CREDITO D'IMPOSTA PER I REDDITI PRODOTTI ALL'ESTERO_modificato - ART. 165 DPR 917/1986
ARTICOLO - Pubblicato il: 12 ottobre 2016 - Da: G. Manzana E. Iori
Novità Dl 147/2015 L’art. 15, D.Lgs. n. 147/2015, c.d. “Decreto Internazionalizzazione”, in attuazione della Riforma fiscale contenuta nella Legge n. 23/2014, sono state apportate alcune modifiche alla disciplina sopra accennata finalizzate ad estendere a tutti i contribuenti le previsioni di cui ai commi 5 (in precedenza applicabile solo alle stabili organizzazioni all’estero / società aderenti al consolidato mondiale) e 6 (in precedenza applicabile solo alle imprese titolari di reddito d’impresa prodotto all’estero), ossia:
- il riconoscimento per competenza del credito d’imposta; si estende a tutti i contribuenti la facoltà (in precedenza prevista per le sole So) di effettuare la detrazione del credito nell’anno di competenza del reddito estero purché il versamento dell’imposta avvenga entro il termine del modello Unico relativo all’esercizio successivo.
- la possibilità di riporto “avanti e indietro” dell’eccedenza d’imposta. Si prevede poi, sempre per tutti i contribuenti, la possibilità di riporto all’indietro (fino a otto esercizi) o in avanti (in caso di incapienza pregressa) della eccedenza di imposta estera rispetto a quella italiana. Questa operazione (attualmente consentita solo alle imprese) si effettua quando l’imposta pagata all’estero supera la corrispondente italiana sul reddito estero.
Dette modifiche, come specificato nella Relazione illustrativa al Decreto in esame, consentono di “eliminare disparità di trattamento presenti nel sistema”. Entrambe le correzioni si applicano già dall’esercizio 2015. Con una norma di natura interpretativa è stata inoltre chiarita la tipologia di imposte estere rilevanti ai fini in esame.
Meccanismo di tassazione dei redditi di fonte estera
Cir. 9/E/2015 La doppia imposizione internazionale è generata dal sovrapporsi di pretese impositive, tra loro concorrenti, di più Stati che radicano le rispettive potestà tributarie sulla base di criteri non coordinati tra loro.Tale conflitto tipicamente si verifica tra Stato della fonte e Stato della residenza, laddove il primo applichi il principio di territorialità e il secondo adotti un approccio di tassazione del reddito mondiale (il cosiddetto “worldwide principle”).
Ai sensi dell’art. 3, co. 1, TUIR, i redditi dei soggetti fiscalmente residenti in Italia prodotti all’estero concorrono a formare il relativo reddito complessivo. Infatti: “L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti …”.
I rimedi alla doppia imposizione che vengono comunemente adottati dagli Stati consistono nel metodo dell’esenzione e in quello del credito d’imposta. Entrambi sono previsti come alternativi nel Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, all’articolo 23, lettere A e B, che concede agli Stati la libera scelta del metodo con cui sanare la doppia imposizione.
L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito d’imposta (c.d. “foreign tax credit”) sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti, già disciplinato dall’articolo 15 del TUIR e ora dall’art. 165 che riconosce un credito d’imposta (ai fini IRES / IRPEF) per le imposte pagate all’estero.
In particolare, al contribuente è riconosciuta la possibilità di scomputare, in dichiarazione dei redditi, un credito per le imposte pagate a titolo definitivo allo Stato estero correlate ai redditi ivi prodotti.
Tale sistema - a differenza del diverso metodo dell’esenzione, che consolida sempre le imposte del Paese in cui il reddito è prodotto - rende definitivo il livello di imposizione più elevato (quello del Paese della fonte o quello del Paese di residenza).
Con tale metodo, infatti, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente) è:
- inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenza;
- superiore, non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito – come meglio si chiarirà – compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero.
La disciplina del credito d’imposta in esame è stata oggetto di una serie di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate con la Circolare 5.3.2015, n. 9/E.
INDIVIDUAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA
Ai sensi del comma 1 dell’articolo 165 del TUIR, 1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione.
Le tre condizioni richieste dalla disposizione in commento sono:
1) la produzione di un reddito all’estero;
2) il concorso di quel reddito estero alla formazione del reddito complessivo del residente;
3) il pagamento di imposte estere a titolo definitivo.
1) Il reddito prodotto all’estero
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
L’ordinamento accoglie, pertanto, il cosiddetto criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.
La definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.
Quindi:
1. In presenza di Convenzione: i criteri di collegamento non operano in presenza di una Convenzione che contenga una disposizione analoga a quella di cui all’articolo 23B del Modello OCSE, che elimina la doppia imposizione con il metodo del credito,consentendo al contribuente di detrarre dall’imposta sul reddito dovuta nello Stato di residenza le imposte pagate all’estero sui redditi ivi prodotti. In applicazione della norma convenzionale, pertanto, il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile.
2. In mancanza di una Convenzione: occorre fare riferimento all’articolo 23 del TUIR secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti, un reddito è da considerare come prodotto nel territorio dello Stato, quando sia possibile stabilirne il collegamento con una fonte produttiva situata in Italia, sulla base di precisi parametri che il legislatore interno ha tipizzato. Reciprocamente, ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, un reddito si considera prodotto all’estero (ai fini dell’attribuzione del foreign tax credit ai residenti) soltanto nelle ipotesi esattamente speculari a quelle previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 23 del TUIR, a prescindere dai criteri di collegamento adottati dallo Stato della fonte.
La cir. 9/E/2015 affronta delle criticità che possono porsi a seguito della lettura a specchio dell’art. 23 nei casi di:
- singoli elementi di reddito (interssi, dividendi, royalties) conseguiti all’estro da società ed enti commerciali residenti senza stabile organizzazione: il principio del trattamento isolato dei radditi sancito dall’art. 152 co. 2 del Tuir – secondo il quale per le imprese estere senza stabile organzzazione il reddito si determini dalla sommatoria delle singole categorie di reddito e non si trasformi in reddito d’impresa – trova applicazione anche pe i snogli ementi reddituali prodotti all’estero dalle imprese sendenti in assenza di stabile organizzazione.
- una impresa residente produce all’estero redditi che non sono riducibili a una della singole categorie dell’art. 23:le imposte estere che difettano del presupposto applicativo dell’articolo 165 del TUIR possono essere considerate componenti negativi deducibili ai fini della determinazione del reddito complessivo in quanto costi inerenti l’attività d’impresa, conformemente alle indicazioni della risalente risoluzione 12 marzo 1979, n. 416.
- particolari ipotesi che l’articolo 23 del TUIR esclude da tassazione in Italia. Si tratta di specifiche fattispecie che, pur essendo riconducibili a categorie di reddito (redditi di capitale o redditi diversi) considerate imponibili in capo a soggetti non residenti, costituiscono una deroga al principio di territorialità. Al riguardo, si evidenziano:
1. gli “interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali”, che, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1, lettera b), del citato articolo 23 del TUIR, non costituiscono redditi prodotti nel territorio nazionale se percepiti da non residenti, nonostante siano corrisposti da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti;
2. i redditi diversi di cui ai numeri da 1 a 3 della lettera f), comma 1, dell’articolo 23 del TUIR, che non sono da considerare come “prodotti” nel territorio dello Stato se percepiti da non residenti. Si tratta delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti negoziate in mercati regolamentati; delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) dell’articolo 67 del TUIR, derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento di intermediari, in mercati regolamentati.
L’esclusione dall’ambito applicativo dell’articolo 23 del TUIR dei predetti redditi, determinata da scelte di opportunità operate dal legislatore, non modifica, tuttavia, il collegamento oggettivo tra la fonte produttiva dei medesimi e il territorio dello Stato. Secondo la Cir. 9/E/2016 tale esclusione non pregiudichi il diritto al credito per le imposte estere pagate da soggetti residenti in relazione ad analoghe tipologie reddituali che siano state assoggettate a tassazione nel Paese della fonte, in conformità a parametri di collegamento coerenti con quelli affermati dall’articolo 23 del TUIR.
2) Il concorso di quel reddito estero alla formazione del reddito complessivo del residente
Cir. 9/E/2015 p.13 Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del TUIR è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente.
L’istituto non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo
- di imposta,
- a imposta sostitutiva o
- a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR.
Sulla base di tale disposizione, infatti, i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani.
In relazione a tali redditi, la norma dispone, inoltre, che “il contribuente ha facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero”.
Tuttavia, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4, comma 2, del d.lgs. n. 239 del 1996, non possono comunque usufruire dell’imposizione ordinaria le persone fisiche, le società semplici e i soggetti equiparati, gli enti pubblici e privati, inclusi i trust, residenti in Italia che non hanno quale oggetto principale l’esercizio di attività commerciali, nonché i soggetti esenti da IRES, in relazione agli interessi, ai premi e agli altri frutti derivanti da obbligazioni e titoli similari esteri per i quali il contribuente, in sede di dichiarazione dei redditi, è tenuto obbligatoriamente ad autoliquidare l’imposta sostitutiva ivi prevista.
Inoltre, in applicazione dell’articolo 27, comma 4, del DPR n. 600/1973, non possono usufruire dell’imposizione ordinaria neanche gli utili di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, del TUIR, relativi a partecipazioni non qualificate in soggetti esteri, nonché i proventi derivanti da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b) del TUIR stipulati con soggetti esteri e caratterizzati da apporti diversi da opere e servizi e di natura “non qualificata”.
Mentre, per esplicita disposizione dell’articolo 26-ter del DPR n. 600/1973, i redditi di cui all’articolo 44, comma 1, del TUIR, lettere g-quater) (i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione) e g-quinquies) (i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell’articolo 50 del TUIR erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale), percepiti direttamente dall’estero, possono usufruire in sede di dichiarazione dei redditi dell’imposizione sostitutiva o, in alternativa, dell’imposizione ordinaria.
Le imposte estere che danno diritto al credito
Cir. 9/E/2015 p.15 Le imposte pagate all’estero a titolo definitivo, come evidenziato dall’Agenzia nella citata Circolare n. 9/E, sono rappresentate dai “tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi di natura similare”.
Posto che l’individuazione dei tributi accreditabili a tali fini non è sempre agevole, l’Agenzia ha chiarito che:
- rientrano senz’altro tra i tributi aventi tale natura quelli oggetto della Convenzione contro le doppie imposizioni tra lo Stato estero e l’Italia;
- qualora sussista incertezza circa la natura del tributo è consentito presentare un’istanza di interpello.
Con una disposizione di natura interpretativa il co. 2 dell’art. 15 del Dl 147/2016 chiarisce che: “sono ammesse in detrazione sia le imposte estere oggetto di una convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e lo Stato estero in cui il reddito che concorre alla formazione dell’imponibile è prodotto sia le altre imposte o gli altri tributi esteri sul reddito. Nel caso in cui sussistano obiettive condizioni di incertezza in merito alla natura di un tributo estero non oggetto delle anzidette convenzioni, il contribuente può inoltrare all’amministrazione finanziaria istanza d’interpello …”.
Di conseguenza, le imposte che attribuiscono il diritto al credito d’imposta sono rappresentate:
• dalle imposte estere oggetto della Convenzione contro le doppie imposizioni;
• dalle altre imposte / tributi esteri sul reddito.
Relativamente alle imposte non ricomprese nella Convenzione, in presenza di obiettive condizioni di incertezza, il contribuente può presentare un’istanza di interpello ex art. 11, Legge n. 212/2000.
A tale ultimo proposito va evidenziato che la disciplina degli interpelli è stata rivista con il D.Lgs. n. 156/2015.
3) La definitività delle imposte pagate all’estero
Cir. 9/E/2015 p.16 Come già affermato nella circolare del 12 giugno 2002, n. 50, la definitività dell’imposta pagata all’estero coincide con la sua “irripetibilità”, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente.
>>Al contrario, rimane irrilevante il fatto che l’imposta possa essere modificata in peius a sfavore del contribuente, come nel caso in cui la stessa si riferisca a redditi ancora assoggettabili ad accertamento da parte delle Amministrazioni fiscali degli Stati esteri.
>>Come già era stato affermato con circolare 8 febbraio 1980, n. 3, la correlazione esistente tra imposta pagata in via definitiva e il relativo reddito non esclude che l’imposta possa essere considerata “definitiva” anche qualora il reddito sia ancora suscettibile di verifica nello Stato estero in cui viene prodotto.
>>Non possono, invece, considerarsi definitive le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista, sin dal momento del pagamento, la possibilità di rimborso totale o parziale, anche mediante “compensazione” con altre imposte dovute nello Stato estero.
Per quanto riguarda le imposte suscettibili di parziale rimborso, queste possono essere comunque detratte, al netto del rimborso spettante, sempre che si possa considerare certo il relativo ammontare alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
Si chiarisce, inoltre, che le imposte estere devono considerarsi “pagate a titolo definitivo” nel periodo d’imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d’imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione. La certificazione, infatti, ha valenza meramente probatoria e, pertanto, non determina la definitività del pagamento del tributo. Sarà, quindi, premura del contribuente munirsi tempestivamente della documentazione idonea a dimostrare il pagamento dell’imposta nello Stato estero.
Al riguardo, si ritiene che, ai fini della verifica della detrazione spettante, il contribuente è tenuto a conservare i seguenti documenti:
- un prospetto recante l’indicazione, separatamente Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi prodotti all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in via definitiva in relazione ai medesimi, la misura del credito spettante, determinato sulla base della formula di cui al primo comma dell’articolo 165 del TUIR ( RE/RCN x Imposta Italiana);
- la copia della dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero, qualora sia ivi previsto tale adempimento;
- la ricevuta di versamento delle imposte pagate nel Paese estero;
- l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera;
- l’eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita nella dichiarazione dei redditi.
Un’ulteriore condizione di non detraibilità si ha nel caso di imposte eventualmente corrisposte in via provvisoria in pendenza di un procedimento contenzioso estero. In tale caso specifico, il requisito della definitività delle imposte estere si realizza nel periodo d’imposta in cui si conclude in via definitiva il contenzioso.
Nel caso in cui un soggetto residente in Italia produca reddito in uno Stato con cui è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, è possibile computare il credito per le imposte pagate all’estero nel limite della ritenuta convenzionale. Se lo Stato estero ha applicato una ritenuta più alta di quella convenzionale, la differenza, non accreditabile in Italia, potrà essere oggetto di rimborso nello Stato estero, secondo le modalità ivi previste.
LA DETERMIANZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA
Cir. 9/E/2015 p.20 Il comma 1 dell’articolo 165 del TUIR prevede la regola generale per il calcolo del foreign tax credit, stabilendo che le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta, nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi esteri e il reddito complessivo, al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
Quanto sopra può essere reso con la seguente formula:
RE x imposta italiana
RCN
dove RE è il reddito estero e
RCN è il reddito complessivo al netto delle perdite dei pregressi periodi d’imposta.
>>l’accreditamento delle imposte estere non può essere superiore alla quota d’imposta italiana (di seguito, anche “LIMITE 1”), corrispondente al rapporto sopra indicato, da assumere – in ogni caso – nei limiti dell’imposta netta (nel prosieguo, anche “LIMITE 2”) dovuta per il periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso al complessivo reddito imponibile.
>> Secondo la Cir. 9/E/2015 il rapporto in esame, tra il reddito estero (RE) e il reddito complessivo al netto delle perdite di esercizi precedenti (RCN), può risultare superiore ad “1” quando le perdite, coeve e/o pregresse, sono così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana e parte di quello estero. In tal caso, come conferma anche la Relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003, e come già chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, il rapporto si considera pari a “1”, non potendo l’imposta relativa al reddito estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta, poiché, altrimenti, si determinerebbe un finanziamento delle imposte estere.
Si ipotizzi, al riguardo, la seguente situazione di un soggetto IRES:
Esempio n. 1 - Contribuente con reddito di fonte estera di ammontare superiore al reddito complessivo netto
Reddito di fonte estera (RE) 100
Reddito di fonte italiana 200
Perdite pregresse 250
Reddito complessivo netto (RCN) 50
Ires (aliquota del 27,5%) 13,75
Imposta estera (aliquota del 30%) 30
In tal caso, applicando, senza correttivo, la formula già vista, avremmo:
100(RE) = 2 x 13,75 (imposta italiana)=27,5
50 (RCN)
Il rapporto RE/RCN, che nell’esempio è uguale a “2”, dovrà intendersi acquisito in misura tale da non superare l’unità e l’imposta estera sarà detraibile solo nei limiti di quella italiana, che nell’esempio è pari a 13,75.
Peraltro, qualora si tratti di reddito d’impresa prodotto all’estero, resta ferma la possibilità di recuperare l’imposta estera eccedente la quota d’imposta italiana - nei limiti dell’imposta netta dovuta di periodo - con il meccanismo del riporto delle eccedenze, di cui al comma 6 dell’articolo 165 del TUIR.
I singoli elementi del rapporto
Cir. 9/E/2015 p.22 Il numeratore del rapporto (RE) di cui al comma 1 è rappresentato dal reddito estero che ha concorso a formare il reddito complessivo in Italia.
>> E’ rideterminato in base alle disponibili fiscali italiane
>> Il reddito estero, diverso da quelli d’impresa e di lavoro autonomo, va computato al lordo dei costi sostenuti per la sua produzione. Ciò, secondo la Cir. 9/E/2015, in ragione delle obiettive difficoltà nella determinazione e nel controllo dei costi effettivamente imputabili a singoli elementi reddituali. La diversa composizione del numeratore (reddito estero al lordo dei costi) rispetto al denominatore del rapporto (reddito complessivo al netto dei costi di produzione), potrebbe essere strumentalizzata mediante operazioni finalizzate a un’indebita “monetizzazione” del credito d’imposta. Spetta sempre all’Amministrazione il diritto al suo disconoscimento in forza della norma antielusiva (prima) abuso del dirtto ora.
Quanto al denominatore del rapporto (RCN), il reddito complessivo è assunto “al netto” delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione, e non più “al lordo” come nella previgente disciplina, secondo cui l’imposta italiana veniva determinata in modo virtuale e assunta per un ammontare pari non a quello effettivo, bensì a quello che sarebbe stato dovuto in relazione al reddito complessivo aumentato delle perdite pregresse.
Con riferimento all’attuale disciplina, invece, la Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 344 del 2003 evidenzia che “l’imposta italiana va considerata per il suo ammontare effettivo senza dover procedere, come per il passato, alla ricostruzione virtuale della medesima al fine di evitare l’effetto derivante dal riporto delle perdite pregresse”.
IL PERIODO D’IMPOSTA IN CUI SPETTA IL CREDITO
..4 La detrazione di cui al co. 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta di cui allo stesso co. 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal co. 7.
7. Se l'imposta dovuta in Italia per il periodo d'imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare l'imponibile è stata già liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell'eventuale maggior reddito estero, e la detrazione si opera dall'imposta dovuta per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale è stata richiesta.
Se è già decorso il termine per l'accertamento, la detrazione è limitata alla quota dell'imposta estera proporzionale all'ammontare del reddito prodotto all'estero acquisito a tassazione in Italia.
Il comma 4 dell’articolo 165 del TUIR stabilisce la regola generale secondo cui
- la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo cui “appartiene” il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta,
- a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione.
Pertanto, se il reddito estero ha concorso alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente nel periodo d’imposta 2016, la detrazione spetta dall’imposta dovuta per il 2016, sempre che il pagamento a titolo definitivo dell’imposta estera si verifichi prima della presentazione della relativa dichiarazione dei redditi.
>> Tale principio trova applicazione anche nel caso in cui il contribuente presenti la dichiarazione tardivamente, purché entro i novanta giorni successivialla scadenza dell’ordinario termine. Ciò in quanto, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, la dichiarazione presentata con ritardo non superiore ai novanta giorni dalla scadenza dell’ordinario termine di presentazione si considera valida, salva la sanzione applicabile per il ritardo.
In questa evenienza, la detrazione potrà essere operata in tale sede, a condizione che l’imposta estera sia stata già pagata a titolo definitivo.
>> Resta inteso che qualora il pagamento a titolo definitivo delle imposte estere avvenga in un periodo precedente a quello in cui il reddito prodotto all’estero concorre alla formazione del reddito complessivo del residente, la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo di appartenenza in Italia di tale reddito estero.
Nel caso in cui, invece, il suddetto pagamento si verifichi successivamente alla presentazione della dichiarazione relativa al periodo in cui il reddito estero ha concorso a formare l’imponibile in Italia, occorrerà procedere, ai sensi del comma 7 dell’articolo 165 del TUIR, a una nuova liquidazione dell’imposta dovuta per tale periodo. In tal caso, il credito spettante dovrà essere richiesto in detrazione nella prima dichiarazione utile rispetto al momento in cui si renderà definitiva l’imposizione all’estero, fermo restando che la quota d’imposta italiana e l’imposta netta dovuta, rilevanti ai fini del computo della detrazione, saranno quelle relative al periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso alla formazione del reddito complessivo.
Esempio n. 2 – Definitività dell’imposta estera in un periodo successivo a quello in cui il reddito estero ha concorso a formare il reddito complessivo
Periodo d’imposta N :
Reddito di fonte estera Stato A (RE)100
Reddito di fonte italiana 200
Reddito complessivo netto (RCN) 300
Imposta netta dovuta in Italia 82,5
Imposta estera pagata a titolo definitivo 0
Periodo d’imposta N + 2:
Reddito di fonte estera Stato A (RE) 0
Reddito di fonte italiana 200
Reddito complessivo netto (RCN) 200
Imposta netta dovuta in Italia 55
Imposta estera pagata a titolo definitivo sul RE che ha concorso nel periodo N 20
Nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo N +2, nel corso del quale è stata pagata a titolo definitivo un’imposta estera pari a 20, relativa al reddito di 100 che ha concorso alla formazione dell’imponibile nel periodo d’imposta N, potrà essere richiesto il credito per le imposte pagate nello Stato A, sulla base dei dati del periodo N, di appartenenza del reddito:
Limite credito d’imposta calcolato in riferimento ai dati del periodo N:
-Quota d’imposta italiana relativa al reddito estero = 100 x 82,5 = 27,5
300
-Detrazione spettante = 20 (20 < 27,5)6
La detrazione spettante potrà essere operata dall’imposta, pari a 55, dovuta nel periodo N + 2.
>> Quanto alla nozione di “appartenenza” di un reddito a un determinato periodo di imposta, si ritiene che debba essere intesa nel senso che a ciascuna categoria reddituale o singolo elemento di reddito si applicano le relative regole d’imputazione temporale previste dal testo unico delle imposte sui redditi. E così – ad esempio – i redditi di lavoro autonomo o di capitale o le royalties, percepite da un soggetto residente al di fuori dell’esercizio di impresa “appartengono” al periodo in cui devono essere assoggettati a tassazione secondo il criterio di cassa. Diversamente, il reddito d’impresa prodotto all’estero tramite una stabile organizzazione appartiene al periodo in cui, secondo il principio di competenza, concorrerà all’imponibile al pari dei singoli elementi di reddito (interessi o royalties) conseguiti nell’esercizio di impresa da un soggetto residente, anche senza stabile organizzazione. Fanno eccezione i dividendi che concorrono a formare il reddito d’impresa nel periodo in cui sono percepiti, ai sensi degli articoli 59 e 89 del TUIR.
>> In virtù del primo comma dell’articolo 165 del TUIR, l’imposta netta dovuta nel periodo di appartenenza del reddito estero costituisce il limite massimo entro cui può essere concesso il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Tale disposizione non è contraddetta, né derogata dall’articolo 11, comma 4, del TUIR, che testualmente prevede che “dall’imposta netta si detrae l’ammontare dei crediti di imposta spettanti al contribuente a norma dell’art. 165. Se l’ammontare dei crediti di imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi”. La disposizione, che si coordina con quella dell’articolo 22, comma 1, lettera a) del TUIR, lascia, infatti, impregiudicate le modalità di determinazione del credito previste dall’articolo 165 del TUIR.
Con il citato articolo 11 del TUIR, il legislatore ha inteso regolare l’ipotesi in cui l’imposta netta del periodo in cui il tributo estero diviene definitivo e, quindi, scomputabile, sia inferiore a quella del periodo in cui il reddito estero ha concorso alla formazione del reddito e che rileva ai fini della determinazione dell’imposta estera detraibile. In tal caso, potrebbe accadere che il credito o i crediti d’imposta per i redditi prodotti all’estero maturati nel periodo di produzione del reddito non siano integralmente assorbiti dall’imposta netta del periodo in cui il tributo estero è detraibile. A tale fine, il legislatore ha previsto la possibilità per il contribuente di scegliere tra il computo dell’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo successivo e la richiesta di rimborso, da effettuare in sede di dichiarazione dei redditi. Inoltre, tale differenza potrà essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.
Il periodo d’imposta in cui può essere operata la detrazione
5. La detrazione di cui al co. 1 può essere calcolata dall'imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d'imposta successivo. L'esercizio della facoltà di cui al periodo precedente è condizionato all'indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali ancora non è avvenuto il pagamento a titolo definitivo.
Il D.Lgs. n. 147/2015 ha esteso anche ai soggetti diversi dai titolari di reddito d’impresa prodotto all’estero tramite stabile organizzazione / società aderenti al consolidato mondiale la possibilità di scomputare il credito d’imposta dalle imposte dovute anche nel caso in cui le imposte estere siano divenute definitive entro il termine di presentazione del mod. UNICO del primo periodo d’imposta successivo.
Tale facoltà, ora consentita a tutti i contribuenti, è subordinata all’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali non è ancora intervenuto il pagamento a titolo definitivo.
Come stabilito dal co. 3 del citato art. 15, le novità in esame sono applicabili “a decorrere dal periodo l’imposta in corso alla data di entrata in vigore del … decreto”.
La norma prevede che la detrazione del foreign tax credit possa essere operata dall’imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al primo periodo d’imposta successivo. L’esercizio di tale facoltà è condizionato all’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali non è ancora avvenuto il pagamento a titolo definitivo.
>> A differenza di quanto chiarito a commento del comma 4 dell’articolo 165 del TUIR, il termine previsto dal comma 5 è il termine di scadenza stabilito per la presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo a quello di competenza.
Ad esempio, per i soggetti con l’esercizio coincidente con l’anno solare, l’ultima data utile per i redditi prodotti nel 2014 è il 30 settembre 2016, anche nel caso in cui la dichiarazione dei redditi venga presentata successivamente, con ritardo non superiore ai 90 giorni. Ciò si desume dal tenore letterale della disposizione contenuta nel comma 5 che richiede che il pagamento si verifichi entro il “termine di presentazione della dichiarazione” e non, invece, “prima della presentazione” della dichiarazione, come previsto nel precedente comma 4.
>> La norma subordina la legittimità della detrazione del credito per competenza alla condizione che il pagamento definitivo delle imposte estere avvenga nei termini previsti. Il mancato pagamento delle imposte estere entro il termine indicato comporta il venir meno retroattivamente degli effetti dell’opzione e rende indebita la detrazione operata. A seguito di controllo formale della dichiarazione, l’imposta indebitamente detratta è, pertanto, iscritta a ruolo ai sensi dell’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, così come la sanzione per omesso versamento di cui all’articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e gli interessi, calcolati a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento fino alla data di consegna al concessionario del ruolo.
>> Inoltre, il contribuente può avvalersi della facoltà prevista dall’articolo 2, comma 8, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, in base al quale la dichiarazione dei redditi può essere integrata per correggere errori od omissioni mediante una successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di decadenza dell’azione di accertamento e, quindi, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la prima dichiarazione. In tal caso, il contribuente, ricorrendone i presupposti, può avvalersi del ravvedimento operoso disciplinato dall’articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, beneficiando della riduzione delle sanzioni.
Le modalità di calcolo delle eccedenze e il riporto all’indietro (carry back) e in avanti (carry forward)
6. L'imposta estera pagata a titolo definitivo su redditi prodotti nello stesso Stato estero eccedente la quota di imposta italiana relativa ai medesimi redditi esteri, costituisce un credito d'imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d'imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all'ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l'eccedenza
dell'imposta estera può essere riportata a nuovo fino all'ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d'imposta nel caso in cui si produca l'eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente co.. Le disposizioni di cui al presente co. relative al riporto in avanti e all'indietro dell'eccedenza si applicano anche ai redditi d'impresa prodotti all'estero dalle singole società partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso Paese, salvo quanto previsto
dall'art. 136, co. 6.
Il D.Lgs. n. 147/2015 ha previsto l’estensione del riporto in avanti e indietro anche in presenza di reddito non rientrante tra quello “d’impresa prodotto, da imprese residenti, nello stesso Paese estero”.
Di conseguenza detta possibilità è ora consentita a tutti i contribuenti.
Come stabilito dal co. 3 del citato art. 15, le novità in esame sono applicabili “a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del … decreto”.
Per quanto attiene alla pratica applicazione dell’istituto, il comma 6 prevede la rilevazione di due opposte eccedenze:
- dell’imposta estera pagata a titolo definitivo che eccede la quota di imposta italiana relativa al reddito prodotto nel medesimo Paese (indicata, negli esempi, come “Ecc IE”, che confluisce nel relativo basket);
- della quota d’imposta italiana che eccede le imposte estere pagate su tale reddito Paese (indicata, negli esempi, come “Ecc II”, che confluisce nel relativo basket).
Tramite il riporto avanti (“carry forward”) e indietro (“carry back”) è consentita la compensazione delle predette eccedenze.
In particolare, l’eccedenza d’imposta estera può essere computata a credito fino a concorrenza dell’eccedenza d’imposta italiana.
Quanto residua (o l’intero ammontare se nel periodo di riferimento non si è formata eccedenza d’imposta italiana) può essere riportato a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo ed essere utilizzato quale credito al verificarsi, nello Stato estero, dell’opposta eccedenza della quota d’imposta italiana.
Alla scadenza dell’ultimo periodo in cui è consentito il riporto, l’ammontare residuo viene azzerato e non può essere portato a riduzione del reddito del soggetto residente né altrimenti recuperato in Italia.
Omessa dichiarazione redditi prodotti all’estero - art. 165, comma 8, del TUIR e dichiarazione integrativa
8. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata.
Il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero. In base a tale disposizione, il contribuente non può fruire del credito di cui all’articolo 165 del TUIR qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa (o debba essere considerata tale) o il reddito estero non sia stato dichiarato.
Con specifico riferimento alle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, si rammenta che ai sensi dell’articolo 2, comma 7, ultimo periodo, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, si considerano omesse le dichiarazioni presentate con un ritardo superiore a novanta giorni. Pertanto al contribuente spetta il credito di imposta in caso di presentazione tardiva della dichiarazione se tale presentazione avviene entro i novanta giorni successivi al termine ordinario.
Diversamente, il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR preclude la detrazione delle imposte pagate all’estero nel caso di dichiarazioni presentate con un ritardo superiore a novanta giorni, dal momento che queste ultime sono da ritenersi omesse, benché costituiscano titolo per la riscossione degli imponibili in esse indicati.
Per quanto riguarda, invece, le ipotesi di omessa indicazione nella dichiarazione presentata in Italia dei redditi prodotti all’estero, è opportuno chiarire, in via preliminare, che tale fattispecie si verifica nel caso in cui nella predetta dichiarazione non risulti indicato un reddito estero derivante dalla medesima fonte produttiva e appartenente alla medesima categoria reddituale. Ciò significa che il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR non è applicabile ad un soggetto residente che, ad esempio, abbia parzialmente dichiarato il reddito di impresa prodotto da una propria stabile organizzazione all’estero.
Inoltre, la disposizione in commento deve essere coordinata con l’articolo 2, comma 8, del citato D.P.R. 322 del 1998 che prevede la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione da presentare, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta al quale si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti per l’accertamento.
Tale possibilità, quindi, consente al contribuente di dichiarare un reddito estero non indicato nella dichiarazione originaria e di sanare, in tal modo, la violazione commessa.
In questo caso, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e conseguentemente al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.
Parziale concorso del reddito estero alla formazione del reddito complessivo e misura del credito
10. Nel caso in cui il reddito prodotto all'estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente.
Il comma 10 dell’articolo 165 del TUIR stabilisce che quando il reddito estero concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo, l’imposta estera detraibile deve essere ridotta in misura corrispondente.
>>La riduzione dell’imposta estera detraibile, nei limiti della quota imponibile del reddito estero, non riguarda le ipotesi in cui – per effetto di differenti modalità di determinazione del reddito nei vari ordinamenti – l’ammontare del reddito estero assoggettato a tassazione in Italia non corrisponda al quantum tassato nello Stato estero. Ciò si verifica, ad esempio, per il reddito delle stabili organizzazioni all’estero o per il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero diverso da quello determinato ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, essendo diverse le regole di determinazione vigenti nei vari Paesi.
Es: caso di dividendi di fonte estera. Gli articoli 89 e 47 del TUIR prevedono una parziale esclusione dei dividendi percepiti da residenti, che sono assoggettati a imposta nei limiti del 5 per cento e del 49,72 per cento, a seconda che il percettore sia rispettivamente un soggetto IRES o una persona fisica titolare di partecipazioni qualificate. Le imposte pagate all’estero in via definitiva su tali redditi devono essere assunte, ai fini del calcolo del credito spettante, in misura pari al 5 o al 49,72 per cento del loro ammontare, ossia nella stessa percentuale nella quale i dividendi concorrono - avuto riguardo alla natura del socio - alla formazione del reddito.
Es: redditi derivanti da attività di lavoro subordinato prestata all’estero in via continuativa di cui al citato articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, determinati in base alle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L’articolo 36, comma 30, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, infatti, ha introdotto una norma di interpretazione autentica secondo la quale in caso di reddito calcolato convenzionalmente in misura ridotta in base alle disposizioni dell'articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, il prestatore di lavoro all'estero fruisce, per le imposte ivi pagate, di un credito d'imposta non pieno, ma proporzionale al reddito determinato ai sensi del predetto articolo 51, comma 8-bis, del TUIR. In tal caso, l'imposta estera deve essere rimodulata sulla base del rapporto tra la retribuzione convenzionale ed il reddito di lavoro dipendente che sarebbe stato tassabile in via ordinaria - e non in misura convenzionale - in Italia.
Utili distribuiti da entità estere trasparenti
Nell’ordinamento interno la società in questione non è considerata trasparente in quanto viene ricompresa tra i soggetti IRES (articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR) con la conseguenza che il reddito che il residente italiano ritrae dalla partecipazione in detta società assume rilevanza, ai fini fiscali, solo al momento della distribuzione. Tale reddito viene tassato in Italia come reddito di capitale oppure concorre alla formazione del reddito d’impresa se percepito da un soggetto IRES o da un soggetto IRPEF in regime di impresa. In ogni caso la tassazione avviene in ossequio al principio di cassa.
>>Cir. 9/E/2016 Per questo motivo, coerentemente con il disposto dell’articolo 73, comma 1, lettera d) del TUIR, che stabilisce, ai fini del trattamento fiscale interno, una finzione di “opacità” per le entità estere trasparenti, si ritiene che gli utili che queste ultime distribuiscono ai soci residenti debbano essere quantificati con modalità analoghe a quelle dei dividendi distribuiti da una società estera “realmente” opaca.
Conseguentemente, per effetto della predetta finzione di opacità, le imposte estere pagate dal socio residente sulla quota di utili a lui spettanti sono considerate come imposte pagate dalla società e saranno scomputate, ai fini della tassazione in Italia, dall’ammontare lordo al medesimo distribuito. Tale scomputo comporta che il dividendo tassato in Italia in capo al socio di un’entità estera trasparente sia costituito, al pari dei dividendi derivanti da partecipazioni in entità opache, da una grandezza netta, che tiene conto delle imposte pagate all’estero sugli utili oggetto di distribuzione.
In altri termini, se la società estera distribuisce l’utile dell’anno N, il dividendo rilevante fiscalmente in Italia in capo al socio è da quantificare al netto delle imposte pagate, in via definitiva, sul reddito che gli è stato imputato per trasparenza nella medesima annualità (anno N).