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IMPOSTA SUL VALORE DELLE ATTIVITA' FINANZIARIE DETENUTE ALL'ESTERO

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ARTICOLO - Pubblicato il: 4 gennaio 2013 - Da: G. Manzana E. Iori

 

L’articolo 19, commi da 13 a 17, del Dl n. 201/2012 ha istituito un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero di proprietà di persone fisiche residenti nel territorio dello Stato o in relazione ai quali le stesse siano titolari di diritti reali.

Inoltre, i commi da 18 a 22 dello stesso decreto legge n. 201 del 2011 hanno istituito un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia.

Tale disposizione è stata successivamente modificata

-           dall’articolo 8, commi 16 e 17, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 e ulteriori modifiche sono state apportate in sede di conversione dalla legge 26 aprile 2012, n. 44

-           dall’art. 1 co. 518 e ss. della Legge 24 dicembre 2012, n. 228.

Quest’ultima previsione, in particolare, sposta l’istituzione di tali imposte dal 2011 – come previsto dalla versione originaria della norma – al 2012, con ciò evitandosi censure di incostituzionalità a causa della previgente retroattività.

La prima delle imposte in questione, vale a dire l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE), presenta analogie con l’imposta municipale propria (IMU) che si applica agli immobili situati in Italia e, in tale contesto, alcune delle disposizioni ad essa applicabili sono state estese ai fini della tassazione degli immobili situati all’estero per ragioni di coerenza e di uniformità di trattamento.

L’introduzione di un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) deriva anch’essa da esigenze di coerenza del sistema, posto che per le attività detenute presso intermediari italiani è prevista l’applicazione di un’imposta di bollo come riformulata dallo stesso articolo 19 del Dl 201/2012 nell’ambito dell’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642.

Ai sensi del comma 23 dello stesso articolo 19 del Dl 201/2012 è stato emanato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 5 giugno 2012, che reca, le modalità di determinazione e applicazione delle imposte.

Sulla versione originaria della norma l’Agenzia delle entrate è intervenuta con la cir. 28/E del 2012.

Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE)

A decorrere dal periodo d’imposta 2012, è dovuta l’IVAFE sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia.

Come anticipato, il testo originario prevedeva l’applicazione già dal 2011. Lo spostamento al 2012 - avvenuto ad opera dell’art. 1 co. 518 e ss. della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 – è stato previsto al fine di evitare censure di incostituzionalità a causa della previgente retroattività. La norma pertanto (Cfr. co. 519) sancisce che quanto è stato corrisposto dai contribuenti si intente in acconto dell’imposta per il 2012, il cui versamento deve avvenire, sia in acconto che a saldo, con le stesse disposizioni applicabili per l’Irpef.

Sono soggette all’imposta anche le attività finanziarie che sono state oggetto di operazioni di emersione mediante la procedura della regolarizzazione. Non si considerano, invece, detenute all’estero le attività finanziarie rimpatriate (sia fisicamente che giuridicamente).

Sono, inoltre, escluse dall’ambito di applicazione di tale disposizione le attività finanziarie detenute all’estero, ma che sono amministrate da intermediari finanziari italiani e le attività estere fisicamente detenute dal contribuente in Italia.

In buona sostanza l’imposta è dovuta, a prescindere dalla circostanza che il soggetto emittente o la controparte siano residenti o meno, nei casi in cui le attività si considerano detenute all’estero. Si considerano come attività detenute all’estero anche le attività finanziarie detenute, ad esempio, in cassette di sicurezza all’estero o tramite intermediari non residenti.

Il comma 19 dell’articolo 19 del Dl 201/2012 precisa che l’imposta è dovuta in proporzione alla quota di possesso e al periodo di detenzione.

L’articolo 19, commi da 13 a 23 del Dl n. 201/2012

(…)

18. A decorrere dal 2012 e' istituita un'imposta sul valore delle attivita' finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.

19. L'imposta di cui al comma 18 e' dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione.

20. L'imposta di cui al comma 18 e' stabilita nella misura dell'1 per mille annuo, per il 2012, e dell'1,5 per mille, a decorrere dal 2013, del valore delle attivita' finanziarie. Per i conti correnti e i libretti di risparmio l'imposta e' stabilita in misura fissa pari a quella prevista dall'articolo 13, comma 2-bis, lettera a), della tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642. Il valore e' costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui sono detenute le attivita' finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell'intermediario estero di riferimento per le singole attivita' e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.

21. Dall'imposta di cui al comma 18 si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenute le attivita' finanziarie.

22. Per il versamento, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonche' per il contenzioso, relativamente all'imposta di cui al comma 18 si applicano le disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, ivi comprese quelle relative alle modalità di versamento dell'imposta in acconto e a saldo.

23. Con uno o piu' provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni di attuazione dei commi da 6 a 22.

Provv. Ag. entrate 5 giugno 2012

(…)

5. Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero

Il comma 18 dell’articolo 19 del decreto istituisce, a decorrere dal periodo d’imposta 2011, un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia.

Sono soggette all’imposta anche le attività finanziarie che sono state oggetto di operazioni di emersione mediante la procedura della regolarizzazione. Non si considerano, invece, detenute all’estero le attività finanziarie rimpatriate (sia fisicamente che giuridicamente).

Le attività finanziarie oggetto di un contratto di amministrazione con una società fiduciaria residente o di gestione con un intermediario residente, sono soggette all’imposta di bollo di cui all’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. n. 642 del 1972 e sulle stesse non è dovuta l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero.

L’imposta è rapportata ai giorni di detenzione ed è ripartita in base alla percentuale di possesso in caso di attività finanziarie cointestate.

L’imposta si applica sulle seguenti attività finanziarie se detenute all’estero:

-           partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti, obbligazioni italiane o estere e titoli similari, titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote di OICR), valute estere, depositi e conti correnti costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);

-           contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;

-           contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato;

-           metalli preziosi allo stato grezzo o monetato;

-           diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni o strumenti finanziari assimilati;

-           ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

L’imposta non è dovuta con riferimento alle polizze emesse da imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi e stipulate da soggetti residenti in Italia, a condizione che dette imprese applichino l’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. n. 642 del 1972, nel rispetto delle condizioni richieste dall’articolo 3, comma 7, secondo periodo, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012.

I titoli o i diritti offerti ai lavoratori dipendenti ed assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato prezzo, azioni della società estera con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro o delle società controllate o controllanti (cd. stock option) sono soggetti all’imposta solo nel caso in cui siano cedibili.

Non sono soggette all’imposta le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero.

5.1 Base imponibile

Il valore delle attività finanziarie è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute.

Qualora le attività non siano più possedute alla data del 31 dicembre dell’anno si deve fare riferimento al valore delle attività rilevata al termine del periodo di detenzione.

Per i titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri si deve fare riferimento al valore puntuale di quotazione rilevato alla data del 31 dicembre di ciascun anno o al termine del periodo di detenzione. A tal fine, può essere utilizzata la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività ovvero dell’impresa di assicurazione estera.

Qualora alla predetta data non ci sia stata negoziazione si deve assumere il valore di quotazione rilevato nel giorno antecedente più prossimo.

Per i titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione si deve far riferimento al valore nominale o, in mancanza, al valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente.

Si precisa che ai fini della quantificazione del valore rilevano anche i titoli che non presentino né un valore nominale né un valore di rimborso; in tal caso
occorre tenere conto del valore di acquisto dei titoli.

L’imposta è dovuta nella misura del:

-           1 per mille per il 2011 e il 2012;

-           1,5 per mille per gli anni successivi.

Per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, l’imposta è stabilita in misura fissa pari a quella prevista dall’articolo 13, comma 2-bis, lettera a), della Tariffa, Allegato A, Parte prima, del D.P.R. n. 642 del 1972. L’imposta è rapportata ai giorni di detenzione ed è ripartita in base alla percentuale di possesso in caso di conti correnti o libretti di risparmio cointestati. L’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a euro 5.000.

5.2 Modalità di calcolo e di versamento

Dall’imposta si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata in relazione al medesimo periodo d’imposta nello Stato estero in cui sono detenute le attività finanziarie.

Al fine di dichiarare il valore delle attività finanziarie detenute all’estero deve essere compilata la Sezione XVI del quadro RM del modello UNICO Persone fisiche. A tal fine deve essere indicato il controvalore in euro degli importi in valuta calcolato in base all’apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 6, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

Il versamento dell’imposta è effettuato in un’unica soluzione entro il termine del versamento a saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riferimento a decorrere dal 2011 ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435. Non sono dovuti acconti.

A differenza di quanto espressamente previsto per l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, per l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero non spetta la franchigia di euro 200.

E’ consentito rateizzare l’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 9

luglio 1997, n. 241.

Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso relativi all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Ambito soggettivo

Le persone fisiche residenti sono assoggettate all’imposta in esame qualora detengano all’estero attività finanziarie a titolo di proprietà o di altro diritto reale, e indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e quindi anche se pervengono da eredità o donazioni.

Ai fini dell’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta in esame nel caso di interposizione o di intestazione formale a società ed altre entità giuridiche si rinvia a quanto specificato con riferimento all’imposta sugli immobili situati all’estero.

Secondo la cir. 28/E del 2012 l’imposta trova applicazione anche nel caso in cui le attività finanziarie siano detenute per il tramite una società fiduciaria nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte mentre l’effettiva disponibilità degli immobili è da attribuire a persone fisiche residenti. Secondo il pensiero dell’amministrazione finanziaria (Cfr. circolare 4 dicembre 2001, n. 99/E) relativamente alla nozione di “interposta persona”, la questione non può essere risolta in modo generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e alle modalità organizzative del soggetto interposto. Per quanto concerne le attività detenute per il tramite un trust (sia esso residente che non residente) occorre considerare se lo stesso sia in realtà un semplice schermo formale e se la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust. In tali casi, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio, nonché i redditi da questo prodotti, devono essere ricondotti ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità. Al fine di individuare alcuni di tali fattispecie si rinvia a quanto indicato nelle circolari n. 43/E del 10 ottobre 2009, paragrafo 1, e n. 61/E del 27 dicembre 2010.

Rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione dell’IVAFE anche i contribuenti che prestano la propria attività lavorativa all’estero in via continuativa per i quali la residenza fiscale in Italia è determinata ex lege, in forza di presunzione legale che prescinde dalla ricorrenza o meno dei requisiti richiesti dall’articolo 2 del TUIR, e per i quali è previsto, ai sensi dell’articolo 38 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, l’esonero dalla compilazione del modulo RW della dichiarazione annuale dei redditi, non solo in relazione al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi o altri emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi svolte, ma anche relativamente a tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero. Rientrano pertanto tra i soggetti in questione le persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, nonché i lavoratori che prestano la propria attività lavorativa in zone di frontiera e in paesi limitrofi.

Ambito oggettivo

L’imposta si applica sulle seguenti attività finanziarie se detenute all’estero:

-           partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti, obbligazioni italiane o estere e i titoli similari, titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote di OICR), valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);

-           contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;

-           contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato;

-           metalli preziosi allo stato grezzo o monetato;

-           diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;

-           ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

La cir. 28/E del 2012 specifica che:

-           I titoli o i diritti offerti ai lavoratori dipendenti ed assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato prezzo, azioni della società estera con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro o delle società controllate o controllanti (cd. stock option) sono soggetti all’imposta solo nel caso in cui siano cedibili.

-           Non sono soggette all’IVAFE le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero.

-           Relativamente alle attività finanziarie oggetto di un contratto di amministrazione con una società fiduciaria residente o di custodia, amministrazione o gestione con soggetti intermediari residenti, l’IVAFE non è dovuta in quanto su tali attività viene applicata l’imposta di bollo (ai sensi dell’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. n. 642 del 1972), dal momento che le stesse non sono considerate come detenute all’estero.

-           Ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012, sono soggette all’imposta di bollo prevista dall’articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. n. 642 del 1972, le polizze di assicurazione stipulate da soggetti residenti in Italia ed emesse da imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi che abbiano esercitato la facoltà prevista dall’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 e quella per l’applicazione dell’imposta di bollo in modo virtuale.Al riguardo la circolare 31 dicembre 2003, n. 62/E ha sottolineato come le disposizioni dell’articolo 26-ter, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotte dall’articolo 41-bis del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, hanno inteso equiparare il regime impositivo dei rendimenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies), del TUIR, dovuti dalle predette imprese - nel caso in cui le stesse optino per applicare direttamente l’imposta sostitutiva sui predetti redditi - con quello previsto per i proventi della medesima natura corrisposti da imprese italiane. Ciò premesso, anche alla luce delle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012 sopra richiamate, la Cir. 28/E del 2012 ritiene che , nel caso in cui le predette imprese di assicurazione estere abbiano esercitato entrambe le predette opzioni, le polizze assicurative in questione subiscono, ai fini che qui interessano, un trattamento tributario complessivamente equiparato alle analoghe polizze assicurative italiane. Pertanto, le stesse possono sostanzialmente considerarsi come detenute in Italia e, quindi, non sono assoggettate all’IVAFE. Nel caso in cui le imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi non esercitino le predette opzioni, ma le polizze siano affidate in amministrazione a una fiduciaria residente o ad un altro intermediario residente, sulle stesse trova applicazione l’imposta di bollo di cui al citato articolo 13, comma 3-ter, del D.P.R n. 642 del 1972 e non è pertanto dovuta l’IVAFE. Le predette attività, infatti, non si considerano detenute all’estero nel presupposto che per effetto del predetto mandato ad amministrare, la società fiduciaria o l’intermediario si impegna ad applicare e versare le ritenute alla fonte o le imposte sostitutive previste dall’ordinamento tributario sui redditi derivanti dalle attività oggetto del rapporto e, nelle ipotesi in cui le ritenute siano applicate a titolo d’acconto ovvero non siano previste, ad effettuare le comunicazioni nominative all’Amministrazione finanziaria.

Nelle fattispecie in esame la cir. 28/E del 2012 ricorda che l’imposta di bollo è applicata alla scadenza del contratto o al riscatto della polizza. Tuttavia, qualora il contratto di amministrazione con la fiduciaria residente o con l’intermediario residente venga interrotto, i predetti soggetti devono versare l’imposta di bollo determinata per ciascun anno ed accantonata fino a tale data. Va da sé che, una volta interrotto il rapporto di intermediazione, la polizza si considera detenuta all’estero e deve essere corrisposta l’IVAFE. Pertanto, il contribuente dovrà compilare al riguardo il quadro RM del modello UNICO Persone fisiche ed è altresì tenuto a indicare tali attività nel modulo RW del predetto modello.

Nel caso in cui le compagnie estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi non abbiano esercitato le opzioni di cui sopra e le polizze non siano oggetto di contratti di amministrazione con una fiduciaria residente o con altri intermediari residenti, sulle stesse è dovuta l’IVAFE, in quanto tali polizze si considerano detenute all’estero.

Base imponibile dell’IVAFE

Il valore delle attività finanziarie è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività ovvero dell’impresa di assicurazione estera. Qualora le attività non siano più possedute alla data del 31 dicembre si deve fare riferimento al valore di mercato delle attività rilevata al termine del periodo di detenzione.

Nel caso in cui le attività finanziarie abbiano una quotazione nei mercati regolamentati deve essere utilizzato tale valore.

A tal fine, per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati si deve fare riferimento al valore puntuale di quotazione alla data del 31 dicembre di ciascun anno o al termine del periodo di detenzione.

Qualora alla predetta data non ci sia stata negoziazione si deve assumere il valore di quotazione rilevato nel giorno antecedente più prossimo.

Per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione si deve far riferimento al valore nominale o, in mancanza, al valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente.

Qualora il titolo abbia sia il valore nominale che quello di rimborso, la base imponibile è costituita dal valore nominale.

Infine, nell’ipotesi in cui manchi sia il valore nominale sia il valore di rimborso la base imponibile è costituita dal valore di acquisto dei titoli.

Modalità di calcolo dell’IVAFE

L’imposta è dovuta nella misura del:

-           1 per mille per il 2011 e il 2012;

-           1,5 per mille per gli anni successivi.

A differenza di quanto espressamente stabilito per l’IVIE, non è prevista alcuna soglia di esenzione per il versamento dell’imposta in esame.

L’imposta è dovuta in proporzione ai giorni di detenzione e alla quota di possesso in caso di attività finanziarie cointestate.

Per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in Paesi della Unione europea o in Paesi aderenti al SEE che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, l’imposta è stabilita in misura fissa pari a quella prevista dall’articolo 13, comma 2-bis, lettera a), della tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972, attualmente pari a euro 34,20.

Tale misura va applicata con riferimento a ciascun conto corrente o libretto di risparmio detenuti all’estero dal contribuente.

In caso di estinzione o di apertura di tali rapporti in corso d’anno, l’imposta è rapportata al periodo di detenzione espresso in giorni e per i conti cointestati, l’imposta fissa è ripartita in base alla percentuale di possesso.

L’imposta in misura fissa non è dovuta qualora il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti sia non superiore a euro 5.000. A tal fine occorre tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal contribuente presso il medesimo intermediario e a nulla rilevando il periodo di detenzione del rapporto durante il periodo d’imposta.

Nel caso in cui il contribuente possieda rapporti cointestati, al fine della determinazione del predetto limite si tiene conto degli ammontari riferibili pro quota al medesimo contribuente.

Infine, se il conto corrente ha una giacenza media annuale di valore negativo, tale conto non concorre a formare il valore medio di giacenza per l’esenzione.

L’applicazione della misura fissa nonché della soglia di esenzione di euro 5.000 per l’applicazione dell’IVAFE si riferisce esclusivamente ai conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti in Paesi della Unione europea o in Paesi aderenti al SEE e non ad altre tipologie di attività finanziarie.

Nel caso in cui operi l’esenzione collegata alla soglia di euro 5.000, i dati relativi ai conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti nei predetti Paesi non devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi, fermo l’eventuale obbligo di compilazione del modulo RW.

Dall’imposta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento, nello Stato estero in cui sono detenute le attività finanziarie.

Il credito d’imposta non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia.

Qualora con il Paese nel quale è detenuta l’attività finanziaria sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni riguardante anche le imposte di natura patrimoniale che preveda, per tale attività, l’imposizione esclusiva nel Paese di residenza del possessore, non spetta alcun credito d’imposta per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero. In tali casi, per queste ultime può essere chiesto il rimborso all’Amministrazione fiscale del Paese in cui le suddette imposte sono state applicate nonostante le disposizioni convenzionali.

Termini e modalità di dichiarazione e versamento dell’IVAFE

Il Dl 201/2012 prevede che per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso relativi all’IVAFE si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Al fine di dichiarare il valore delle attività finanziarie detenute all’estero deve essere compilata la Sezione XVI del quadro RM del modello UNICO Persone fisiche. A tal fine deve essere indicato il controvalore in euro degli importi in valuta calcolato in base all’apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 6, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

Nel provvedimento non è specificato se occorre fare riferimento al cambio ministeriale dell’anno di acquisto ovvero se annualmente occorre rideterminare il valore applicando il cambio ministeriale dell’anno. Ragioni di ordine logico sistemiche farebbero propendere per la prima soluzione: sarebbe infatti poco razionale applicare un cambio corrente a un costo storico. In tal caso andrebbe individuati i cambi relativi agli acquisti ante 1992 per i quali non è possibile far riferimento, non esistendo, al provvedimento richiamato.

L’imposta deve essere versata dal contribuente in base alle ordinarie disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche ai sensi quindi del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435. Il pagamento deve quindi avvenire mediante saldo a acconto ed è consentito rateizzare l’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

A tale proposito si fa presente che il pagamento anche degli acconti (e non solo del saldo) è stato introdotto nel disposto normativo ad opera dell’art. 1 co. 518 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228. Prima della modifica, il testo originario prevedeva unicamente il versamento a saldo.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 137, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 non si esegue il versamento per il debito della singola imposta o addizionale risultanti dalla dichiarazione dei redditi che non superano ciascuna l’importo di euro 12,00. Conseguentemente nel caso in cui il debito di imposta relativo all’IVAFE non sia superiore a 12 euro il versamento non deve essere effettuato.

Il versamento dell’IVAFE deve essere effettuato utilizzando il codice “4043” indicato nella risoluzione n. 54/E del 7 giugno 2012 e denominato “Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato”.

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