FATTURE OGGETTIVAMENTE INESISTENTI: PREVENIRE LE CONTESTAZIONI
CIRCOLARE - Pubblicato il: 04 luglio 2018 - Da: G. Manzana E. Iori
La Cassazione ha ritenuto che spetta all’amministrazione dimostrare che il contribuente «sapeva o avrebbe dovuto sapere» che con il proprio acquisto partecipava ad una frode. A tal fine occorre dare prova che il soggetto era direttamente coinvolto nel fatto illecito o fornire prova della consapevolezza delle violazioni.
Solo una volta assolto tale onere probatorio spetta al contribuente dimostrare che, nonostante l’impiego della dovuta diligenza, era impossibile scoprire la frode (tra le ultime Cassazione 21740/2017).
COSA DEVE FARE IL CONTRIBUENTE
Al contribuente è richiesta una preliminare attività di controllo sulla bontà e correttezza del soggetto con cui opera commercialmente, in esito alla quale può essere dimostrata la buona fede. Non si tratta delle verifiche degli organi a ciò preposti (Guardia di finanza, agenzia delle Entrate o altri enti), ma di controllare che l’azienda sia esistente, che il soggetto con cui si hanno rapporti sia effettivamente riconducibile all’impresa fatturante, ecc..
La buona fede diventa centrale per evitare il coinvolgimento negli illeciti Iva: è quanto emerge dal consolidato orientamento dei giudici europei e nazionali.
A tal fine, è legittimo pretendere che l’operatore adotti tutte le misure (che gli si possono ragionevolmente chiedere) per assicurarsi che l’operazione non comporti una propria partecipazione all’evasione.
POSSIBILI CONTROLLI
Diventa quindi opportuno adottare dei “dossier” per fornitore di modo da essere nelle condizioni per poter, se necessario, dimostrare la buona fede per evitare il coinvolgimento negli illeciti Iva.
Gli elementi da considerare potrebbero essere:
• Accertamento dell’esistenza. Attraverso visure camerali, siti internet, ricerche presso altre banche dati commerciali e altre verifiche analoghe è opportuno riscontrare che l’impresa sia operativa e regolarmente iscritta nei pubblici registri e che gli amministratori non risultino già coinvolti in frodi (per quanto è possibile apprendere).
• Locali compatibili. Una delle principali eccezioni dei verificatori attiene l’esistenza di una sede compatibile con l’attività svolta. Si pensi ad esempio ad una società che produce scarpe, ma che formalmente risulti operativa solo in un ufficio: si tratta evidentemente di un’anomalia che dovrebbe richiamare l’attenzione del contribuente.
• Titolari e/o dipendenti. È necessario individuare la qualifica del soggetto con il quale si intrattengono concretamente le operazioni commerciali (legale rappresentante, dipendente eccetera) e accertarsi che sia effettivamente riconducibile all’impresa indicata in fattura.
• Contratti, email e fax. Nell’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, è importante la conservazione della corrispondenza dalla quale può emergere che l’interlocutore era un soggetto riconducibile alla società emittente le fatture. Potrebbe essere rilevante verificare l’indirizzo di posta elettronica con cui si scambia la corrispondenza e, in particolare, se ha un’estensione generica o riporta il dominio della società.
• Dichiarazioni di intento. La nuova norma impone che il contribuente si accerti che il proprio cliente abbia inviato la dichiarazione d’intento in via telematica alle Entrate. È verosimile ritenere che tale adempimento, oltre alle verifiche sull’esistenza dell’impresa, sia di per sé sufficiente per la non imponibilità dell’operazione.
• I prezzi. Se particolarmente competitivi, sono un indice di rischio. Il contribuente, quindi, dinanzi a divergenze eccessive rispetto alla media del mercato, dovrebbe approfondire le proprie “indagini”.
• Pagamenti e Ddt. La giurisprudenza, ormai con un orientamento univoco, ha affermato che la regolarità nei pagamenti non esclude la colpevolezza del contribuente. Ad ogni buon fine, però, occorre che siano regolari e rispettino il contratto, nel caso in cui sia stato sottoscritto. Inoltre, prudenzialmente occorre conservare le prove dei trasporti e delle consegne delle merci.