RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE SECONDO CRITERI FUNZIONALI
ARTICOLO - Pubblicato il: 17 marzo 2016 - Da: G. Manzana E. Iori
La riclassificazione dello Stato Patrimoniale eseguita secondo il criterio funzionale mira da un lato al superamento del principio rigoroso di scadenza delle voci, tipico della riclassificazione precedente, e dall’altra all’identificazione delle fonti di raccolta distinte tra finanziarie e patrimonio netto, a ben evidenziare l’alternatività tipica cui si trova di fronte l’impresa nel momento in cui necessita di risorse finanziarie (e quindi deve operare la scelta tra mezzi propri e mezzi di terzi).
Tale riclassiflcazione può essere condotta a due livelli, a seconda del grado di complessità dell’attività dell’azienda indagata da un lato e della importanza della gestione accessoria dall’altro.
Ad un primo livello la distinzione tra le singole categorie di voci può essere operata nel modo seguente:
Stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio funzionale
ATTIVO IMMOBILIZZATO (1) ATTIVO COMMERCIALE NETTO (2) LIQUIDITÀ (3) ATTIVITÀ ACCESSORIE |
PATRIMONIO NETTO (4) PASSIVO COMMERCIALE (5) PASSIVO FINANZIARIO (6) |
In una seconda fase, si potrebbero compattare le voci relative alla liquidità (che verrebbe portata in diminuzione del passivo finanziario), del capitale commerciale (con le passività portate in riduzione delle attività), così giungendo alla seguente formulazione sintetica:
Stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio funzionale
ATTIVO IMMOBILIZZATO (1) ATTIVO COMMERCIALE NETTO (2-5) c.d. Net Working Capital (NWC) ATTIVITÀ ACCESSORIE |
PATRIMONIO NETTO (4) POSIZIONE FINANZIARIA NETTA (6-3) |
In questo seconda fase la compattazione delle voci agevola l’analisi successiva, ma ovviamente potrebbe fare perdere informazioni di rilievo: è pertanto consigliabile procedere in sequenza, e se del caso evitare di compattare le voci relative alla gestione commerciale e alla liquidità- passivo finanziario, nel caso possa ritenersi utile una loro esposizione separata.
Si noti che in entrambi i casi vengono comunque evidenziate le attività accessorie, espressione di quegli impieghi di risorse non strettamente collegati all’attività operativa dell’impresa (così, ad esempio, sarà da considerarsi operativo l’impiego in un fabbricato adibito alla produzione delle merci oggetto dell’attività, ed invece extra-operativo un fabbricato civile utilizzato dall’impresa con il solo fine di produrre reddito addizionale).
ATTIVO IMMOBILIZZATO E PATRIMONIO NETTO
Hanno la stessa natura di quelli esaminati a riclassiflcazione precedente, ad eccezione del fatto che il valore del trattamento di fine rapporto, del trattamento di quiescenza e gli altri fondi relativi alle immobilizzazioni (ad es. un fondo per il rinnovamento degli impianti) vengono portati in diminuzione del valore delle immobilizzazioni (si potrebbe anche considerare tali fondi tra le componenti del passivo commerciale, ma poiché la loro natura è in genere di passività consolidata, si ritiene utile inserirle tra le immobilizzazioni).
ATTIVITA’ ACCESSORIA
Accoglie le voci di impiego relative ad investimenti estranei dalla gestione tipica dell’impresa; potrebbe pertanto accogliere voci tipicamente immobilizzazioni non operative (ad esempio una partecipazione “speculativa” o fabbricati non di uso: industriale) o anche attività finanziarie che non abbiano natura di immobilizzazione, ma che comunque non siano considerabili alla stregua di una liquidità immediata generatrice di proventi finanziari imputabili appunto alla gestione finanziaria del conto economico.
ATTIVO COMMERCIALE NETTO
Accoglie la differenza tra le componenti di attivo circolante relative a rimanenze, crediti (a prescindere dalla loro scadenza e con inclusione delle sole componenti legate a rapporti commerciali) e ratei e risconti (con esclusione del disaggio su prestiti, che ha natura di attivo immobilizzato) da un lato e acconti, debiti verso fornitori, debiti rappresentati da titoli di credito (se commerciali), verso imprese controllate, collegate e controllanti (se relativi a rapporti commerciali) debiti tributari, debiti verso istituti di previdenze e di sicurezza sociale, altri debiti commerciali e ratei e risconti dall’altro (con esclusione dell’aggio su prestiti, che ha natura di passivo finanziario).
POSIZIONE FINANZIARIA NETTA
Accoglie le voci relative a obbligazioni (anche convertibili) debiti v/banche, debiti verso altri finanziatori, altri debiti di natura finanziaria eventualmente anche rappresentati da titoli di credito, aggio su prestiti, al netto di attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, disponibilità liquide ed eventualmente del disaggio su prestiti.
Sia l’attivo commerciale netto che il passivo finanziario possono assumere valore positivo o negativo.
L’ATTIVO COMMERCIALE NETTO c.d. Net Working Capital (NWC)
- attivo commerciale netto > O (se quindi l’attivo commerciale supera il passivo commerciale) esprime il fabbisogno di risorse da reperire, principalmente sui mercati finanziari, per fronteggiare l’esigenza di finanziamento generata dall’attività di acquisto/trasformazione/vendita; in pratica, in questo caso, a prescindere dalle voci generalmente di minore rilievo, l’investimento in crediti verso la clientela e il magazzino supera il finanziamento ottenuto da fornitori.
- un attivo commerciale netto < O (se quindi il passivo commerciale superala l’attivo commerciale) esprime l’eccedenza di risorse che è possibile impiegare in altri ambiti gestionali, da quelli più tradizionali per il rafforzamento dell’attività operativa (ad esempio incrementando le immobilizzazioni realizzando nuovi investimenti) a quelle ritenute pro-tempore più convenienti.
Il valore dell’attivo commerciale netto è di notevole interesse non solo nella sua definizione puntuale, ma anche considerando la variazione intervenuta da un periodo all’altro; calcolando la variazione di attivo commerciale netto (definita anche variazione di capitale commerciale, o di capitale circolante in senso stretto, per distinguerla da quella ottenuta con la riclassificazione precedente) si ottiene infatti una immediata percezione:
- delle risorse investite, se l’attivo commerciale netto è aumentato: se infatti cresce nel periodo, l’impresa è obbligata a reperire (e a pagare) le risorse finanziarie necessarie alla copertura del fabbisogno. Un tipico esempio di aumento dell’attivo commerciale netto si riscontra nelle imprese in crescita: in questo caso infatti l’espansione dell’attività potrebbe provocare un aumento dei crediti verso clienti e del magazzino, solo in parte compensata dall’aumento dei debiti nei confronti dei fornitori. L’impresa sarebbe pertanto obbligata a reperire, tipicamente sul mercato dei capitali, le risorse sufficienti a coprire il fabbisogno generato dalla crescita;
- delle risorse disinvestite, se l’attivo commerciale netto è diminuito: vale in questo caso un ragionamento simmetrico al precedente, nel senso che la riduzione dell’attivo commerciale netto consente all’impresa di liberare risorse finanziarie. La riduzione potrebbe essere positivo sintomo di una accresciuta capacità contrattuale nei confronti dei clienti e dei fornitori, che si trasforma in una riduzione dei tempi di incasso e in un allungamento di quelli di pagamento, ma anche preoccupante segnale di una riduzione del volume di attività, con conseguente alleggerimento degli impegni nei confronti di clienti e fornitori, e con progressivo svuotamento del magazzino.
POSIZIONE FINANZIARIA NETTA
- se il passivo finanziario è > O, ciò evidenzia il necessario ricorso al finanziamento esterno per fare fronte al fabbisogno generato dall’attività, sia sotto forma di immobilizzazioni che eventualmente di attivo commerciale (si tratta ad evidenza dell’ipotesi più frequente)
se il passivo finanziario è < O, ciò evidenzia la capacità dell’impresa di generare risorse finanziarie eccedenti destinabili ad investimenti di altra natura, quali tipicamente liquidità ovvero impieghi di tipo “accessorio”.