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RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE SECONDO CRITERI FINANZIARI

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ARTICOLO - Pubblicato il: 17 marzo 2016 - Da: G. Manzana E. Iori

La riclassificazione dello stato patrimoniale in secondo criteri finanziari presuppone che le poste vengano classificate secondo il grado di liquidità e di esigibiità, distinguendo cioè le singole voci a seconda della loro più o meno breve “permanenza” all’interno dell’impresa.

Questo metodo, utile per le analisi dell’equilibrio tra tipi di impieghi (a breve e a lungo termine) e tipi di finanziamento (a breve e consolidati), trova impiego nelle analisi volte a valutare la solvibilità a breve termine dall’azienda. In altre parole, permette di valutare la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni.

Stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario

ATTIVO IMMOBILIZZATO

-     immobilizzazioni   tecniche

-     immobilizzazioni   immateriali

-     immobilizzazioni   finanziarie

ATTIVO CIRCOLANTE

-     liquidità   immediata

-     liquidità   differita

-     disponibilità

PASSIVITA’ A BREVE

PATRIMONIO NETTO E UTILE

PASSIVITA’ A MEDIO / LUNGO TERMINE

ATTIVO IMMOBILIZZATO

Comprende le voci relative alle immobilizzazioni (ad eccezione delle azioni proprie, più opportunamente da portare in diminuzione del patrimonio netto) ovviamente al netto dei relativi fondi di ammortamento e di tutte le eventuali poste rettificative. Si tratta quindi degli investimenti a lunga permanenza nell’impresa. Si può distinguere tra:

-                    immobilizzazioni tecniche (sono compresi in questa categoria gli immobili civili e quelli strumentali; i primi, stante il presumibile superiore rado di liquidità, potrebbero essere considerati alla stregua di attività disponibili),

-                    immobilizzazioni finanziarie (che potrebbero comprendere anche eventualidisaggi su prestiti), e

-                    immobilizzazioni immateriali

ATTIVO CIRCOLANTE

Comprende le rimanenze, i crediti, le attività finanziarie non costituenti immobilizzazioni (eccetto le azioni proprie), le disponibilità liquide e i ratei e risconti attivi (ovviamente per la sola quota parte relativa agli importi esigibili entro l’esercizio successivo, dovendo considerarsi quelle in scadenza più protratta alla stregua di immobilizzazioni).

Sono quindi considerate tali quelle attività di facile e rapido realizzo (o rotazione), che possono così distinguersi:

-                    liquidità immediata comprende le sole disponibilità liquide potenzialmente trasformabili in moneta in tempi molto rapidi (ad es. titoli di facile realizzabilità);

-                    liquidità differite, che comprendono i crediti, le attività finanziarie e i ratei e risconti;

-                    disponibilità che accolgono i valori del magazzino.

Il magazzino è la voce meno “liquida” tra quelle considerate. La possibilità per l’azienda di trasformare in liquidità le scorte dipende infatti dalla sua capacità di vendere tali scorte in tempi brevi e di incassarne il prezzo. Si tratta di una manovra che potrebbe non essere agevole, vuoi per il tipo di prodotto vuoi per il rischio di compromettere la continuità del processo produttivo.

Gli anticipi a fornitori per acquisti di merci devono essere correttamente computati in aumento delle scorte, poiché si tratta di importi che si trasformano in scorte entro breve. Per lo stesso motivo, dal magazzino deve sottrarsi quanto ricevuto dai clienti a titolo di acconto su ordini di prossima evasione.

PATRIMONIO NETTO

Accoglie le voci relative al patrimonio netto, opportunamente ridotte delle azioni proprie (anche se queste potrebbero rimanere a formare le poste dell’attivo immobilizzato, in quanto espressione di un precisa scelta di destinazione dell’impresa, che ha evidentemente voluto investire in questo modo con quote di utile regolarmente formate e accantonate). Si tratta pertanto di poste legate all’azienda in modo pressoché permanente, con l’esclusione delle riserve, di cui l’assemblea potrebbe deliberare la distribuzione, e del risultato di esercizio che, nel caso sia positivo, potrebbe essere distribuito. La quota di utile di esercizio destinato alla distribuzione va in effetti evidenziata tra le passività a breve termine.

PASSIVITA’ A MEDIO – LUNGO PERIODO

Sono ricompresi

-               i debiti da rimborsarsi non prima di un anno,

-               il trattamento di fine rapporto, almeno per la quota non in scadenza nei 12 mesi e

-               i fondi per rischi e oneri, se non direttamente imputabili a voci dell’attivo, nonché

-               le quote relative ad aggio sui prestiti.

PASSIVITA’ A BREVE TERMINE

Comprendono

-               la quota parte dei debiti da estinguersi entro l’anno dalla data di riferimento del bilancio,

-                    i ratei e risconti ed eventualmente la quota parte dei fondi (TFR e rischi ed oneri) in scadenza entro i dodici mesi,

-                    i debiti tributari, almeno per quanto attiene gli impegni da onorare nei confronti dell’Erario entro pochi mesi dalla scadenza dell’esercizio.

Sarebbe opportuno individuare quelle voci di debito facilmente rinnovabili alla scadenza: per esse infatti la catalogazione tra le passività a breve termine potrebbe essere discutibile: è il caso delle aperture di credito in conto corrente, di fatto rinnovabili, a condizione che l’andamento aziendale non sia tale da indurre qualche preoccupazione nell’intermediario.

La differenza tra le attività circolanti e le passività a breve termine determina il capitale circolante netto (CCN), cui spesso si assegna un significato improprio ai fini dell’analisi.

Si è soliti infatti distinguere due casi:

-                    se il capitale circolante netto è positivo (e quindi le attività a breve superano le passività a breve), l’impresa è presumibilmente in grado di fare fronte ai prossimi impegni in scadenza senza intaccare l’attivo immobilizzato e senza dover accedere a nuovo indebitamento. Tale dato a prima vista andrebbe considerato in modo positivo, nel senso che da indicazione che per fronteggiare gli impegni relativi alle prossime scadenze, l’impresa dispone della liquidità riveniente dalle attività a breve scadenza.

-                    se il capitale circolante netto è negativo (e quindi le attività a breve sono inferiori alle passività a breve), l’impresa potrebbe avere difficoltà a fare fronte agli impegni di prossima scadenza. Tale dato a prima vista andrebbe considerato in modo negativo, nel senso che, per fronteggiare gli impegni relativi alle prossime scadenze, all’azienda non è sufficiente la liquidità riveniente dalle attività disponibili, rendendosi necessario realizzare parte dell’attivo immobilizzato, con pesanti conseguenze in termini di tempi di realizzo e di operatività futura.

Queste affermazioni si ritiene siano in parte criticabili, perché sembrano assegnare valore eccessivo al concetto di scadenza, oggi assolutamente privo del suo probabile significato originario. In particolare, è assai poco probabile che si verifichi la effettiva necessità di onorare gli impegni di cui alle voci del passivo a breve termine, stante la loro capacità di “rinnovarsi” continuamente quindi di fatto non obbligando mai ad un effettivo realizzo delle attività corrispondenti.

E’ piuttosto vero invece che il significato del CCN>O sia da considerare positivo in quanto la logica conseguenza è che è che il valore dell’attivo immobilizzato e inferiore del valore del passivo a medio/lungo termine aumentato del patrimonio netto: principio molto caro alla stragrande maggioranza degli analisti, i quali guardano con timore l’impresa che ricorra ad investimenti durevoli per il tramite di fonti di raccolta diverse dal patrimonio netto e, in subordine, dal passivo a medio/lungo termine.

E’ questo un principio condivisibile, in quanto l’attivo immobilizzato è generatore di tensione finanziaria (richiede un impegno all’esborso immediato, a fronte di benefici effetti monetari diluiti nel tempo per il tramite del “recupero” sugli ammortamenti).

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