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LA TRASFORMAZIONE D'AZIENDA "ANOMALA" DELLE SOCIETA' DI PERSONE

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ARTICOLO - Pubblicato il: 20 febbraio 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

 

La trasformazione d’azienda “anomala” delle società di persone

Per trasformazione anomala nella pratica si intende la continuazione, mediante impresa individuale, dell'attività da parte del socio superstite della società di persone. A differenza che nelle società di capitali, dove ciò rappresenta una ipotesi normata, per cui tecnicamente gestibile, per le società di persone la perdita della pluralità dei soci comporta la liquidazione se, trascorsi sei mesi dal suo verificarsi, la pluralità medesima non viene ricostituita (articolo 2272, comma 4, del Codice civile). Il venire meno della pluralità dei soci, pertanto, comporta l’estinzione della società, che solitamente – come anche nel caso descritto dal lettore – prosegue in capo all’imprenditore individuale (cioè, in altre parole, al socio superstite).

Giurisprudenza

La giurisprudenza (Cass. sent. n. 496 del 2015) ha ritenuto che l’operazione di trasformazione presuppone che si passi da un "ente" a un altro "ente" societario, e che, quindi, non è ammissibile la "trasformazione" di una società unipersonale in impresa individuale: in tale caso si avrebbe lo scioglimento della società “trasformata” e l’assegnazione del patrimonio all’unico socio (in precedenza Cassazione n. 1593/2002, Tribunale di Mantova 28 marzo 2006; Appello Torino, 14 luglio 2010; Tribunale di Piacenza, 22 dicembre 2011).

In precedenza si ricorda:

- Cass., sent. n. 905 del 6 febbraio 1984 secondo la quale“lo scioglimento della società di persone, per mancata ricostruzione della pluralità dei soci nel termine semestrale, non comporta alcuna modificazione soggetti delle strutture giuridiche attive e passive facenti capo alla società, che si concentrano nell’unico socio rimasto dal momento in cui la pluralità medesima viene meno. Decorsi i sei mesi senza che sia stata ricostruita la pluralità dei soci, la società si scioglie e ed entra la fase di liquidazione, un modo particolare si ha quando il socio supersite estingue la società, decidendo di continuare, quale imprenditore individuale, l’esercizio dell’attività estinta” ;

- Cass,. n. 2226 del 16 marzo 1996 “con il venir meno della pluralità dei soci, la società perde il carattere societario e si trasforma in impresa individuale con la concentrazione della titolarità dei rapporti, già facenti capo alla società, nel socio residuo, che , quale imprenditore individuale, risponde personalmente delle obbligazioni già sociali”;

- e ancora Cassazione n. 3671/07 e studio n. 3-2005/T del Notariato secondo i quali si verifica una "trasformazione" societaria in senso generico, diversa da quella prevista dal Codice civile.

La tesi della trasformabilità di una società in una ditta individuale è sostenuta invece dai notai del Triveneto massima K.A.37, e dal Consiglio nazionale del Notariato nello studio 545-2014.

Prassi amministrativa: imposizione diretta e indiretta

Ciò assume conseguenze piuttosto significative sia per le imposte indirette che per le imposte dirette. Il primo ambito, che è quello che più interessa al lettore, è stato affrontato nella risoluzione 47/E del 3 aprile 2006, dove si afferma: «Pertanto, la scrivente ritiene che la cosiddetta continuazione dell’impresa in forma individuale sia sempre preceduta dallo scioglimento della società e dalla liquidazione della medesima». Conseguenza pratica di questa impostazione è che il trasferimento dell’azienda dalla società all’impresa individuale realizza un'assegnazione sottoponibile a imposta di registro nella misura stabilita per ciascun bene o diritto assegnato. Nel caso in questione, pertanto, l’assegnazione degli immobili si dovrà tassare con imposta di registro in misura fissa (200 euro) e con le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale (complessivamente pari al 4 per cento), applicate sul valore normale di commercio degli immobili "assegnati" all’imprenditore individuale.

Ai fini delle imposte sul reddito, la circolare 54/E del 19 giugno 2002 (risposta n. 5) esclude, invece, l’emersione di qualunque plusvalenza, a condizione che il socio superstite continui l’attività sotto forma di impresa individuale, mantenendo inalterati i valori dei beni. In particolare prevede che:

- lo scioglimento della società non da luogo ad alcuna emersione di plusvalenza imponibile in relazione ai beni oggetto dell’attività d’impresa a condizione che il socio superstite imprenditore mantenga inalterati i valori dei beni;

- l’eventuale somma percepita dai soci uscenti, rappresenta, per la parte che eccede il costo d’acquisto delle quote, reddito di capitale tassabile ai sensi dell’art. 47, comma 7 del TUIR.

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