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LA TRASFORMAZIONE D'AZIENDA: ASPETTI FISCALI

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ARTICOLO - Pubblicato il: 1 gennaio 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

 

La neutralità delle operazioni

L’art. 170 TUIR sancisce la neutralità fiscale dell’operazione: viene detto che non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento. Pertanto il passaggio di beni dalla società prima della trasformazione e alla società dopo la trasformazione non rientra tra gli eventi cui si collega il riconoscimento ai fini impositivi di plusvalenze e minusvalenze latenti.

Ciò è dovuto all’abrogazione della lett. c) dell’art. 54 del TUIR e alla previsione contenuta all’art. 110, comma 1 lett. c) del TUIR, secondo la quale sono irrilevanti le plusvalenze iscritti, ma solo se fanno riferimento a beni strumentali.

Il primo comma dell’art. 170 del TUIR rappresenta una disposizione avente contenuto meramente confermativo di principi già presenti e operanti nel sistema, finendo in pratica per assumere carattere interpretativo del disposto degli artt. 86 e 101 del TUIR che prevedono l’irrilevanza delle plusvalenze e delle minusvalenze iscritte su beni strumentali (Zizzo, Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi. Trasformazioni,fusioni e scissioni, Milano, Giuffrè, 1996, p. 26). Al riguardo, il legislatore ha ugualmente ritenuto opportuno fissare espressamente il principio di neutralità fiscale in ordine all’operazione de qua, giacché tale enunciazione era già presente nel previgente art. 15 del D.P.R. 598/1973 e la sua mancata trasposizione avrebbe potuto comportare equivoche nonché errate interpretazioni in ordine alla novella legislativa (in tal senso la relazione governativa allo schema del TUIR, nonché Leo, Monacchi e Schiavo, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, Giuffrè, 1999, p. 1579).

Non sembrerebbe invece confermativo dei principi che regolano le rimanenze (art. 92 del TUIR); per queste, come per le partecipazioni sociali (art. 92 del TUIR) e talune spese aventi utilità pluriennale (art. 108 TUIR), diverse da quelle di pubblicità e di ricerca e sviluppo norma di default prevede che la neutralità si realizza solo confermando il valore di iscrizione risultante nella contabilità della società trasformata e non procedendo invece all’iscrizione di un maggior o minor valore (L. Miele, Trasformazioni “esposte”, Il Sole 24 Ore, 22 ottobre 2004).

Prima della riforma tributaria (attuata con il Dlgs n. 344 del 2003) si poteva sostenere che l’eventuale tassazione o deducibilità che ne poteva derivare risultava comunque coerente con il principio di neutralità fiscale della trasformazione sopra esposto in quanto, nella fattispecie in oggetto, l’emersione dei componenti positivi di reddito (o negativi) non dipendeva di per sé dalla trasformazione né dalla loro rilevazione nella relazione di stima, bensì da un atto volontario, distinto e autonomo dalla trasformazione, quale l’iscrizione nel bilancio di esercizio delle plusvalenze de quibus (atto equivalente a una vera e propria rivalutazione operata in occasione della trasformazione) (Zizzo, Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi. Trasformazioni, fusioni e scissioni, Milano, Giuffrè, 1996, p. 30). Stando il contenuto dell’attuale art. 2500-ter del Codice civile (secondo cui il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma di legge) ciò non sembrerebbe più vero con la conseguenza che l’iscrizione dei maggiori o minori valori (non solo dei beni strumentali) non vengono in ogni caso a assumere rilevanza fiscale. La cosa non è però così pacifica e merita una interpretazione da parte dell’Amministrazione finanziaria (in senso contrario si segnala: L. Miele, Trasformazioni “esposte”, Il Sole 24 Ore, 22 ottobre 2004).

Ma se la neutralità per i beni strumentali prescindere dalla continuità dei valori contabili da parte della società risultante dalla trasformazione; quindi si verifica la neutralità anche in tutti i casi in cui a seguito della trasformazione vengano recepiti valori:

- superiori a quelli risultanti dalla contabilità della società ante trasformazione (in questi casi va precisato che, per i beni sui quali vengono rilevate plusvalenze, il costo fiscalmente riconosciuto dei beni stessi si considera al netto delle plusvalenze iscritte);

- inferiori a quelli risultanti dalla contabilità della società ante trasformazione ( queste minusvalenze si considerano fiscalmente indeducibili dal reddito d’impresa in quanto realizzate con modalità diverse da quelle previste dall’art. 101 del TUIR) per i beni merce

Per i beni merci invece, La rilevanza fiscale si ha poi per le minori iscrizioni sui valori delle partecipazioni sociali (art. 92 del TUIR) e talune spese aventi utilità pluriennale (art. 108 TUIR), diverse da quelle di pubblicità e di ricerca e sviluppo). Ciò è dovuto all’abrogazione della lett. c) dell’art. 54 del TUIR e alla previsione contenuta all’art. 110, comma 1 lett. c) del TUIR, secondo la quale sono irrilevanti le plusvalenze iscritti, ma solo se fanno riferimento a beni strumentali.

I periodi d’imposta

L’art. 170 TUIR, dopo aver sancito la neutralità fiscale dell’operazione, al secondo comma prevede l’obbligo, in caso di trasformazione evolutiva o involutiva di presentazione di una dichiarazione dei redditi per il periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data in cui ha effetto la trasformazione.

La citata disposizione fiscale importa, pertanto, la suddivisione di uno stesso esercizio amministrativo in due distinti periodi d’imposta:

- il primo, che va dall’inizio dell’esercizio al giorno che precede la data di efficacia della trasformazione,

- il secondo, che parte dalla data da cui decorrono gli effetti della trasformazione e termina con la chiusura dell’esercizio.

Ad ognuno di questi corrisponde una dichiarazione dei redditi autonoma.

Per entrambi i periodi d’imposta si rende quindi opportuno determinare distintamente il reddito su cui calcolare le imposte; conseguentemente dovranno presentarsi due dichiarazioni dei redditi relative al medesimo esercizio.

Il calcolo degli ammortamenti, degli accantonamenti e delle svalutazioni, dovrà avvenire pro quota; l’art. 76, comma 3 del TUIR, prevede infatti che, quando “il periodo d’imposta è superiore o inferiore a dodici mesi i redditi [...] sono ragguagliati a esso” e tale ragguaglio deve effettuarsi anche “ai fini delle disposizioni di cui ai commi 2, 6 e 7 dell’art. 102 [l’ammortamento dei beni materiali, la determinazione del plafond massimo di deducibilità per le spese di manutenzione e riparazione e l’ammortamento operato dalle società di leasing], agli artt. 104 [l’ammortamento finanziario relativo ai beni gratuitamente devolvibili] e 106 [l’accantonamento per rischi su crediti] e ai commi 1 e 2 dell’art. 107 [gli altri accantonamenti ammessi in deduzione ai fini fiscali]”.

Diverso è il caso della tassazione delle plusvalenze. In merito l’art. 87, comma 4 del TUIR prevede che queste possano essere tassate per intero nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero in quote constanti nell’esercizio e nei successivi, non oltre il quarto.

. In merito occorre considerare che:

- l’esercizio, esprime temporalmente la durata convenzionale delimitata statutariamente o per legge a cui abbinata la rendicontazione periodica del risultato finanziario patrimoniale ed economico;

- il periodo d’imposta, esprime temporalmente Un segmento di tempo che circoscrive la sua valenza tecnica nel solo ambito del rapporto d’imposta

- nel TUIR le due definizioni non sono interscambiabili

- il riferimento all’ esercizio obbliga a parametrare temporalmente certi meccanismi fiscali alla durata dell’esercizio (art. 76 del TUIR) ; nel caso di periodo d’imposta il ragguaglio, invece, non si verifica;

- in ogni caso il ragguaglio assume significato, e quindi si applica, a quei componenti negativi i reddito la cui deducibilità è determianta forfetariamente sulla base di percentuali che sono state calcolate in ragione della normale durata del periodo d’imposta (Risol. n. 82/E del 2003).

Ne deriva che la plusvalenza deve scontare l’imposizione fiscale in abbinamento al periodo d’imposta ove matura la chiusura dell’esercizio statutario.

Nel caso in cui la società di persone si trovi in contabilità semplificata, la trasformazione in una società di capitali rende evidentemente necessaria la stesura di una situazione patrimoniale “di partenza”, servendosi dei criteri stabiliti dal DPR 689 del 1974. Tale situazione patrimoniale consentirà infatti l’apertura dei conti in contabilità ordinaria della società di capitali.

Se viceversa la trasformazione non comporta un cambiamento di tipologia d’imposta alla quale la società è soggetta, non occorre procedere alla divisione del periodo d’imposta con la conseguenza che la dichiarazione dei redditi sarà unica e riguarderà l’intero periodo.

Le perdite

Occorre distinguere a seconda che si tratti di

- trasformazioni involutiva

- trasformazione evolutiva

Trasformazione involutiva. Partendo dal presupposto che la trasformazione di una società di capitali in una società di persone può considerarsi equivalente alla situazione che si verifica in caso di tassazione per trasparenza delle società di capitali, l’Agenzia delle entrate nella Risol. n. 60/E del 2005 ritiene che le perdite prodotte della società di capitali nei periodi d’imposta anteriori alla trasformazione non sono perse.

La titolarità del diritto di riportare le perdite spetta alla società. Questa, pertanto, risulta legittimata a scomputarle dal proprio reddito prima di individuare l'importo di reddito da imputare, per trasparenza, a ciascun socio. Nessun diritto hanno invece i soci: l’art. 8 del Tuir tratta espressamente del trasferimento delle perdite di periodo realizzate da società di persone, con la conseguenza, secondo l’Agenzia delle entrate, che non può trovare applicazione con riferimento alle perdite realizzate da società di capitali.

Con la risoluzione appena richiamata l’Amministrazione finanziaria ha, di fatto, invertito rotta. Fino ad ora aveva sostenuto che il riporto delle perdite non fosse possibile (Risol. Direzione regionale delle entrate del Veneto n. 44130 del 19 dicembre 1994).

L’impossibilità trovava fondamento nel fatto che:

         mancano i successivi periodi d'imposta Ires nei quali è possibile computare le perdite in diminuzione dei redditi, così come richiesto dal citato articolo 84 del Tuir;

         l'articolo 8 del Tuir prevede per i soci la possibilità di computare in diminuzione dai relativi redditi solo le perdite delle società di persone e non anche di quelle di capitali.

In merito al primo, richiamando un principio ormai assodato (Corte di cassazione, sentenza del 13 luglio 1990, n. 7258) viene ora detto che con la trasformazione si ha la continuità dell'ente sociale e, conseguentemente, la conservazione delle sue situazioni giuridiche soggettive.

In merito al secondo, invece, che vale per analogia quanto previsto in caso di trasparenza, là dove viene detto che una società di persone può avere perdite proprie e che quelle prodottesi prima dell’entrare in trasparenza sono di pertinenza della società e non dei soci.

Nel passato la dottrina era pervenuta a conclusioni diverse. C’era chi sosteneva la non riporabilità delle perdite (Leo-Monacchi-Schiavo, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 1999, pagina 1905). Chi invece, ritenendo di non dover dare importanza al dato letterale dell’art. 8 del Tuir, sosteneva che le perdite pregresse avrebbero dovuto essere imputate ai soci pro quota all'atto della trasformazione (M. Nava, Trasformazione di società e riporto delle perdite fiscali, in “Rivista di diritto tributario” 10/1992, I, pagina 766). C’era chi, per risolvere il problema che solo le perdite di società di persone potessero essere trasferite ai soci, sosteneva che all’atto della trasformazione, le perdite pregresse fossero trasferite alla società di persone e fosse questa, a sua volta, a trasferirle ai soci suddivise per anno di formazione (R. Lupi, Trasformazione di società di persone, riporto delle perdite e norma antielusiva, in “Rivista di diritto tributario”, 1992, I, pagina 771). Da ultimo c’era chi sosteneva che il potere di riportare le perdite fosse mantenuto dalla società che le avrebbe scomputate in sede di determinazione del proprio reddito (G. Zizzo, Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, Giuffrè, Milano, 1996, pagina 250).

Trasformazione evolutiva. Le perdite prodotte da una società di persone sono automaticamente imputate ai soci, in proporzione della loro quota di partecipazione agli utili. Nessuna posizione giuridica soggettiva sorge, per effetto della perdita, in capo alla società di persone.

Per l’Amministrazione finanziaria da tale assunto ne deriva che all'atto della trasformazione non è possibile per la società di capitali risultante dalla trasformazione riportarsi le perdite della società di persone trasformata, in quanto il diritto all’utilizzo delle stesse è dei soci e questi soltanto possono esercitarlo.

Se questi non possiedano altri redditi di partecipazione o non svolgano un'attività commerciale, perdono definitivamente il diritto allo scomputo delle perdite (Risol. Direzione regionale delle entrate del Veneto n. 44130 del 19 dicembre 1994); dopo la trasformazione, infatti, il reddito che a loro deriva dalla società è di capitale e non più d’impresa (eccezion fatta, esistendone i presupposti, in caso di opzione per la tassazione per trasparenza).

Data l’equivalenza fiscale, è da ritenersi che quanto detto, per l’Amministrazione finanziaria, debba valere anche in caso di uscita dalla trasparenza volontaria e che quindi, anche in questo caso, possa essere che perdite pregresse possano non avere più alcun utilizzo.

In dottrina, sono state avanzate tesi che pervengono a diversa conclusione nel presupposto che la fonte generatrice del reddito è indiscutibilmente la medesima che ha generato la perdita, nonostante il mutamento nella sua classificazione ai fini impositivi (G. Zizzo, Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, Giuffrè, Milano, 1996,). Si è così pervenuti all'affermazione che vi siano valide ragioni per superare la formulazione letterale del citato articolo 8, comma 3 del Tuir, e ritenere che il socio conservi la posizione giuridica in questione, dopo la trasformazione, con riferimento agli utili erogati dalla società. Per completezza va anche osservato che prima delle modifiche apportate al vigente articolo 8 del Tuir (legge 724/1994) la perdita imputata al socio poteva essere scomputata nell'esercizio stesso dai redditi di qualsiasi altra categoria, e per la parte residua essere portata in diminuzione del reddito complessivo dei cinque periodi d'imposta successivi. Da ciò ne derivava, piuttosto pacificamente, che il riporto per il socio poteva avvenire anche se nel frattempo la società si era trasformata in società di capitali (o la partecipazione risultava ceduta ovvero la società liquidata).

Interessi

Nella trasformazione evolutiva o progressiva, per gli interessi passivi il problema non si pone poiché nelle società di persone questo componente negativo o è del tutto deducibile (se afferente) o è definitivamente indeducibile (se non afferente), in entrambi i casi non vi sono riporti a nuovo di componenti non dedotti. Stesso dicasi per il il Rol: tale istituto non è di alcun significato fiscale nelle società di persone per cui anche in questo caso non si pone il problema di una eventuale eccedenza di Rol non utilizzata.

Nella trasformazione involutiva o regressiva l’Agenzia, che con la circolare 29/E/2011 (risposta 1.1.) ha ritenuto illegittimo il trasferimento degli interessi passivi non dedotti.

A sostegno di tale tesi va segnalato il fatto che la società di persone deduce gli interessi passivi in base all’articolo 61 del Tuir, non applicando in nessun modo l’articolo 96 del Tuir, norma che contiene il riporto a nuovo degli interessi passivi eccedenti il 30% del Rol.

Per quanto riguarda il Rol, tale istituto non è di alcun significato fiscale nelle società di persone per cui non si pone il problema di una eventuale eccedenza di Rol non utilizzata.

Ace

La corretta gestione dell’agevolazione nella trasformazione progressiva non è stata affrontata né dalla circolare 12/E/14, né dalla successiva circolare 21/E/15.

Nella trasformazione evolutiva o progressiva, la società di capitali non può utilizzare l’intera base Ace della società di persone (calcolata sul patrimonio netto totale detenuto alla fine dell’esercizio), posto il diverso metodo di calcolo previsto per le società di capitale. Peraltro, anche l’ipotesi contraria, e cioè che nessuna base Ace pregressa esista per la società di capitali trasformata, non è condivisibile.

È ragionevole ipotizzare che sia possibile “ricostruire” una base Ace rilevante per la società trasformata, computando le operazioni “aceabili” eseguite dalla società di persone dal 1° gennaio 2011 fino alla data della trasformazione. Pertanto si assumeranno come dato positivo gli utili destinati a riserva a partire da quelli dell’esercizio 2010 (destinati a riserva nel 2011) e gli eventuali conferimenti in denaro eseguiti dai soci, mentre come dato negativo i prelevamenti di utili e riserve eseguiti dai soci sempre dal 2011 in poi. Peraltro una sorta di continuità nel calcolo del beneficio fiscale, pur adattato al nuovo soggetto risultante dalla trasformazione, è stato un principio sostenuto dalla stessa agenzia delle Entrate sull’analoga materia della Dit con la circolare 76/1998, par. 15.

Con questa base Ace pregressa la società trasformata eseguirà il calcolo dell’agevolazione tenendo conto del fatto che il periodo d’imposta in cui è avvenuta la trasformazione è inferiore a 12 mesi, quindi anche la base Ace va assunta in proporzione alla minor durata del periodo d’imposta in base all’articolo 2, comma 1 del provvedimento 14 marzo 2012.

Nella trasformazione involutiva o regressiva . Tornando all’assunto proposto dalla circolare 76/1998 in tema di Dit si deve ritenere che in qualche misura vi sia una continuità tra società ante e post trasformazione ai fini Ace, fermo restando l’ovvio requisito che la società risultante sia in contabilità ordinaria.

Mantenere la base Ace della società di capitali applicandola alla società di persone trasformata significa calcolare l’Ace sulla società di persone come se essa fosse risultata tale fino dal 2011.

Ragionando in questo modo emerge come la base Ace della trasformata società di persone sia l’intero patrimonio netto. Il che significa conteggiare due grandezze diverse:

- il patrimonio risultante dalla società di capitali prima della trasformazione;

- l’incremento (o il decremento) del medesimo avvenuto nella frazione di esercizio successiva alla data di trasformazione.

Anche in questo caso si ritiene prudente assumere la base Ace in proporzione alla durata del periodo d’imposta, che sarà inferiore ai 12 mesi nell’esercizio in cui avviene la trasformazione.

La “battezzatura” delle riserve

I commi 3 e 4 dell’art. 170 del TUIR prevedono una norma funzionale a evitare che a seguito della trasformazione vada persa la natura fiscale delle riserve della società trasformata modificando così il criterio di tassazione che verrà applicato al momento dell’utilizzo o della distribuzione della riserva.

La disposizione assume rilievo unicamente in caso di trasformazione evolutiva o involutiva in quanto nelle trasformazione tra società aventi forme giuridiche omogenee (tra società di persone o tra società di capitali) il regime di tassazione delle rimanenze non si viene a modificare.

Il principio enunciato note illustrative al Testo Unico è “quello secondo cui le riserve conservano il regime del momento in cui si sono formate a condizione che esse vengano distintamente indicate in bilancio dopo la trasformazione”. Pertanto, la natura fiscale delle riserve ante trasformazione potrà essere mantenuta solo a condizione che le stesse risultino distintamente iscritte nel bilancio della società trasformata.

Viene detto che:

- nel caso di trasformazione evolutiva le riserve costituite prima della trasformazione con utili imputati ai soci tassati per trasparenza, se dopo la trasformazione vengono iscritte in bilancio con indicazione della loro origine:

- non concorrono a formare il reddito dei soci in caso di distribuzione;

- l'imputazione di esse a capitale non comporta l'applicazione del comma 6 dell'articolo 47.

Nel caso di trasformazione involutiva le riserve costituite prima della trasformazione, escluse quelle di capitali, sono imputate ai soci per trasparenza:

a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d'esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;

b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione.

Le suddette riserve sono assoggettate ad imposta secondo il regime applicabile alla distribuzione delle riserve delle società di cui all'articolo 73.

Le dichiarazioni in caso di operazioni straordinarie

Con l’introduzione nel DPR 322/98 dell’articolo 5-bis, il legislatore ha inteso riunire in un'unica norma tutti i termini di presentazioni delle dichiarazioni: a quelli ordinari e quelli legati a operazioni di liquidazione, sono stati aggiunti quelli straordinari, ossia quelli relativi a operazioni di trasformazione, fusione e scissione, che precedentemente erano regolati dal soppresso articolo 11 del DPR n. 600 del 1973.

Il legislatore ha provveduto inoltre a uniformare i termini e le modalità di presentazione ai fini delle dirette e dell’IRAP che attualmente risultano in linea con quelli previsti in via ordinaria, ovvero entro il settimo mese successivo alla data di effettuazione dell’operazione straordinaria, nel caso di presentazione in via telematica.

In ogni caso i termini di presentazione per i quali la norma in oggetto regola, sono quelli relativi:

-           alla società oggetto di trasformazione eterogenea

-           alle società fuse o incorporate a seguito della fusione

-           alla società oggetto di scissione totale

e hanno a oggetto le dichiarazioni relative al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la data in cui l’operazione ha effetto.

Si tratta, come si può vedere, delle dichiarazioni relative alle società che per effetto delle suddette operazioni vengono ad estinguersi, essendo viceversa che per quelle che rimangono “in vita”, valgono i termini e le modalità ordinarie di presentazione delle dichiarazioni.

1) I termini di presentazione delle dichiarazioni

La dichiarazione deve essere presentata:

-           in caso di trasformazione, dalla società trasformata;

-           in caso di fusione, dalla società risultante dalla fusione o dall’incorporante (essendo che è questa che, stando al contenuto del comma 3 dell’art. 123 del Tuir, subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate);

-           in caso di scissione, dalla società designata, ai sensi dell’articolo 123-bis, comma 14 del TUIR.

Si evidenzia come tali termini non assumono rilievo ai fini IVA; per tale imposta infatti, non sono stati previsti, in caso di operazioni straordinarie, termini particolari, per cui valgono quelli ordinari definiti dall’art.8 del DPR n.322/98 (in proposito si veda §2.).

Più precisamente:

-           in caso di trasformazione dovrà essere presentata un’unica dichiarazione per l’intero anno solare (e questo anche in caso di trasformazione eterogenea);

-           in caso di fusione (per unione o incorporazione) la società risultante dalla fusione e in caso di scissione totale la società designata (in mancanza le società beneficiarie sono responsabili in solido), presenta, entro i termini ordinari, anche le dichiarazioni relative al periodo che va dall’inizio dell’esercizio e la data in cui l’operazione ha effetto delle società fuse o incorporate o della società scissa. In tal caso dovrà essere presentata un’unica dichiarazione distinguendo i vari periodi d’imposta delle varie società in differenti moduli; in caso di fusione per incorporazione, per l’incorporante e in caso di scissione totale, per la società designata non di nuova costituzione, il modulo relativo alla propria dichiarazione riguarderà le operazioni effettuate nell’intero anno solare.

-           in caso di scissione parziale la società scissa, presenta, entro i termini ordinari, un’unica dichiarazione per l’intero anno solare, comprensiva quindi anche delle operazioni effettuate ante operazione dal ramo d’azienda successivamente scisso. Fa eccezione il caso in cui la società scissa abbia tenuto la contabilità separata di tale attività; in questo caso la dichiarazione del periodo ante scissione deve essere ricompreso nell’attività della beneficiaria.

Tornando alle problematiche legate alla presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposizione dirette e a fini IRAP, si evidenzia come anche per le operazioni straordinarie si pone il problema di capire cosa si debba intendere per “data in cui ha effetto la trasformazione”, poiché è da questo momento che decorre il termine per la presentazione della dichiarazione.

Si procede considerando distintamente le tre operazioni.

In merito alla trasformazione l’effetto si ha dalla data di deposito presso il Registro imprese della delibera di trasformazione.

In caso di fusione l’art. 2504-bis del codice civile prevede espressamente che la fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione nel Registro delle imprese del luogo ove è posta la sede delle società partecipanti alla fusione, di quella che ne risulta o della società incorporante. L'iscrizione e la relativa pubblicità dell'atto assumono efficacia costitutiva degli effetti della fusione, considerato che la stessa diventa opponibile ai terzi a decorrere, appunto, dall'ultima delle iscrizioni dell'atto di fusione. Inoltre, il deposito relativo alla società risultante dalla fusione, o di quella incorporante, non può precedere quelli relativi alle altre società partecipanti alla fusione. Questa regola generale trova tuttavia due deroghe.

L'articolo 2504-bis prevede infatti la possibilità di posticipare gli effetti dell'operazione, ovvero anche di anticipare, rispetto all'ultima delle iscrizioni dell'atto di fusione. La scelta non è però lasciata alla discrezionalità delle parti. Infatti, mentre la retrodatazione convenzionale è applicabile a tutte le tipologie di fusione (sia alle fusioni per incorporazione, che alle fusioni) la postdatazione è ammessa nelle sole ipotesi di fusione per incorporazione.

Non si pone viceversa alcun problema in merito alle operazioni di scissione, per le quali, il legislatore ha espressamente previsto che i termini di presentazione della dichiarazione vanno computati non dalla data alla quale si sono fanno risalire gli effetti fiscali dell'operazione bensì da quella nella quale è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte.

2) I termini di versamento

I termini di versamento ordinari valgono anche in caso di operazioni straordinarie e liquidazione.

Si ha quindi che il versamento a saldo delle imposte scaturenti dalle suddette dichiarazioni il versamento dovrà essere effettuato:

-           per le persone fisiche e le società o associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir, entro il “16 del mese successivo a quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione” (in luogo del 16 giugno dell’anno in cui è presentata la dichiarazione, come previsto fino a prima della modifica apportata dal Dlgs 175/2014);

-           per le persone giuridiche entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.

In merito alla liquidazione l’Agenzia delle entrate nella risoluzione n.50/E/2002 evidenzia come, stando i nuovi termini, una società messa in liquidazione il 20 novembre 2001 e che deposita il bilancio finale di liquidazione il 31 dicembre 2001, deve versare:

- se il soggetto in liquidazione è una società di capitali, le imposte a saldo dovute in base alla dichiarazione ante liquidazione entro il 20 maggio 2002 (o il 19 giugno 2002 con la maggiorazione dello 0,40 per cento) e quelle dovute in base alla dichiarazione finale di liquidazione, entro il 20 giugno 2002, o entro il 22 luglio 2002 con la maggiorazione dello 0,40 per cento.

Più articolata si presenta invece la materia in tema di acconti.

In caso di fusioni e scissioni la norma che regola è l'articolo 4 del D.L. n.50 del 11 marzo 1997 (di seguito DL n.50/97). Tale norma, che, stante il suo carattere generale, si rende applicabile anche agli effetti dell'Irap, prevede che nelle fusioni e scissioni gli obblighi di versamento - compresi quelli a titolo di acconto - che gravano sui soggetti che si estinguono per effetto di tali operazioni "sono adempiuti dagli stessi soggetti fino alla data di efficacia della fusione o scissione ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2504 bis, secondo comma, e 2504 decies, primo comma, primo periodo, del Codice civile" mentre, successivamente a tale data, gli obblighi stessi "si intendono a tutti gli effetti trasferiti alla societa` incorporante, beneficiaria o comunque risultante dalla fusione o scissione".

Nel caso di scissione poi, va evidenziato come il comma 5 dell’art. 123-bis del Tuir prevede che “gli obblighi di versamento degli acconti relativi sia alle imposte proprie sia alle ritenute sui redditi altrui, restano in capo alla societa' scissa, in caso di scissione parziale, ovvero si trasferiscono alle societa' beneficiarie in caso di scissione totale, in relazione alle quote di patrimonio netto imputabile proporzionalmente a ciascuna di esse”.

Nella circolare n.263/E del 12 novembre 1998 (di seguito circol. n.263/E/1998), il Ministero ha chiarito che con riguardo all'ipotesi in cui l'operazione produca effetti retroattivi all'inizio del periodo d'imposta della societa` fusa, incorporata o scissa nel corso del quale la stessa interviene, la societa` fusa, incorporata o scissa e` tenuta, in via di principio, ad effettuare i versamenti in acconto i cui termini vengono a scadere anteriormente alla data di perfezionamento dell'operazione (articolo 2504- bis, comma 2, Codice civile) ancorche` si tratti di versamenti riferiti ad un periodo d'imposta destinato, in virtu` della retrodatazione, a venir meno.

Naturalmente, tali versamenti verranno poi scomputati dal soggetto incorporante o risultante dalla fusione ovvero dai soggetti beneficiari della scissione in sede di determinazione del saldo d'imposta relativo al periodo nel corso del quale interviene la fusione o la scissione.

Nessun obbligo d'acconto, invece, viene a maturazione per la societa` fusa, incorporata o scissa a partire dalla data di perfezionamento del l'operazione, determinandosi a tale data la estinzione di detti soggetti.

Peraltro, in ossequio al principio di subingresso sancito dal citato articolo 4 del decreto legge n. 50 del 1997, i versamenti in acconto della societa` incorporante o risultante dalla fusione ovvero delle societa` beneficiarie della scissione, scadenti successivamente alla data di perfezionamento dell'operazione, devono essere calcolati tenendo conto anche dell'imposta liquidata dalle societa` incorporate o fuse o dalla societa` scissa nella dichiarazione di tali soggetti riferita al periodo d'imposta antecedente a quello in cui interviene la fusione o la scissione.

Resta in ogni caso salva la facoltà, per la societa` fusa, incorporata o scissa, per i versamenti da effettuare prima della data di efficacia dell'operazione e per la società risultante, incorporante o beneficiaria, per i versamenti da effettuare successivamente, di avvalersi della facoltà prevista in via generale dalla disciplina degli acconti di commisurarne l'importo non già ai dati risultanti dalle dichiarazioni presentate per il periodo d'imposta precedente ma, al cosiddetto dato "previsionale" e cioè alla minore imposta di cui si prevede la liquidazione per il periodo di competenza da parte delle anzidette società subentranti (incorporante, risultante o beneficiarie).

Vale pertanto quale regola generale che, in caso di fusione e scissione ognuna delle società partecipanti alla fusione o alla scissione o risultanti dalla stessa sono chiamate ad adempiere agli obblighi previsti in tema di versamento di acconti al pari di qualunque altra società.

Per cui, qualora la data di perfezionamento dell'operazione dovesse cadere:

-           prima di quella prevista per il pagamento degli acconti, a versarli sarà la società risultante dalla fusione ovvero le societa` beneficiarie della scissione;

-           dopo, a versarli saranno le società successivamente fuse o, in caso di scissione tutte quelle partecipanti all’operazione.

Nel caso di operazioni di trasformazione che comportino il passaggio da societa` di persone a societa` di capitali o viceversa, si vengono a creare differenti periodi d’imposta per ognuno dei quali risulta previsto il pagamento oltre del saldo anche dell’acconto per il periodo successivo. Tale situazione non si pone nel caso di trasformazioni omogenee, vale a dire passaggio da società di persone a società di persone ovvero da società di capitali in società di capitali, essendo che in questo caso il periodo d’imposta rimane sempre unico.

Quanto appena detto assume significato unicamente con riferimento all’I.R.A.P. essendo che ai fini dell’imposizione diretta non risulterà mai dovuto il pagamento dell’acconto (sia che si tratti di trasformazione evolutiva o involutiva). Ciò in quanto:

-           nel caso di trasformazione involutiva, la società risultate dalla trasformazione non è soggetto diretto dell’I.R.Pe.F. (lo sono i soci);

-           nel caso di trasformazione evolutiva, non esistendo un periodo d’imposta precedente (non sussisteva autonomia di imposizione sulla società) non esiste un valore d’imposta cui parametrare la determinazione dell’acconto; va da sé il maggior acconto eventualmente versato dai soci sarà computato sulla loro imposta I.R.Pe.F.

Da ultimo si evidenzia come il ministero nella circolare n.144/E del 9 giugno 1998 aveva chiarito che in ogni caso l’acconto non risulta dovuto qualora il termine per il versamento dell'imposta dovuta a saldo per tale periodo e` anteriore a quello entro il quale si sarebbe dovuto versare l'acconto. Stando ai nuovi termini di versamento, si evidenzia come non possa mai succedere che i termini previsti per il pagamento dell’acconto risultino antecedenti rispetto a quelli del saldo; in un caso risultano coincidenti, ossia qualora la trasformazione venga effettuata prima del 1° marzo (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare o, entro il terzo mese dalla chiusura del periodo d’imposta per gli altri). In questo caso, stando quanto previsto dal Ministero, sembrerebbe potersi omettere il pagamento dell’acconto e procedere al versamento dell’imposta dovuta unicamente a saldo.

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