DISCIPLINA DELLE CONTROLLED FOREIGN COMPANIES - ART. 8 DLGS 147/2015, ART. 176 DEL TUIR_dal 2015
ARTICOLO - Pubblicato il: 10 ottobre 2016 - Da: G. Manzana E. Iori
CONTROLLATE “BLACK LIST” – co. 1, 2 E 3
1. Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un'impresa, di una società o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4, diversi da quelli appartenenti all'Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Tale disposizione si applica anche per le partecipazioni di controllo in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle persone fisiche residenti e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 87, comma 1, lettere a), b) e c)(2).
3. Ai fini della determinazione del limite del controllo di cui al comma 1, si applica l'articolo 2359 del codice civile, in materia di società controllate e società collegate.
INDIVIDUAZIONE DEGLI STATI “BLACK LIST” – co. 4
L’art. 10 del Dlgs 147/2015 abrogato l’art. 168-bis si riporponeva di di individuare i Paesi white list: pertanto, quelli esclusi sarebbero rientrati tra gli Stati o territori a regime fiscale privilegiato. Prevedeva l’individuazione di 2 liste (c.d. “white list”), peraltro mai predisposte, riferite rispettivamente:
- agli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni (co. 1);
- agli Stati che consentono un adeguato scambio d’informazioni e nei quali il livello di tassazione
non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia (co. 2).
L’art. 8, co. 1 del Dlgs147/2015, si occupa di recepire la soppressione (operata dal successivo art. 10) dell’art. 168-bis del Tuir prevedendo che l’individuazione degli Stati “paradisiaci” torna a essere affidata all’art. 167, co. 4 del Tuir.
Con la legge 208/2015 è stata modificata la parte del co. 4 dell’art.167 che prevede che sono considerati privilegiati i regimi fiscali, anche speciali, di Stati nei quali il livello nominale di tassazione è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia. Viene eliminato il riferimento, per l’individuazione del regime fiscale privilegiato, alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni nonché ad “altri criteri equivalenti”.
Quanto al buco normativo lasciato dalla sopressione dell’art. 168-bis, con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 7.10.2015 (in generale, dal 2015), è stabilito che nel caso in cui una norma richiami agli:
- Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni di cui al co. 1 dell’abrogato art. 168-bis, va fatto riferimento alla nuova lett. c) del co. 4 dell’art. 11, D.Lgs. n. 239/96, che demanda al MEF di stabilire, con uno o più Decreti, l’elenco di tali Stati. Finché non sarà individuato detto elenco va fatto riferimento alla lista di cui al DM 4.9.96;
- Stati diversi da quelli che consentono un adeguato scambio d’informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia di cui al co. 2 dell’abrogato art. 168-bis, va fatto riferimento al DM ed al Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate emanati in attuazione dell’art. 167, co. 4, TUIR (lista di cui al DM 21.11.2011, così come aggiornata dal DM 27.4.2015 e, recentemente, dal DM 18.11.2015 che ha espunto Hong Kong dagli Stati “black list”).
Fino al 2015
Il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, nella formulazione vigente fino al 31 dicembre 2015, prevedeva che
- “Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreti del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (...)” nonché
- “Si considerano in ogni caso privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia”.
Per dare attuazione alla modifica normativa il Dm 21 novembre 2001 è stato modificato con:
- Dm 30/3/2015 (entrata in vigore 11/5/2015) che ha abrogato l’articolo 3 del d.m. 21 novembre 2001 (ove erano elencati gli Stati e i territori facenti parte della black list limitatamente a determinati soggetti ed attività) e che ha rimosso dall’articolo 1 della black list tre Stati: Filippine, Malesia e Singapore;
- Dm 18/11/2015 (entrata in vigore 30/11/2015) ha escluso dalla lista Hong Kong
>> Cir. 35/E/2016 p.15Occorre, inoltre, evidenziare che l’articolo 167, comma 1, del TUIR individua espressamente nel momento di “chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato” il termine a decorrere dal quale si rende applicabile la disciplina CFC, attraverso l’imputazione dei redditi conseguiti dal medesimo soggetto estero partecipato ai soggetti residenti che li controllano in proporzione delle partecipazioni detenute. Si ricorda che l’articolo 1, comma 3, del d.m. 21 novembre 2001, n. 429 stabilisce, altresì, che ai fini della verifica della sussistenza del requisito del controllo “rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato”.
Ciò significa che i presupposti di applicazione della disciplina CFC, vale a dire il controllo della partecipata estera e la sua localizzazione in uno Stato a fiscalità privilegiata, vanno verificati di anno in anno, con riferimento alla chiusura dell’esercizio del soggetto controllato estero.
Ne consegue che le controllate con esercizio coincidente con l’anno solare, residenti in uno dei suddetti Stati o territori espunti dalla black list con i citati decreti ministeriali del 30 marzo 2015 e del 18 novembre 2015, si considerano escluse dal d.m. 21 novembre 2001 per l’intero periodo d’imposta 2015.
>> Come accennato, i soggetti residenti o localizzati in Paesi inclusi nel d.m. 21 novembre 2001 non esauriscono l’ambito soggettivo di applicazione dell’articolo 167 del TUIR.
Infatti, a prescindere dall’inclusione nel d.m. 21 novembre 2001 (unica lista, ad oggi, emanata ai fini della CFC rule), il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR stabilisce che deve considerarsi “in ogni caso” privilegiato un regime speciale che determini un livello di imposizione inferiore di oltre il 50 per cento rispetto a quello applicato in Italia, nonostante l’aliquota ordinaria dello Stato o territorio sia superiore alla metà di quella italiana.
Da quanto precede, risulta che, in relazione all’esercizio 2015, è onere del socio residente in Italia verificare se, indipendentemente dalla presenza nella black list del Paese interessato, l’entità controllata sia localizzata in uno Stato o territorio dove è assoggettata a un regime fiscale speciale nel senso prima chiarito.
Periodo | Fino al 31 dicembre 2014 | Dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 | Dal 1° gennaio 2016 in poi |
Criterio di individuazione dei regimi fiscali privilegiati |
Inclusione nel D.M. 21 novembre 2001 (black list) |
Inclusione nel D.M. 21 novembre 2001*; Regime speciale che preveda un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia Esclusione dei Paesi UE e SEE |
Livello nominale di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia; Regimi speciali; Esclusione dei Paesi UE e SEE |
* come modificato dal d.m. 30 marzo 2015 e dal d.m. 18 novembre 2015
Dal 2016
Il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, nella formulazione vigente dal 2016, prevede che “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”.
Cir. 35/E/2016 p.15In sostanza, con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016, a partire dal 1° gennaio 2016 si considerano privilegiati:
a) i regimi in cui “il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”;
b) i regimi “speciali”.
Cir. 35/E/2016 p.15 La legge di stabilità 2016, intervenendo sull’articolo 167, comma 1, del TUIR ha escluso espressamente dalla nozione di “Stati o territori a regime fiscale privilegiato” gli Stati appartenenti all'Unione europea ovvero quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni.
Al riguardo, si precisa che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in commento, tra i Paesi SEE trasparenti, oltre all’Islanda e alla Norvegia, può essere incluso anche il Liechtenstein.
>>Cir. 35/E/2016 p.16 Gli Stati membri dell’Unione europea e gli Stati SEE possono essere, comunque, coinvolti dall’applicazione della CFC rule in virtù del comma 8-bis del TUIR, al ricorrere delle condizioni ivi previste.
Sub a) – regimi in cui il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia
Cir. 35/E/2016 p.16 Ai fini del confronto dei livelli di tassazione nominali, dal lato italiano, in linea con i tradizionali criteri di individuazione della black list, seguiti per la redazione del d.m. 21 novembre 2001, rileva l’aliquota IRES, vigente nel periodo d’imposta in cui si riscontra il requisito del controllo, senza considerare eventuali addizionali. Rileva, altresì, l’IRAP, di cui si prende in considerazione l’aliquota ordinaria (attualmente pari al 3,9 per cento).
Specularmente, dal lato estero, rilevano le imposte sui redditi applicate nell’ordinamento fiscale di localizzazione, da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni vigente con lo Stato di volta in volta interessato, tenendo conto anche delle eventuali imposte di natura identica o analoga intervenute in sostituzione di quelle menzionate espressamente nella medesima Convenzione.
Nell’eventualità in cui nello Stato di residenza o di localizzazione della società controllata sia prevista un’imposta progressiva a scaglioni occorrerà calcolare la media aritmetica ponderata delle aliquote vigenti nell’ordinamento estero.
A tal fine, viene individuato, in via convenzionale, un parametro reddituale pari a Euro 1 milione, da utilizzare sempre per la ponderazione.
Esempio 1 La società A, interamente partecipata dal socio residente in Italia X, è localizzata nello Stato S, il cui regime fiscale prevede che l’imposta sul reddito delle società sia basata su un sistema progressivo a scaglioni: -fino a 30.000 euro: aliquota del 12 per cento -da 30.001 euro a 60.000 euro: aliquota del 20 per cento; -da 60.001 euro in poi: aliquota del 30 per cento. L’aliquota calcolata sulla base della media aritmetica ponderata, assumendo sempre, in via convenzionale, un reddito massimo di 1.000.000 di euro è pari al 29 per cento. Essa è ottenuta effettuando il seguente calcolo: [(30.000 – 0) * 0,12 + (60.000 – 30.001) * 0,20 + (1.000.000 – 60.001)*0,30]/1.000.000 Il criterio dell’aliquota media ponderata può essere utilizzato anche nel caso in cui il sistema fiscale estero adotti una progressività per detrazione. |
Esempio 2 Nello Stato S vige un’aliquota nominale di imposizione del 20 per cento che trova, però, applicazione solo per i redditi superiori a 100.000 euro. L’aliquota media ponderata, supponendo un reddito massimo di 1.000.000 di euro, è pari a: (100.000 – 0) * 0 + (1.000.000 – 100.001) * 0,20 / 1.000.000 = 17 per cento |
Sub b) – regimi speciali
Cir. 35/E/2016 p.23 Oltre alle ipotesi in cui il livello nominale di tassazione nell’ordinamento estero sia inferiore a oltre la metà di quello italiano, la disciplina CFC trova applicazione anche in ipotesi di regimi speciali.
>>In coerenza con la ratio dell’articolo 167, comma 4, del TUIR e in continuità rispetto alla previgente individuazione dei regimi speciali ad opera dal legislatore, si considerano tali tutti i regimi fiscali di favore che, in linea di principio, presentano i seguenti requisiti:
a) si applicano alla generalità dei contribuenti che integrano i requisiti soggettivi o oggettivi richiesti dalla norma istitutiva del regime;
b) determinano una riduzione delle aliquote d’imposta applicabili ovvero, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedono esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre sostanzialmente il prelievo nominale.
Si tratta di regimi che concedono un trattamento agevolato strutturale, risolvendosi in un’imposizione inferiore alla metà di quella italiana.
A titolo esemplificativo, possono essere inclusi nei regimi speciali di cui al comma 4 dell’articolo 167 del TUIR quelli che concedono una riduzione di aliquota rispetto a particolari settori o aree territoriali (zone franche o free zone), ovvero in relazione a determinate attività (come quelle finanziarie, agricole, turistiche) o destinate a particolari categorie di soggetti (ad esempio, le micro imprese o le piccole medie imprese), oppure per un determinato arco temporale (come, talvolta, avviene nella fase di avvio dell’attività), o fino al conseguimento di una soglia minima di reddito imponibile, ovvero ancora quelli che garantiscano la detassazione dei redditi derivanti da attività svolte all’estero. Analogamente, si ritiene che rientrino nell’accezione di “regimi speciali” i regimi fiscali che prevedono deduzioni nozionali che, seppur incidendo formalmente sulla base imponibile, si traducono in una riduzione dell’aliquota sul reddito prodotto dalla CFC. |
Al fine di individuare in maniera agevole i regimi fiscali privilegiati, è possibile consultare le aliquote nominali vigenti sui siti internet istituzionali dei vari ordinamenti esteri oppure nella banca dati dell’OCSE sul sito:
http://stats.oecd.org//Index.aspx?QueryId=58204 sul sito internet della Banca Mondiale o di altri istituti o centri di studio e ricerca internazionali.
DETERMINAZIONE DELL’ESIMENTE – co. 5 - invariato
Il comma 5 dell’articolo 167 del TUIR, rimasto invariato prevede che 5. Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra, alternativamente, che:
a) la società o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento;(7) PRIMA ESIMENTE
b) dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4. Ai fini del presente comma, il contribuente può interpellare l'amministrazione ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente (6). (3) SECONDA ESIMENTE 5-bis. La previsione di cui alla lettera a) del comma 5 non si applica qualora i proventi della società o altro ente non residente provengono per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli,
partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.(8)
In aggiunta alla precisazioni contenute nella Cir. cir. 51/E del 2010.
Cir. 35/E/2016 p.27 In considerazione del basso livello di tassazione nominale ovvero del regime speciale di cui gode la CFC, si ritiene che l’investimento sia stato dettato non da genuine ragioni economico-commerciali ma da motivazioni di natura fiscale.
Tale presunzione può essere superata dimostrando che il carico fiscale è almeno pari al 50 per cento di quello che sarebbe stato scontato laddove la controllata fosse stata residente in Italia. Verificandosi questa condizione, non si riscontrano intenti o effetti elusivi che possano aver determinato l’investimento estero.
La soglia del 50 per cento è ritenuta congrua in considerazione delle modifiche normative apportate dalle leggi di stabilità 2015 e 2016.
Siffatta dimostrazione non può, però, prescindere da una verifica della tassazione effettivamente scontata sui redditi realizzati dalla controllata estera soggetta alla disciplina CFC.
Nel caso di redditi prodotti in Stati diversi da quello di localizzazione della CFC, si tiene conto dell’imposizione ivi subita per calcolare il tax rate effettivo.
Il tax rate è dato, come chiarito nella citata circolare n. 51/E del 2010, dal rapporto tra la somma delle imposte scontate dalla società controllata sui redditi prodotti, a prescindere dallo Stato di imposizione, e l’utile ante imposte della stessa.
Dopo aver calcolato il tax rate effettivo estero, occorre operare un giudizio di congruità. Questo si effettua comparando il medesimo tax rate con il 50 per cento dell’aliquota nominale vigente in Italia oppure, nel caso di fallimento di questo test, si compara il tax rate con il 50 per cento della tassazione virtuale domestica (Cfr. Esempio n. 5).
In altri termini, la dimostrazione dell’esimente presuppone che il tax rate effettivo estero venga preliminarmente confrontato con l’aliquota nominale italiana, data dalla sommatoria dell’aliquota IRES e dell’aliquota ordinaria IRAP. Se il tax rate estero risulta superiore al 50 per cento dell’aliquota nominale italiana, così determinata, l’esimente si considera dimostrata.
Nell’eventualità in cui dal confronto risulti, invece, un’imposizione effettiva estera inferiore alla metà di quella italiana, la sussistenza dell’esimente può essere comunque provata attraverso il raffronto con l’imposizione che la controllata avrebbe effettivamente scontato qualora fosse stata residente in Italia (tax rate virtuale domestico). L’esimente si considera dimostrata quando il tax rate effettivo è superiore al 50 per cento del tax rate virtuale domestico.
DETERMINAZIONE DEL REDDITO DEL SOGGETTO NON RESIDENTE e TASSAZIONE SEPARATA – co. 6
Il comma 6 dell’articolo 167 del TUIR, nella formulazione vigente dal 2016, prevede che I redditi del soggetto non residente, imputati ai sensi del comma 1, sono assoggettati a tassazione separata con l'aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore all'aliquota ordinaria dell'imposta sul reddito delle società. I redditi sono determinati in base alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d'impresa, ad eccezione dell'articolo 86, comma 4. Dall'imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell'articolo 15 (4), le imposte pagate all'estero a titolo definitivo.(10)(15)
Determianzione del reddito
Il novellato co. 6 dell’art. 167 dispone che il reddito del soggetto controllato non residente è determinato “in base alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d’impresa, ad eccezione dell’art. 86, co. 4” (rateizzazione plusvalenze patrimoniali).
Come evidenziato nella Relazione illustrativa “nella determinazione del reddito dei soggetti esteri controllati, si applicano tutte le regole di determinazione del reddito complessivo previste per le imprese residenti (anche non comprese nel TUIR), ad eccezione della disposizione riguardante la rateizzazione delle plusvalenze (…). Viene garantita, in questo modo, una maggiore equivalenza della base imponibile del reddito estero, imputato per trasparenza in capo al socio italiano, rispetto a quella del reddito prodotto in Italia, ferma restando la modalità separata di tassazione del primo”.
>>La precedente formulazione del citato co. 6 prevedeva la determinazione del reddito in base alle regole, applicabili ai soggetti IRES, contenute nel TUIR. Nella circolare 35/E/2016 è chiarito che non rilevano in nessun caso le norme relative al reddito d’impresa riferibili ai soggetti Irpef, a prescindere della forma giuridica del soggetto estero (ciò come in precedenza);
>> Nella circolare 35/E/2016 è confermata l’applicazione della normativa di comodo (come già affermata nella circolare 23/E del 2011, paragrafo 2.9).
>>Nella circolare 35/E/2016 è confermata l’applicazione, per esempio, dell’Ace. Non è chiara la decorrenza: se prendendo a riferimento le movimentazioni del patrimonio netto e le operazioni ricadenti nella normativa anti elusione verificatesi a partire dall’esercizio 2011, ovvero dall’esercizio 2015, da cui essa risulta applicabile alle Cfc (come sembra più corretto).
>>Si ritiene che, benché non citata nella circolare, sia applicabile anche la deduzione degli ammortamenti al 140 per cento.
>>Nella medesima circolare 35/E è chiarito che dal novero delle disposizioni speciali extra Tuir applicabili alla Cfc devono invece essere escluse quelle che prevedono l’adozione di strumenti di tipo presuntivo, quali gli studi di settore e i parametri.
Tassazione separata
Con la legge 208/2015 è stata modificata la parte del co. 6 dell’art.167 che prevede che i redditi del soggetto non residente “sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente, comunque non inferiore all’aliquota ordinaria sul reddito delle società” quindi ordinaria IRES (in precedenza detto limite era fisso, al 27%). L’effetto è dal periodo successivo a quello in corso al 31.12.2015.
Cir. 35/E/2015 p. 32. Resta inteso che il reddito della CFC sarà tassato per trasparenza applicando l’aliquota del socio residente, maggiorata delle eventuali addizionali (come nel caso delle banche) e, nell’ipotesi di soggetto IRPEF, in base all’aliquota media applicata sul suo reddito complessivo (se non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società).
TASSAZIONE DEGLI UTILI – co. 7 – invariato
7. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti non residenti di cui al comma 1 non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti fino all'ammontare del reddito assoggettato a tassazione, ai sensi del medesimo comma 1, anche negli esercizi precedenti. Le imposte pagate
all'estero, sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo del presente comma, sono ammesse in detrazione, ai sensi dell'articolo 15 (4), fino a concorrenza delle imposte applicate ai sensi del comma 6, diminuite degli importi ammessi in detrazione per effetto
del terzo periodo del predetto comma.
DECRETO ATTUATIVO – co. 8 – invariato
8. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le disposizioni attuative del presente articolo(16)(17).
DISAPPLICAZIONE E INTERPELLO – 8 quater e 8 quinques
8-quater. L'Amministrazione finanziaria, prima di procedere all'emissione dell'avviso di accertamento d'imposta o di maggiore imposta, deve notificare all'interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni del comma 1 o del comma 8-bis. Ove l'Amministrazione finanziaria non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell'avviso di accertamento. Fatti salvi i casi in cui la disciplina del presente articolo sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell'ottenimento di una risposta favorevole
all'interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate di cui al comma 1 e al comma 8-bis. In tale ultimo caso l'obbligo di segnalazione sussiste solo al ricorrere delle condizioni di cui
alle lettere a) e b) del medesimo comma 8-bis.(12) 8-quinquies. Le esimenti previste nel comma 5 e nel comma 8-ter non devono essere dimostrate in sede di controllo qualora il contribuente abbia ottenuto risposta positiva al relativo interpello, fermo restando il potere delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede.(12)
Viene modificato l’art. 167 del Tuir eliminando l’obbligo dell’interpello preventivo (da ora interpello “probatorio”) previsto dall’art. 167 del Tuir per le controllate.
Viene prevista una particolare procedura di controllo da parte dell’Ufficio che si basa nel nuovo vincolo dichiarativo di indicare le società controllate in Unico.
Disapplicazione della normativa (non variata)
Il co. 5 dell’art. 167, TUIR prevede la disapplicazione della disciplina della tassazione per trasparenza in capo al soggetto residente relativamente alle partecipazioni in imprese estere controllate localizzate in Stati “black list” se lo stesso dimostra alternativamente che:
- il soggetto non residente svolge un’effettiva attività industriale / commerciale come principale attività;
- dalle partecipazioni non è conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Stati “black list”.
Interpello facoltativo
L’interpello CFC risulta inquadrabile nella categoria degli interpelli cd. probatori (prevista, per l’appunto, dall’articolo 11, comma 1, lett. b) dello Statuto del contribuente, così come novellato dal decreto interpelli).
Tramite la proposizione di un’istanza di interpello probatorio, i contribuenti posso rivolgersi all’amministrazione “per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a ( ...) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti”.
A differenza da quanto accadeva in passato, a partire dal 2016 l’istanza di disapplicazione della disciplina CFC può essere utilmente proposta all’amministrazione finanziaria entro il termine ordinario di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui si riferisce l’istanza medesima. In altri termini, in relazione al periodo d’imposta 2015, sarà considerata preventiva l’istanza inoltrata dal contribuente entro la scadenza della relativa dichiarazione dei redditi (30 settembre 2016).
Il contribuente residente deve allegare alla propria istanza la documentazione necessaria per dimostrare le esimenti di cui al comma 5 o al comma 8-ter dell’articolo 167 del TUIR. Per quanto concerne i documenti allegabili, si rimanda a quanto chiarito dall’amministrazione finanziaria nelle sue precedenti circolari (cfr., fra tutte, la già citata circolare 51/2010).
L’amministrazione risponde alle istanze di interpello CFC nel termine di centoventi giorni, fatta salva la possibilità di richiedere, una sola volta, un’integrazione dei documenti presentati dal contribuente. Ricevuta la documentazione integrativa, l’amministrazione dovrà quindi rendere il proprio parere entro sessanta giorni.
Si rileva, infine, che ai sensi dell’articolo 6, comma 1 del decreto interpelli: “Le risposte alle istanze di interpello di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, non sono impugnabili” (fatta eccezione per le risposte alle istanze presentate ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 11, vale a dire le risposte agli interpelli cosiddetti disapplicativi).
Ora, ai suddetti fini, per effetto della modifica della lett. b) del citato co. 5, viene meno l’obbligo di proporre interpello ex art. 11, Legge n. 212/2000. La presentazione dell’interpello ha quindi natura facoltativa. Di fatto, quindi, il contribuente può scegliere se richiedere la disapplicazione delle disposizioni in esame in sede di interpello preventivo ovvero, successivamente, in sede di controllo.
>>L’interpello può essere utilmente presentato entro il termine ordinario di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui esso si riferisce.
>>La risposta dell’amministrazio
ne deve essere resa entro 120 giorni, fatta salva la possibilità di richiedere, una sola volta, un’integrazione dei documenti presentati dal contribuente. Ricevuta la documentazione integrativa, l’amministrazione dovrà rendere il proprio parere entro 60 giorni.
In presenza di una risposta favorevole da parte dell’amministrazione finanziaria all’interpello pervenuta successivamente al termine ultimo di presentazionesarà necessario ripresentare la dichiarazione, e nel caso si sia già proceduto al versamento prudenziale dell’imposta separata, sarà necessario riportare a nuovo il credito, compensarlo orizzontalmente nel limite annuale di 700mila euro, cederlo alla consolidante nel medesimo limite o chiederlo a rimborso.
>>Al riguardo, anche in assenza dell’interpello preventivo, le Entrate, con le circolari 32/E/2010, 51/E/2010 e 23/E/2011, aveva già riconosciuto la possibilità di dimostrare anche successivamente la sussistenza delle cosiddette esimenti.
Contradditorio “anticipato”
In assenza di interpello, la norma prevede l’istituzione di una procedura di contradditorio simile a quella una volta stabilita per i costi black list. L’ufficio, prima di emettere un avviso di accertamento, avrà l’onere di notificare al contribuente un avviso per richiedere di fornire le prove per il riconoscimento delle esimenti.
Qualora il contribuente (nuovo co. 8-quater art. 167):
- non presenti l’interpello per la disapplicazione della disciplina sulle “CFC”; ovvero
- abbia presentato l’interpello, ottenendo risposta non favorevole;
è ora disposto che l’Ufficio, prima di notificare l’avviso di accertamento dell’imposta / maggiore imposta, deve concedere all’interessato la possibilità di fornire le prove, entro 90 giorni dalla comunicazione, della sussistenza dei requisiti per la disapplicazione delle disposizioni in esame.
Se le prove addotte dal contribuente non risultano idonee, nell’avviso di accertamento deve
essere fornita una specifica motivazione.
(nuovo co. 8-quinqus art. 167) Il contribuente che riceve risposta positiva all’interpello presentato ai fini previsti dai citati commi 5 e 8-ter, non deve dimostrare la sussistenza delle esimenti in sede di controllo, ferma restando la facoltà dell’Ufficio di controllare la veridicità e completezza delle informazioni fornite in detta sede.
Indicazione nel mod. Unico e sanzioni
Al socio residente è richiesta la segnalazione nel mod. UNICO della detenzione di partecipazioni in società controllate “black list” (co. 8) e “non black list” (co. 8-bis). In quest’ultimo caso l’obbligo sussiste solo al ricorrere delle condizioni previste dalle predette lett. a) e b) del co. 8-bis.
La segnalazione non è richiesta qualora la disciplina in esame sia applicata ovvero non lo sia a seguito della risposta favorevole all’interpello.
In caso di omessa / incompleta indicazione nel mod. UNICO è applicabile la sanzione, prevista dal nuovo co. 3-quater dell’art. 8, D.Lgs. n. 471/97, pari al 10% “del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d’imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta”, con un minimo di € 1.000 ed un massimo di € 50.000.
La sanzione, nella misura minima, è applicabile anche se la controllata estera ha conseguito una perdita.
Come evidenziato nella Relazione al Dlgs 147/2015 “l’omessa segnalazione in dichiarazione di partecipazioni di controllo rientranti nell’ambito applicativo della disciplina CFC non preclude al contribuente la possibilità di dimostrare la sussistenza delle esimenti”.
>>Nella circolare 35/E è tuttavia precisato che la sanzione è commisurata al risultato di esercizio conseguito dal soggetto estero partecipato (e non al reddito); sembrerebbe dunque che essa sia commisurata all’importo indicato nel rigo FC2. La sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il risultato di esercizio (indicato nel Rigo FC3) della controllata estera sia negativo. L’obbligo di segnalazione delle Cfc white list scatta alla verifica dei presupposti di cui all’articolo 167, comma 8-bis (tassazione effettiva inferiore al 50% di quella virtuale domestica e prevalenza di passive income).
CONTROLLATE WHITE LIST - co. 8-bis, 8-ter
8-bis. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell'ipotesi in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati in Stati o territori diversi da quelli ivi richiamati o in Stati appartenenti all'Unione europea ovvero a quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: (14)
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;
b) hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per determinare con modalità semplificate l'effettivo livello di tassazione di cui alla precedente lettera a), tra cui quello
dell'irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile. (19)(9)
8-ter. Le disposizioni del comma 8-bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l'insediamento all'estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. Ai fini del presente comma il contribuente può interpellare l'Amministrazione finanziaria secondo le modalità indicate nel comma 5. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo l'interpello di cui al precedente periodo può essere presentato indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 8-bis.(11)
Come stabilito dal co. 8-bis dell’art. 167, la tassazione per trasparenza del reddito è applicabile anche ai soggetti controllati localizzati in Stati non “black list” qualora, in capo agli stessi, ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) assoggettamento a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia;
b) conseguimento di proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, detenzione, investimento in titoli / partecipazioni / crediti / altre attività finanziarie, dalla cessione / concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, lett.ria o artistica nonché dalla prestazione di servizi a soggetti che direttamente o indirettamente controllano il soggetto non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla il soggetto non residente, compresi i servizi finanziari.
Per effetto del Dl 147/2015:
- è demandata all’Agenzia delle Entrate l’individuazione, con uno specifico Provvedimento, dei “criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione” applicato alla società estera, “tra cui quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile”; intervenuto con il Provvedimento n. 143239 del 16/09/2016.
Cir. 35/E/2016 p.42. Si tratta del confronto tra la tassazione effettiva estera e quella “virtuale” domestica in cui assume rilevanza, coerentemente con quanto previsto nella relazione di accompagnamento all’articolo 13 del d.l. 78 del 2009, il “carico effettivo di imposizione (e non l’aliquota nominale di imposizione societaria) gravante sulla società estera” e, dunque, il calcolo del rapporto tra l’imposta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte della controllata.
- è eliminato l’obbligo di proporre interpello, ex art. 11, Legge n. 212/2000 (che ora assume natura facoltativa), previsto dal co. 8-ter del citato art. 167 ai fini della disapplicazione del regime “CFC” con la dimostrazione che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa per conseguire un indebito vantaggio fiscale.
I soggetti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo, introdotto dagli artt. da 3 a 7, D.Lgs. n. 128/2015 contenente la disciplina dell’abuso del diritto, possono presentare l’interpello indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui alle suddette lett. a) e b).
Con la legge 208/2015 è stata modificata la parte del co. 8bis dell’art.167 che prevede che l’applicazione delle disposizioni in materia di CFC è estesa ai soggetti controllati localizzati oltre che in Stati non “black list”, anche in Stati UE / SEE al ricorrere delle condizioni di cui al comma 8-bis del citato art. 167. L’effetto è dal periodo successivo a quello in corso al 31.12.2015.
TASSAZIONE SOCIETÀ COLLEGATE “BLACK LIST” – art. 168 - abrogato
E’ abrogato l’art. 168 del Tuir relativo alla presunzione di elusività per le collegate estere ubicate in un paradiso fiscale.Le società collegate ubicate in un paradiso fiscale fuoriescono definitivamente dalla presunzione di elusività stabilita dall’abrogato art. 168 del Tuir.
Cir. 35/E/2016 p. 34. Ai sensi del comma 4 dell’articolo 8 del decreto internazionalizzazione, l’abrogazione dell’articolo 168 del TUIR ha effetto “a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ossia per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, a partire dal periodo d’imposta 2015.
Dal medesimo periodo d’imposta, i soggetti residenti non saranno tenuti neppure a segnalare in dichiarazione dei redditi la partecipazione detenuta nella collegata estera ma solo gli eventuali utili provenienti dalla società localizzata in un paradiso fiscale.
E’ solo il caso di evidenziare che, ai fini della decorrenza dell’abrogazione della norma in esame, occorre far riferimento al periodo d’imposta del soggetto residente, a nulla rilevando l’esercizio della partecipata estera.
Il successivo comma 4 dell’articolo 8 del Dl 147/2015 ha dettato specifiche disposizioni transitorie al fine di gestire il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. Nonostante la fuoriuscita dal regime CFC delle società collegate, la norma precisa che “per gli utili distribuiti dal soggetto non residente a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell'art. 3, commi 3 e 4, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 7 agosto 2006, n. 268 (decreto attuativo dell’articolo 168 del TUIR). Ai soli fini del precedente periodo, gli utili distribuiti dal soggetto non residente si presumono prioritariamente formati con quelli assoggettati a tassazione separata”.
Cir. 35/E/2016 p. 38. L’articolo 3, comma 3, del citato decreto attuativo che stabilisce che gli utili distribuiti dal soggetto non residente, e già tassati per trasparenza, non concorrono a formare il reddito complessivo del soggetto partecipante al momento della loro effettiva percezione.
In tale ipotesi, il decreto reca una norma di favore prevedendo che gli utili percepiti dal socio residente si presumono prioritariamente formati con quelli conseguiti dall’impresa, società o ente localizzato nello Stato o territorio con regime fiscale privilegiato che risultino precedentemente posti in distribuzione e che, dunque, non concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente.
Nel medesimo comma 3 del decreto attuativo è previsto che le eventuali imposte pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto partecipante sui dividendi percepiti (ad esempio, una ritenuta in uscita applicata nel Paese di residenza della CFC) e riferiti agli utili già tassati per trasparenza, sono accreditabili nei limiti delle imposte complessivamente applicate a titolo di tassazione separata. A tal fine, tuttavia, occorre tener conto delle somme già ammesse in detrazione dall’imposta dovuta al momento della tassazione “per trasparenza” del reddito della collegata e riferibili alle imposte che la stessa ha assolto all’estero sul medesimo reddito.
Inoltre, ai sensi del successivo comma 4: “Il costo della partecipazione nell'impresa, società o ente non residente è aumentato dei redditi imputati ai sensi dell'articolo 1 e diminuito, fino a concorrenza di tali redditi, degli utili distribuiti”.
>>L’eliminazione ha posto fine a una norma che disciplinava una presunzione di elusività che mal si conciliava con il concetto di collegamento e, inoltre, di difficile applicazione in quanto poteva risultare non agevole ottenere i dati necessari dato il tipo di rapporto.
Inoltre, il riferimento all’utile ante imposte previsto per le collegate e non al reddito imponibile calcolato in base alla normativa italiana (valido per le controllate) comportava un trattamento deteriore rispetto all’ipotesi di controllo dal momento che il risultato di bilancio non poteva costituire oggetto di rettifiche a fronte di proventi esclusi o esenti.
>>Dall’abrogazione dell’art. 168 del Tuir, consegue,
in primis, l’imputazione del reddito per trasparenza solamente in presenza di un rapporto di controllo.
In secondo luogo, viene finalmente risolta la tematica delle joint venture (laddove ciascun soggetto detiene una partecipazione del 50%). In precedenza, infatti, in assenza di un soggetto che esercitasse il controllo, doveva essere applicata la disciplina delle Cfc “collegate” con effetti, a volte, imprevedibili (il reddito del soggetto non residente oggetto di imputazione, infatti, era il maggiore fra utile ante imposte e reddito induttivamente determinato sulla base di coefficienti di rendimento da applicare ai beni detenuti dalla collegata estera).
Posto che le nuove disposizioni operanodal 2015, è previsto un regime transitorio in base al quale per gli utili distribuiti dal 2015 da società collegate continuano a trovare applicazione le disposizioni dell’art. 3, commi 3 e 4, DM 7.8.2006, n. 268, e pertanto:
- gli stessi non concorrono a formare il reddito complessivo del partecipante residente per la quota corrispondente all’ammontare dei redditi assoggettati a tassazione per trasparenza;
- a seguito della distribuzione di utili già tassati per trasparenza, si determina la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Sono considerati prioritariamente distribuiti gli utili formati con quelli assoggettati a tassazione separata.