LA TASSAZIONE IN CAPO AL SOCIO IN CASO DI ASSEGNAZIONE: IL PROBLEMA DEL SOTTOZERO
ARTICOLO - Pubblicato il: 1 luglio 2016 - Da: G. Manzana E. Iori
La tassazione (società e socio) previste dalla norma e commentate dall’Agenzia nella Cir. 26/E/2016 è in linea con quella delle precedente assegnazione (e già oggetto di interpretazione dell’Agenzia nella Cir. 40/E/2002 par. 1.4.3 e seguenti).
I ragionamenti e le esemplificazioni fornite ruotano attorno a due concetti principali:
- la società applica l’imposta sostitutiva su un ammontare dato dalla differenza tra il valore dell’immobile (normale o catastale) assunto come riferimento e il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato. Questo ammontare è fiscalmente neutrale per il socio, e ciò si ottiene attraverso l’incremento, per un pari importo, del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.La circostanza che è stata pagata una imposta sostitutiva (e quindi definitiva) dalla società ha infatti indotto l’agenzia delle Entrate a ritenere che nel limite dell’imponibile su cui è stata versata l’imposta sostitutiva non si abbia alcuna altra tassazione in capo al socio.
- l’eccedenza rispetto al valore (pari, sostanzialmente al costo fiscalmente riconosciuto del bene presso la società), se esiste, costituisce potenzialmente materia imponibile per il socio.
La tassazione in capo al socio
Per comprendere se e in che modo è tassato il socio occorre considerare quali sono le riserve che con l’assegnazione vengono annullate.
Se sono riserve di utili, l’assegnazione comporta una tassazione quale riserve di utili.
Se sono riserve di capitali, l’assegnazione, prima facie, non comporta tassazione in capo al socio andando a ridurre il fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Il caso del sottozero
Qualora però la restituzione (assegnazione) ecceda il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, tale differenza è tassabile in capo al socio e è da tassarsi quale utile.
Tale principio, riportato nella Cir. 26/E/2016 par. 6, è stato espressamente previsto dall’Agenzia delle entrate anche nella Cir. di commento alla riforma fiscale. Al par. 3.1 della Cir. 26/E/2004 a commento dell’art. 47, co.3 del Tuir viene previsto che” l’eventuale somma (o valore dei beni) ricevuta dal socio eccedente il costo fiscale della partecipazione si qualifica come utile, trattandosi di un reddito derivante dall’impiego di capitale e non derivante da un evento realizzativo della partecipazione inquadrabile come tale tra le fattispecie che danno luogo a redditi diversi di natura finanziaria”.
Il costo fiscale della partecipazione
In caso di distribuzione di riserve di capitali, particolare rilevanza viene quindi ad assumere il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, il cui onere di quantificazione incombe sul contribuente (art. 68, co. 5, 7 periodo).
In base all’art. 68, co. 6 del Tuir è il costo ovvero il valore d’acquisto, aumentato di ogni onere inerente alla sua produzione (bolli e altre imposte indirette, commissioni, spese notarili, ecc), con l’esclusione degli interessi passivi.
Deve intendersi comprensivo anche dei versamenti in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale, nonché della rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società da parte dei soci o partecipanti.
Ai sensi dell’art. 47, comma 5 del Tuir, sono portati in diminuzione del valore di acquisto le somme ed il valore normale di beni ricevuti dai soci di società soggette all’Ires, a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sovrapprezzi di emissione di azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale o e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta.
Il costo unitario di acquisto di azioni, quote od altre partecipazioni acquisite a seguito di delibere di aumento gratuito di capitale è determinato, per espressa disposizione del predetto comma 6 dell’art. 68 del Tuir, ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni quote o partecipazioni di compendio; vale a dire quelle acquistate prima dell’aumento e quelle acquistate dopo.
Relativamente alle partecipazioni nelle società indicate nell’art. 5 del Tuir, il vigente comma 6 dell’art. 68 del Tuir prevede per tutti i tipi di società personali (ivi comprese quelle immobiliari e finanziarie) che, ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze, il costo o valore d’acquisto debba essere aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e che dal costo si scomputino, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio.
Tale criterio trova applicazione anche in caso di cessione di quote di partecipazione in società che abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale di cui all’ art. 116 del Tuir (in merito si veda il comma 12 dell’art. 115 del Tuir).
Nel caso in cui l’acquisto della partecipazione sia avvenuto tramite donazione, il costo fiscalmente riconosciuto è il costo del donante (art. 68, comma 6, terzo periodo, del Tuir).
Nel caso in cui la partecipazione sia stata ricevuta a seguito di successione mortis causa, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione. Il valore affrancato delle partecipazioni con le varie leggi di affrancamento che si sono susseguite dal 2001 ad oggi non assume rilevanza ai fini dell'assegnazione essendo espressa previsione normativa (art. 5 legge 448/2001) tale valore rileva ai fini della cessione delle partecipazioni (ex art. 67 del Tuir) e non anche ai fini dell'assegnazione.