LE INDAGINI FINANZIARIE SUI PROFESSIONISTI
ARTICOLO - Pubblicato il: 30 agosto 2016 - Da: G. Manzana E. Iori
La presunzione sui prelevamenti La Corte Cost., 228/2014 ha ritenuto che le somme prelevate dal conto corrente (così come quelle su questo versate) non possono costituire ex se compensi assoggettabili a tassazione, nemmeno se non sono annotate nelle scritture contabili o se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti: è arbitrario e quindi incostituzionale ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito.
Ha così ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tale estensione prevista dall'articolo 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del Dpr 600/1973, come novellato dalla legge 311/2004 (Finanziaria 2005), che tale presunzione ha introdotto, per altro, con effetto retroattivo, in evidente violazione del principio dell'affidamento del contribuente.
La presunzione sui versamenti La Cassazione è di recente tornata a occuparsi delle conseguenze della sentenza 228/2014 della Corte costituzionale, che aveva stabilito l’illegittimità della presunzione sui prelievi dei professionisti.
Nelle sentenze 12779 e 12781 del 2016 è stato infatti affermato (richiamando la pronuncia 23041/2015) che la decisione della Consulta avrebbe eliminato anche la presunzione relativa ai versamenti sui conti. In tal senso anche la sentenza numero 16440 depositata il 5 agosto 2015.
Tale orientamento non appare tuttavia del tutto condivisibile, perché la motivazione della sentenza della Corte costituzionale si è incentrata soltanto sulla presunzione relativa ai prelievi. La stessa Cassazione aveva in precedenza fatto riferimento solo a quest’ultima, nelle sentenze 25295/2014, 1008, 4585, 9721 e 12021 del 2015 e 6093/2016, uniformandosi a quanto stabilito dalla Consulta.
Nella decisione 6093 del 2016, in particolare, la Suprema corte ha giustamente affermato che la sentenza costituzionale – sopprimendo le parole «o compensi» nell’articolo 32 del Dpr – non ha inteso «escludere in toto l’operatività, nei confronti dei lavoratori autonomi, della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari; dalla motivazione della sentenza risulta che la dichiarazione di illegittimità costituzionale espressa nel dispositivo è riferita unicamente alla presunzione di maggior reddito basata “sui prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo”, ferma restando la legittimità della imputazione a compensi delle somme risultanti da operazioni bancarie attive di versamento».
E a prender atto che tale orientamento non è condivisibile è la stessa Cassazione, sentenza 16697 del 9 agosto 2016. Nella sentenza viene detto che «con riferimento ai versamenti effettuati dai predetti soggetti sui propri conti correnti resta, quindi, invariata la presunzione legale posta dalla predetta disposizione a favore dell’Erario, che data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 Cc per le presunzioni semplici, superabile da prova contraria fornita dal contribuente (Cassazione n. 6237 del 2015 e n. 9078 del 2016), “il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cassazione sentenza n. 18081/10; sentenza n. 22179/08 e n. 26018/14)».
L’agenzia delle entrate, nella circolare 16/E del 28 aprile 2016, ha invitato gli uffici ad applicare le presunzioni a salvaguardia della pretesa erariale «secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza» e senza rigidi automatismi, quale quello di considerare tutti i versamenti come compensi.