TRUST - IMPOSIZIONE DIRETTA
ARTICOLO - Pubblicato il: 19 aprile 2017- Da: G. Manzana E. Iori
L’art. 1, commi da 74 a 76, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina fiscale applicabile ai Trust in materia di imposizione sul reddito. In merito è intervenuta la Circ. n. 48/E del 6 agosto 2007.
Le disposizioni introdotte vertono principalmente sui seguenti punti:
1. l’attribuzione della soggettività passiva al Trust ai fini Ires, quale ente commerciale ex art. 73, comma 1, lett. b), o ente non commerciale ex art. 73, comma 1, lett. c), del Tuir; e ente estero per i redditi prodotti nel territorio dello Stato (enti non residenti);
2. l’imputazione dei redditi derivanti dai beni in Trust direttamente in capo ai beneficiari, qualora questi siano stati individuati nell’atto istitutivo o in altri documenti successivi, ovvero, in mancanza in parti uguali;
3. la qualificazione dei redditi derivanti dai beni in Trust quali redditi di capitale in capo ai beneficiari individuati;
4. la presunzione semplice di residenza nel territorio dello Stato del Trust istituito in un Paese non rientrante tra quelli con cui l’Italia ha un adeguato scambio di informazioni, individuati nel decreto del Ministero delle finanze 4 settembre 1996, e successive modifiche (c.d. white list), qualora:
- almeno un disponente e un beneficiario siano fiscalmente residenti in Italia; ovvero,
- siano posti in essere da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia a favore del Trust atti di trasferimento del diritto di proprietà su beni immobili, di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, ovvero di vincoli di destinazione sugli stessi;
- la tenuta delle scritture contabili obbligatorie previste alternativamente per gli enti commerciali o non commerciali.
La relazione governativa al testo dell’emendamento della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che ha inserito le disposizioni in esame osserva che che “(…) già da tempo è maturata (…) la convinzione che gli aspetti peculiari dell’istituto consentano di ritenere assoggettabile ad imposizione il Trust, in quanto connotato, nei suoi elementi costitutivi (disponibilità di un patrimonio, attitudine alla percezione di un reddito, trasferimento della ricchezza nella forma e con il contenuto previsti dalle norme tributarie), dalla capacità contributiva (…)”.
Le disposizioni modificative dell’art. 73 del Tuir delineano un diverso tipo di imposizione in ragione dell’eventuale individuazione dei beneficiari nell’atto istitutivo del Trust.
La norma prevede che, qualora non sia individuato alcun beneficiario, i redditi derivanti dai beni in Trust sono assoggettati a tassazione in capo al Trust quale soggetto passivo Ires, e in particolare quale ente commerciale laddove abbia per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, oppure quale ente non commerciale qualora non abbia per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Il reddito imponibile riferibile ai Trust è determinato in base alle disposizioni previste per gli enti commerciali ex art. 81 e segg. del Tuir, ovvero per gli enti non commerciali ex art. 143 e ss. del Tuir. La Relazione governativa, in proposito, osserva che la successiva distribuzione ai beneficiari, dei proventi conseguiti dal Trust e assoggettati ad Ires dal Trustee, non è assoggettabile ad alcuna imposizione sul reddito, in quanto la stessa è stata già scontata in capo al Trust. Da ciò dovrebbe desumersi che l’intento del legislatore era quello di prevedere che l’imposizione in capo al Trust “capitalizza” il reddito derivante dai beni in Trust, cosicché la successiva attribuzione di tali redditi capitalizzati non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante ai fini dell’imposizione sul reddito in capo ai beneficiari.
Solo nel caso in cui i beneficiari siano individuati, il reddito conseguito dal Trust è imputato direttamente a ciascuno di essi in proporzione alla quota individuata nell’atto istitutivo, ovvero in parti uguali tra loro qualora non sia prevista una ripartizione determinata. La Relazione governativa osserva che l’imputazione del reddito in capo ai beneficiari deve essere perfezionata seguendo un meccanismo analogo a quello previsto dall’art. 5 del Tuir per i redditi prodotti in forma associata. In tal caso, i redditi saranno qualificati in capo ai beneficiari percipienti quali redditi di capitale in base alla nuova lett. g-sexies) inserita all’art. 44, comma 1 del Tuir, ed andranno computati nel reddito complessivo senza alcuna deduzione, ma beneficiando del credito d’imposta per eventuali imposte assolte all’estero in via definitiva, in misura proporzionale alla quota individuata nell’atto istitutivo, ovvero, in mancanza, in parti uguali.
A differenza degli orientamenti interpretativi riportati nel paragrafo precedente, la novella disciplina ha esteso l’ambito applicativo delle disposizioni, non tenendo in debito conto la necessaria valutazione caso per caso delle diverse tipologie di Trust e delle connesse differenti posizioni giuridiche rivestite dai beneficiari. Si pensi, in proposito, alla fattispecie di un beneficiario di un Trust discrezionale, il quale, da un lato potrebbe risultare individuato nell’atto di Trust, ma, dall’altro, non sarebbe titolare di alcun diritto nei confronti del Trustee di vedersi assegnati i proventi derivanti dai beni in Trust. Sulla base della formulazione lett.le della norma, invero, in capo a detto beneficiario individuato sarebbe imputato il reddito conseguito dal Trust, a prescindere pertanto da una effettiva percezione dello stesso, pur non essendo titolare di alcun diritto di credito nei confronti del Trustee nel ricevere parte dei beni in Trust, intesi sia in termini di capitale segregato che di utilità da questi derivante. In proposito, tuttavia, riteniamo utile segnalare come la Relazione governativa parrebbe introdurre un elemento ulteriore di valutazione ai fini dell’imputazione del reddito conseguito dal Trust in capo ai beneficiari, ossia che detto reddito sia effettivamente attribuibile a un beneficiario, pur essendo questo stato individuato. Essa, in particolare, presenta a titolo esemplificativo un’eccezione nel caso in cui il beneficiario del Trust sia un nascituro: quest’ultimo, ancorché individuato nell’atto istitutivo, non potrà vedersi attribuire alcun tipo di reddito sino al momento della nascita.
Si ha quindi due principali tipologie di trust:
- trust con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari (trust trasparenti)
- trust senza beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (trust opachi).
Nella Ris. n. 4/E del 4 gennaio 2008, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il trust istituito per il buon esito di un concordato preventivo e che ha come scopo quello di mettere a disposizione dei creditori beni immobili appartenenti a terzi rispetto all'impresa sottoposta a procedura concorsuale, non esercita attività commerciale e i redditi conseguiti dal trust devono essere considerati come redditi di un ente non commerciale ai sensi dell'art. 73, comma 1, lett. c) del Tuir, da tassare in capo al trust – trast opaco - e non attribuiti per trasparenza ai creditori.
E’ tuttavia possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente (trust misto). Ciò avviene, ad esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece attribuita ai beneficiari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust mentre il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto di percepire il reddito, sarà imputato a questi ultimi. Dopo aver determinato il reddito del trust, il trustee indicherà la parte di esso attribuito al trust - sulla quale il trust stesso assolverà l’Ires - nonché la parte imputata per trasparenza ai beneficiari - su cui questi ultimi assolveranno le imposte sul reddito. In tal senso anche la Ris. n. 81/E del 7 marzo 2008. Riprendendo la Circ. n. 48/E del 2007 e le Ris. n. 278/E del 2007 e la n. 4/E del 2008 l’Agenzia è giunta alla conclusione che si realizza un trust misto in quanto dalla bozza dell’atto istitutivo del Trust in esame il trust Alfa “ha lo scopo di assistere economicamente il disponente e dopo la sua morte, i suoi discendenti in linea retta legittimi o legittimati fino al compimento del trentesimo anno di età conosciuti dai trustee”. Inoltre, “il trust costituirà un autonomo centro unitario di produzione del reddito (...). Il reddito del trust, assolto ogni costo relativo, sarà dai trustee mantenuto nel trust e utilizzato secondo gli specifici scopi da questo previsti; tuttavia, non potrà essere erogato più del 75% del reddito prodotto”.
In alternativa all’imposizione in capo al trust o ai beneficiari, taluni redditi di natura finanziaria sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva. Un trust che non esercita attività commerciale, compreso, quindi, tra i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. c), e che possiede, ad esempio, titoli soggetti alle disposizioni del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 vede gli interessi, premi ed altri frutti relativi a detti titoli sottoposti ad imposizione sostitutiva, ai sensi dell’art. 2 del decreto sopra richiamato.
Sono altresì assoggettati a ritenuta d’imposta i redditi delle obbligazioni e titoli similari indicati nell’art. 26, comma 1 del DpR n. 600 del 1973 percepiti da trust non esercenti attività d’impresa commerciale. Inoltre, taluni redditi diversi di natura finanziaria indicati nell’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del Tuir, se percepiti da trust non commerciali residenti, sono assoggettati ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 26% (fino al 2011, 12,50 per cento e dal 2012 al 30 giungo 2013, 20%).
Adempimenti del trust
Con riferimento alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie, l’art. 1, comma 76, della Legge Finanziaria ha modificato anche l’art. 13 del Dpr n.600/1973, introducendo l’obbligo in capo al trustee della tenuta delle scritture contabili obbligatorie per i Trust. Tale disposizione è valevole sia per
- i Trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, sia per
- quelli che non hanno come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di siffatte attività.
In particolare, nel caso in cui il Trust abbia per oggetto esclusivo l’esercizio di un’attività commerciale, devono essere istituiti, tenuti e conservati, ai sensi del successivo art. 14 del Dpr n. 600/1973:
- il libro giornale e il libro degli inventari;
- i registri prescritti dal Dpr n. 633 del 26 ottobre 1972;
- le scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee;
- le scritture ausiliarie di magazzino (registro dei beni ammortizzabili e il registro riepilogativo di magazzino ex artt. 16 e 17 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, e i libri sociali obbligatori ex articolo 2421, primo comma del Codice civile).
Qualora il Trust eserciti l’attività commerciale in forma non esclusiva, lo stesso sarà obbligato alla tenuta delle scritture contabili ex art. 20 del Dpr n.600/1973, in base al quale si applicano le disposizioni previste per gli enti commerciali unicamente per la parte dell’attività esercitata avente natura commerciale (art. 20, comma 1, Dpr n. 600 del 29 settembre 1973, , “Le disposizioni degli artt. 14, 15, 16, 17 e 18 si applicano, relativamente alle attività commerciali eventualmente esercitate, anche agli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali”).
Nei casi in cui il periodo di imposta di un trust trasparente non coincida con l’anno solare, il reddito da questo conseguito è imputato ai beneficiari individuati alla data di chiusura del periodo di gestione del trust stesso.
UN ESEMPIO
Si ipotizzi, un trust con beneficiari individuati il cui periodo di gestione, in base a quanto stabilito dall’atto istitutivo, sia compreso tra il 1° aprile e il 31 marzo. In tale caso, il trust presenta la propria dichiarazione entro il 31 ottobre (ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, art. 2, comma 2, del Dpr. n. 322 del 22 luglio 1998,) e i beneficiari a loro volta dovranno inserire tale reddito nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è terminato il periodo di gestione del trust.
Naturalmente se trustee è una trust company che amministra più trust, dovrà presentare una dichiarazione per ciascun trust.
Il trust è tenuto altresì ad adempiere gli obblighi formali e sostanziali relativi all’Irap previsti dal Dlgs n. 446 del 15 dicembre 1997, in quanto soggetto passivo rientrante, a seconda dell’attività svolta, nelle fattispecie di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) ed e) del medesimo decreto.
Il trasferimento dei beni nel trust
Il trasferimento di beni in un trust ai fini delle imposte sui redditi sconta un trattamento differenziato che varia in funzione del soggetto che l’effettua (imprenditore o non imprenditore) e della tipologia di bene trasferito.
Qualora il trasferimento riguardi beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell’imprenditore in quanto destinati a finalità estranee all’impresa.
Ciò comporta per il disponente imprenditore il conseguimento di componenti positivi di reddito da assoggettare a tassazione secondo le disposizioni del Tuir, nonché l’assoggettamento ad Iva ai sensi dell’art. 2, comma 2 n. 5 DpR n. 633 del 1972. In particolare, il trasferimento di beni merce comporterà il conseguimento di un ricavo d’esercizio ai sensi dell’art. 85, comma 2 del Tuir da quantificare sulla base del valore normale ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Tuir.
Il trasferimento di beni diversi da quelli che generano ricavi (beni strumentali, beni patrimoniali dell’impresa), invece, genererà plusvalenze o minusvalenze rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli artt. 58, 86 e 87 del Tuir. Anche in tali fattispecie il valore da prendere a riferimento per il calcolo della plusvalenza è il valore normale di cui al citato art. 9, comma 3.
Ove il trasferimento in trust abbia ad oggetto un’azienda, il relativo profilo fiscale deve essere esaminato alla luce del disposto dell’art. 58, comma 1, del Tuir che esclude il realizzo di plusvalenze in caso di trasferimento d’azienda per causa di morte o per atto gratuito; in tal caso l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. La ratio della norma consente di ritenere che, nel caso di trasferimento dell’azienda in trust, si conservi la neutralità fiscale a condizione che il trustee assuma l’azienda agli stessi valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente.
Nel caso di beni diversi da quelli relativi all’impresa, il trasferimento al trust, in assenza di corrispettivo, non genera materia imponibile ai fini della imposizione sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore né in capo al trust o al trustee.
Per quest’ultimo, infatti, anche se imprenditore, non si avranno sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3, lett. b), del Tuir, in quanto i beni trasferiti in trust non si confondono con il patrimonio dell’imprenditore (trustee) ma, come visto in precedenza, costituiscono un patrimonio separato.
Qualora il trasferimento dei beni in trust abbia ad oggetto titoli partecipativi il trustee acquisisce l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Tale regime di neutralità non può, tuttavia, essere garantito nel caso in cui i titoli oggetto del trasferimento siano detenuti nell’ambito di un rapporto amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461; nella specie, infatti, il trasferimento dei titoli dal conto del settlor a quello del trust, poiché indirizzato verso un conto intestato a un soggetto diverso da quello di provenienza, ricade nell’ipotesi dell’articolo 6, comma 6, del citato d. lgs. n. 461 del 1997 che assimila tali trasferimenti a cessioni a titolo oneroso. In tal caso, l’intermediario abilitato applica le relative imposte.
Cessione dei beni in trust
Il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust non presenta particolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che ai fini delle imposte sui redditi disciplinano detta operazione.
In particolare, quando le cessioni siano poste in essere nell’esercizio dell’impresa, la relativa disciplina fiscale varia in funzione della categoria di appartenenza del bene ceduto.
Nel caso di cessioni non effettuate nell’esercizio dell’impresa potranno realizzarsi, ricorrendone i presupposti, le fattispecie reddituali previste dall’art. 67 del Tuir.
Per la determinazione delle plusvalenze dovrà farsi riferimento ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente, fermo restando che il trasferimento dei beni dal disponente al trustee non interrompe il decorso del quinquennio di cui all’art. 67, mentre nel caso di cessioni di beni acquistati dal trust si farà riferimento al prezzo pagato.
Disciplina dei redditi del beneficiario del trust
Il comma 74, lett. b), dell’art. unico della Legge n. 296 del 2007 aggiunge al comma 2 dell’art. 73 del Tuir il seguente periodo: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.
Secondo la Circ. 48/E del 2007, premesso che il presupposto di applicazione dell’imposta è il possesso di redditi, per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale. “E’ necessario, quindi, che il beneficiario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza”.
Infatti, a differenza dei soci delle società trasparenti, che possono autonomamente stabilire i criteri di distribuzione degli utili societari, i beneficiari di un trust non hanno alcun potere in ordine all’imputazione del reddito del trust, cui provvede unicamente il trustee sulla base dei criteri stabiliti dal disponente.
L’art. 73 dispone che i redditi siano imputati “in ogni caso” ai beneficiari, cioè indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo un criterio di competenza. Tale precisazione si è resa necessaria per coordinare la tassazione per trasparenza del trust con la natura del reddito attribuito al beneficiario, che è considerato reddito di capitale.
Contrariamente, infatti, al principio di cassa che in via ordinaria informa la determinazione del reddito di capitale, nella tassazione per trasparenza il medesimo reddito viene imputato al beneficiario indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo il principio della competenza economica.
Il reddito imputato per trasparenza verrà tassato secondo le aliquote personali del beneficiario. Naturalmente, l’effettiva percezione dei redditi da parte dei beneficiari rimane una mera movimentazione finanziaria, ininfluente ai fini della determinazione del reddito.
Ove abbia scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva in capo al trust che lo ha realizzato, il reddito non concorre alla formazione della base imponibile, né in capo al trust opaco né, in caso di imputazione per trasparenza, in capo ai beneficiari.
Ad una doppia imposizione ostano i principi generali dell’ordinamento interno che impediscono l’imposizione in capo a più soggetti passivi di redditi prodotti o realizzati in dipendenza di uno stesso presupposto (art. 163 del Tuir).
Sulla base dei medesimi principi, i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo al trust prima della individuazione dei beneficiari (quando il trust era “opaco”), non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione.
Il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero in via definitiva, disciplinato dall’articolo 165 del Tuir, spetta al trust nel caso di trust “opaco”. Qualora, invece, il trust sia “trasparente” ed il reddito sia imputato ai beneficiari, il credito d’imposta spetta ai singoli beneficiari in proporzione al reddito imputato, analogamente a quando disposto dall’art. 165, comma 9, per le società che hanno optato per il regime della trasparenza. Infine, nel caso in cui il trust attribuisca solo parte del reddito ai beneficiari e sia, quindi, in parte opaco e in parte trasparente, la detrazione spetta al trust e ai beneficiari in proporzione al reddito imputato.
Il comma 75 dell’art. unico della Legge n. 296 del 2007 inserisce all’art. 44 del Tuir, dopo la lett. g-quinquies), la lett. g-sexies), secondo cui sono redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti;”.
Il trust residente imputa per trasparenza i propri redditi:
- ai beneficiari residenti;
- ai beneficiari non residenti.
In tale ultimo caso, il reddito attribuito al beneficiario non residente, viene tassato in Italia: trattandosi di reddito di capitale corrisposto da soggetto residente, infatti, lo stesso si considera prodotto in Italia ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. b) del Tuir.
Il trust non residente, che è soggetto passivo Ires per i soli redditi prodotti in Italia, imputa per trasparenza tali redditi ai:
- soli beneficiari residenti, quali titolari di redditi di capitale.