nulla dire in merito alle specifiche eccezioni della parte ricorrente le quali possono assumere significato dirimente agli effetti della controversia. In caso contrario, il diritto di difesa del contribuente sarebbe totalmente privo di significato, come se la norma non esistesse; è evidente, infatti, che non avrebbe senso disciplinare una forma di partecipazione del contribuente se poi l'amministrazione potesse tranquillamente ignorare le osservazioni dello stesso. E la forma di partecipazione prevista dallo Statuto ha tutti i connotati del contraddittorio in quanto va osservato che il contribuente può non solo presentare osservazioni ma anche fare richieste; si tratta, nel secondo caso, di una forma sostanziale di interlocuzione che garantisce il contribuente ma che consente, allo stesso tempo, all'amministrazione finanziaria di migliorare l'esercizio della potestà impositiva attraverso un vaglio critico delle ragioni dei contribuenti.

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