CONTRIBUTI: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI
ARTICOLO - Pubblicato il: 2 dicembre 2017- Da: G. Manzana E. Iori
Per le imprese che li percepiscono, i contributi sono dei proventi che vanno ad incrementare il risultato d’esercizio e il reddito imponibile.
In relazione alla specifico scopo cui sono destinati possono essere classificati in:
- contributi in conto impianti;
- contributi in conto esercizio;
- contributi in conto capitale.
Tale classificazione civilistica, dopo le modifiche apportate dall’art. 21, comma 4, lett. b) della Legge n. 449 del 1997 al art. n. 55, comma 3, lett. b) del precedente Tuir (oggi art. 88, comma 3, lett. b) del Tuir), risulta conforme anche alla disciplina fiscale.
I contributi in conto esercizio
I contributi in conto esercizio vengono erogati per la riduzione di costi ovvero per l’integrazione di ricavi di esercizio.
Nel primo caso i contributi devono riguardare l’acquisto dei fattori produttivi a fecondità semplice, ossia non costituenti beni ammortizzabili; in caso contrario infatti si tratterebbe di contributi in conto impianti (in merito si rimanda a quanto detto subito dopo).
Il riconoscimento di contribuiti in conto esercizio sottoforma di integrazione dei ricavi ha, per lo più, lo scopo di ridurre gli effetti negativi che talune politiche di imposizione dei prezzi da parte delle autorità istituzionali hanno sulla redditività delle imprese operanti in particolari settori.
Dal punto di vista civilistico, la contabilizzazione avviene per competenza e non per cassa: a nulla rileva quindi il momento dell’effettivo incasso. Ciò significa che in contributi, se finalizzati a:
- ridurre i costi di esercizio, devono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui sono stati contabilizzati i costi a cui ineriscono (nel rispetto del corollario della correlazione individuato dal Principio contabile n.11);
- integrare i ricavi d’esercizio, devono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui si collocano i ricavi che essi stessi vanno a integrare.
In conto economico, stando allo schema obbligatorio di cui all’art. 2425 del Codice civile, devono essere classificati nella voce A5 con separata indicazione rispetto agli altri ricavi o proventi. Il documento interpretativo del Principio contabile n. 12, prevede che la separata indicazione si realizza creando una sottovoce della voce A5.
L’imputazione tra i ricavi caratteristici avviene semprechè i contributi abbiano tale natura; qualora viceversa, ancorchè in conto esercizio, abbiano natura finanziaria ovvero straordinaria si deve provvedere ad imputarli nelle voci delle rispettive aree di bilancio. A tale proposito nel documento interpretativo del Principio contabile n. 12, viene specificato che:
- qualora i contributi abbiano natura finanziaria, nel senso che vengono erogati per ridurre l’incidenza degli interessi passivi su alcuni finanziamenti contratti dall’impresa, devono essere classificati con segno negativo nella voce C17 – Interessi e altri proventi finanziari, se riducono oneri (finanziari) di competenza dell’esercizio, ovvero nella voce C16 – Altri proventi finanziari, se riducono oneri di esercizi precedenti;
- qualora i contributi siano erogati in occasione di eventi eccezionali (calamità naturali), devono essere classificati nella voce E20 proventi straordinari.
Fiscalmente che regola sono le lett. g) e h) del comma 1 dell’art. 85 del Tuir le quali, rispettivamente, prevedono che si considerano ricavi (nell’accezione fiscale del termine):
- i contributi in denaro o il valore normale di quelli in natura spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto
- i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.
Se ne deduce che:
- i contributi spettanti in base a contratto, vale a dire quelli aventi natura corrispettiva, costituiscono sempre ricavi a prescindere dalla denominazione che viene loro assegnata ovvero dallo specifico scopo cui sono destinati (quindi anche se sono diversi dai contributi in conto esercizio);
- i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge costituiscono sempre ricavi a prescindere dalla natura del soggetto erogante, che può essere sia privato che pubblicomma
Stando il generale principio della competenza che governa la determinazione del reddito d’impresa, i suddetti ricavi rilevano nell’esercizio nel quale i costi a cui ineriscono sono imputati ovvero si collocano i ricavi che essi stessi vanno a integrare. In merito al Principio di competenza e alla corretta imputazione dei ricavi si rimanda a quanto previsto dall’art.109 del Tuir.
In merito all’individuazione dell’esercizio di competenza, il Ministero delle finanze è intervenuto con la Ris. n. 9/604 del 1979 e con la Circ. n.73/E del 1994 (la linea interpretativa dell’Amministrazione ha poi trovato conferma nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Tributaria n. 12831 del 4 settembre 2002).
Dalla lettura sistematica delle suddette disposizioni si ricava che:
- nel caso di erogazione del contributo da parte di un ente pubblico, rileva il momento in cui l’impresa ha avuto conoscenza (tramite notificazione nel caso in cui si tratti di decreto di liquidazione avente natura recettizia, ovvero tramite pubblicazione dello stesso decreto nel caso contrario) dell’ammontare liquidato quale risulta dal decreto di liquidazione;
- nel caso di contributi la cui procedura di liquidazione non si estrinsechi in atti formali esterni, rileva il momento in cui risultano verificati tutti gli elementi oggettivi dai quali è fatto dipendere il diritto all’acquisizione del contributo;
- nell’ipotesi di contributi sottoposti a condizione, è necessario distinguere a seconda che alla base vi sia una clausola risolutiva o sospensiva. Se la risoluzione è risolutiva, valgono le precisazioni sopra fatte, salvo il fatto che la restituzione del contributo al verificarsi delle condizioni in un esercizio successivo a quello contabilizzazione comporterà la rilevazione di una sopravvenienza passiva, ai sensi dell’art. 101, comma 4) del Tuir; se la condizione è sospensiva rileva il momento in cui l’ente accerta, tramite l’emissione di una formale delibera, il verificarsi delle condizioni;
- quanto detto in caso di contributi sottoposti a condizione risolutiva, secondo il pensiero del Ministero, vale anche nel caso di contributi erogati con decreto provvisorio. Tale orientamento trova fondamento nell’irrilevanza del provvedimento definitivo, almeno laddove il contribuente, avendo provveduto a utilizzare il contributo ricevuto secondo le modalità indicate nel decreto provvisorio, acquisisce fondatamente una ragionevole certezza in merito alla irripetibilità delle somme ricevute. L’irrilevanza del provvedimento definitivo si basa sulla considerazione che la decisione circa l’adozione del decreto definitivo di concessione non è lasciata alla discrezionalità del soggetto erogante, bensì è fondata sul rispetto degli impegni assunti dal contribuente in conformità alle indicazioni contenute nel provvedimento provvisorio. Ne consegue la possibile contabilizzazione a conto economico e il conseguente concorso alla formazione del reddito nel medesimo esercizio in cui il contribuente provvede a utilizzare le somme ricevute secondo la loro corretta destinazione economica, esercizio che ben può coincidere con quello di adozione del decreto provvisorio e non anche con quello di comunicazione del provvedimento definitivo. Precedentemente, l’orientamento più consolidato ha tradizionalmente ritenuto che i contributi erogati in seguito a un decreto provvisorio di concessione dovessero essere considerati come debiti. Tale impostazione deriva principalmente dalla considerazione che le somme percepite si potrebbero considerare acquisite a titolo definitivo (e pertanto “portate” a conto economico) soltanto nel momento in cui, verificata la corretta utilizzazione del contributo da parte del contribuente, viene comunicata allo stesso l’adozione del decreto definitivo di concessione.
I contributi in conto impianti
I contributi in conto impianti sono quelli finalizzati all’acquisizione di beni ammortizzabili, vale a dire di investimenti in fattori produttivi a fecondità ripetuta (anche definiti investimenti di capacità); in altre parole si tratta dei proventi erogati con la specifica finalità di alleviare i costi connessi all’acquisizione dei beni strumentali.
LOIC n. 16 si tratta dei “Contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali (contributi in conto impianti)”. Si differenziano dai contributi in conto esercizio in quanto l’erogazione di questi è preordinata all’acquisto dei fattori produttivi a fecondità semplice (Cfr. Ctc, Sez. XXVII – Dec. n. 817 del 23 marzo 1994).
Gli artt. che regolano in merito allo schema di stato patrimoniale e conto economico, rispettivamente 2424 e 2425 del Codice civile, non danno indicazione della loro iscrizione in bilancio.
Sono previsti due criteri di contabilizzazione e conseguentemente due differenti modalità di iscrizioni in bilancio; per completezza si riportano entrambi ancorché, ad oggi, che risulta utilizzabile è solo il primo criterio.
- Criterio reddituale, ritenuto allora preferibile – oggi, come appena detto e come si dirà meglio dopo, unico applicabile – prevede che il contributo deve essere imputato a conto economico in relazione al processo di ammortamento dei beni cui è riconosciuto. In altre parole il contributo deve partecipare alla formazione del risultato economico di ogni esercizio in cui si esplica la vita utile dei cespiti in proporzione delle quote di ammortamento imputata a conto economico
- Criterio patrimoniale, ritenuto allora accettabile, prevede che il contributo viene iscritto in un’apposita voce del patrimonio netto. Stando quanto previsto dal Principio contabile n. 16 (nota n. 40) tale impostazione veniva permessa al fine di consentire il beneficio della sospensione d’imposta prevista dall’art. 55, comma 3, lett. b) del precedente Tuir (nella versione antecedente alla sostituzione apportata dall’art. 21 della Legge n. 449 del 1997): venuto meno tale regime fiscale di favore è da ritenersi che tale metodo non sia più utilizzabile (in tal senso anche la nota n. 3 del documento interpretativo del Principio contabile n. 12).
Di seguito si tratta unicamente del criterio reddituale.
Il Principio contabile prevede due distinte tecniche di contabilizzazione. Si tratta della:
- rilevazione del contributo a conto economico (Metodo indiretto): il contributo viene imputato, per l’intero ammontare, nell'esercizio di competenza alla voce A5, “Altri ricavi e proventi” del conto economico La quota di competenza dell'esercizio va calcolata sul costo storico del bene al lordo del contributo. La parte di contributo di competenza degli esercizi successivi è rinviata iscrivendo il relativo importo alla voce “Risconti passivi”. Considerato che i due “processi di ammortamento”, quello del bene e quello del contributo, sono entrambi calcolati sull’ammontare lordo del costo del cespite, a fine esercizio risultano economicamente “allineati”;
- riduzione del costo storico del cespite (Metodo diretto): il contributo viene portato a diretta riduzione del costo storico dell’immobilizzazione, partecipando al risultato degli esercizi di competenza sotto forma di minori quote di ammortamento.
Dal punto di vista economico i risultati a cui le due procedure consentono di pervenire sono identici; però, mentre da un lato le modifiche apportate all’art. 110 comma 1, lett. a) del Tuir - laddove hanno eliminato, con riferimento alla determinazione del costo dei beni, la previsione per la quale tale costo era assunto al lordo degli eventuali contributi - portano a ritenere che la seconda modalità sia quella preferita dal legislatore fiscale, dall’altro, sotto il profilo civilistico, l’utilizzo della prima è senza dubbio più rispettosa del c.d. “quadro fedele” di bilancio in quanto, evitando compensazioni di partite, consente una più chiara rappresentazione della situazione patrimoniale economica e finanziaria dell’esercizio.
OIC16
86. I contributi in conto impianti sono somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime. Sono contributi per i quali la società beneficiaria può essere vincolata a mantenere in uso le immobilizzazioni materiali cui essi si riferiscono per un determinato tempo, stabilito dalle norme che li concedono.
I contributi in conto impianti sono riferiti e commisurati al costo dei cespiti e come tali partecipano direttamente o indirettamente alla formazione del risultato dell’esercizio secondo il criterio della competenza.
87. I contributi in conto impianti sono rilevati nel momento in cui esiste una ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento del contributo sono soddisfatte e che i contributi saranno erogati. Si iscrivono infatti in bilancio quando si tratta di contribuiti acquisiti sostanzialmente in via definitiva.
88. I contributi in conto impianti commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali sono rilevati a conto economico con un criterio sistematico, gradualmente lungo la vita utile dei cespiti. Ciò può essere applicato con due metodi:
a) con il primo metodo (metodo indiretto) i contributi sono portati indirettamente a riduzione del costo in quanto imputati al conto economico nella voce A5 “altri ricavi e proventi”, e quindi rinviati per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di “risconti passivi”;
b) con il secondo metodo (metodo diretto) i contributi sono portati a riduzione del costo delle immobilizzazioni materiali cui si riferiscono.
Con il primo metodo sono imputati al conto economico, da un lato, gli ammortamenti calcolati sul costo lordo delle immobilizzazioni materiali, dall’altro, gli altri ricavi e proventi per la quota di contributo di competenza dell’esercizio.
Con il secondo metodo sono imputati al conto economico solo gli ammortamenti determinati sul valore dell’immobilizzazione materiale al netto dei contributi.
L’iscrizione del contributo in apposita voce tra i risconti passivi, da ridursi ogni periodo con accredito al conto economico, lascia inalterato il costo dell’immobilizzazione, ma produce gli stessi effetti sull’utile dell’esercizio e sul patrimonio netto della contabilizzazione del contributo come riduzione del costo.
Sempre in merito al criterio reddituale di contabilizzazione dei contribuiti, l’Associazione dei dottori commercialisti di Milano con la norma di comportamento n. 155 del 2004 ha affrontato i casi in cui:
- il contributo viene concesso successivamente all’entrata in funzione del bene;
- si verifica la cessione del bene per il quale non è stata terminata la riscontazione del contributo.
In merito al primo aspetto, viene confermato che se il riconoscimento del contributo si è verificato in un esercizio successivo a quello di inizio dell’ammortamento del bene cui lo stesso si riferisce, la quota non imputata precedentemente deve essere rilevata quale sopravvenienza attiva. Infatti, in tal caso “essendo l'ammortamento del bene già iniziato, occorre procedere a ripristinare la correlazione tra processo di ammortamento e concorso del contributo alla formazione del reddito.
Di conseguenza la quota del contributo che, se deliberato, avrebbe concorso positivamente alla formazione del reddito negli anni precedenti alla sua deliberazione (ed iscrizione in bilancio) costituisce sopravvenienza attiva” (Cfr. Ias, Principio contabile n. 20; Assonime, Circ. n. 46 del 27 maggio 1999, paragrafo 1.2).
In merito al secondo aspetto, vale a dire nel caso di cessione del bene relativamente al quale è stato riconosciuto un contributo in conto impianti, è previsto che la rilevazione contabile da effettuare vari a seconda della modalità di contabilizzazione utilizzata. Infatti, “la cessione di un bene, relativamente al quale il contributo erogato in conto impianti sia stato contabilizzato a riduzione del costo d'acquisto, genera una plusvalenza o una minusvalenza pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo residuo del bene.
Qualora il contributo sia stato contabilizzato con il metodo del risconto, la cessione del bene genera, oltre a una plusvalenza o una minusvalenza pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo residuo del bene, un provento pari alla quota di contributo oggetto di risconto non ancora imputata a conto economico (…) La minor plusvalenza rilevata con il metodo del risconto, rispetto a quella emergente con il metodo dell'imputazione del contributo a riduzione del costo d'acquisto, è pari al valore residuo del risconto che, in sede di cessione del bene, deve essere interamente imputato a conto economico quale provento dell'esercizio. Analoghi risultati si verificano nel caso di realizzo di minusvalenza”.
Sotto l’aspetto fiscale, in seguito alle modifiche normative apportate dal collegato alla Finanziaria per il 1998 (Legge n. 449 del 1997) all’art. 55, comma 3, lett. b) del precedente Tuir (attuale art. 88, comma 3, lett. b) del Tuir) con effetto dal 1 gennaio 1998 il principio che regola la tassazione dei contributi in conto impianti è quello della competenza.
La “nuova” versione della norma nega infatti ai contributi in conto impianti la natura di sopravvenienza attiva, sicché gli stessi, non trovando più una specifica disposizione all’interno del Tuir, non possono che seguire, dati i principi generali esistenti in tema di reddito d’impresa, le scelte operate sul piano civilistico (in merito si rimanda al contenuto dell’art. 83 del Tuir). In tal senso si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria nella Ris. n. 100/E del 2002.
Ne deriva che tali contributi concorrono a formare il reddito d’impresa “per competenza” e sono tassati:
- in caso di riduzione del costo storico del cespite, in via “indiretta” per effetto della parziale indeducibilità del costo di acquisto assunto ai fini fiscali al netto dei contributi medesimi, come indirettamente desumibile dall’art.110 del Tuir;
- in caso di rilevazione a conto economico, in via “diretta” per effetto del loro concorso alla determinazione del reddito in stretta correlazione con il processo di ammortamento dei beni per il cui acquisto o la cui realizzazione sono stati erogati.
In merito vale la pena di evidenziare che con la nuova versione dell’art. 110 del Tuir (dopo che la Legge n. 449 del 1997 ha eliminato la previsione per cui il costo fiscale è da assumere al lordo degli eventuali contributi) il legislatore non ha stabilito che i contributi ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto dei beni ma più semplicemente che gli stessi rilevano fiscalmente secondo le regole civilistiche in conformità al disposto dell’art. 83 del Tuir.
Stante l’elevata diversità delle modalità con le quali i contributi possono essere riconosciuti il problema che più frequentemente si pone è quello dell’esatta individuazione dell’esercizio di competenza.
Sul punto il Ministero delle finanze è intervenuto con la Ris. n. 9/604 del 1979 e con la Circolare n. 73/E del 1994 (la linea interpretativa dell’Amministrazione ha poi trovato conferma nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Tributaria n. 12831 del 4 settembre 2002).
Dalla lettura sistematica delle suddette disposizioni si ricava che:
- nel caso di erogazione del contributo da parte di un ente pubblico, rileva il momento in cui l’impresa ha avuto conoscenza (tramite notificazione nel caso in cui si tratti di decreto di liquidazione avente natura recettizia, ovvero tramite pubblicazione dello stesso decreto nel caso contrario) dell’ammontare liquidato quale risulta dal decreto di liquidazione;
- nel caso di contributi la cui procedura di liquidazione non si estrinsechi in atti formali esterni, rileva il momento in cui risultano verificati tutti gli elementi oggettivi dai quali è fatto dipendere il diritto all’acquisizione del contributo;
- nell’ipotesi di contributi sottoposti a condizione, è necessario distinguere a seconda che alla base vi sia una clausola risolutiva o sospensiva. Se la Ris. è risolutiva, valgono le precisazioni sopra fatte, salvo il fatto che la restituzione del contributo al verificarsi delle condizioni in un esercizio successivo a quello contabilizzazione comporterà la rilevazione di una sopravvenienza passiva, ai sensi dell’art.101, comma 4) del Tuir; se la condizione è sospensiva rileva il momento in cui l’ente accerta, tramite l’emissione di una formale delibera, il verificarsi delle condizioni;
- quanto detto in caso di contributi sottoposti a condizione risolutiva, secondo il pensiero del ministero, vale anche nel caso di contributi erogati con decreto provvisorio. Tale orientamento trova fondamento nell’irrilevanza del provvedimento definitivo, almeno laddove il contribuente, avendo provveduto a utilizzare il contributo ricevuto secondo le modalità indicate nel decreto provvisorio, acquisisce fondatamente una ragionevole certezza in merito alla irripetibilità delle somme ricevute.
L’irrilevanza del provvedimento definitivo si basa sulla considerazione che la decisione circa l’adozione del decreto definitivo di concessione non è lasciata alla discrezionalità del soggetto erogante, bensì è fondata sul rispetto degli impegni assunti dal contribuente in conformità alle indicazioni contenute nel provvedimento provvisorio. Ne consegue la possibile contabilizzazione a conto economico e il conseguente concorso alla formazione del reddito nel medesimo esercizio in cui il contribuente provvede a utilizzare le somme ricevute secondo la loro corretta destinazione economica, esercizio che ben può coincidere con quello di adozione del decreto provvisorio e non anche con quello di comunicazione del provvedimento definitivo. Precedentemente, l’orientamento più consolidato ha tradizionalmente ritenuto che i contributi erogati in seguito a un decreto provvisorio di concessione dovessero essere considerati come debiti.
Tale impostazione deriva principalmente dalla considerazione che le somme percepite si potrebbero considerare acquisite a titolo definitivo (e pertanto “portate” a conto economico) soltanto nel momento in cui, verificata la corretta utilizzazione del contributo da parte del contribuente, viene comunicata allo stesso l’adozione del decreto definitivo di concessione.
Lo stesso art. 88 del Tuir poi, nell’enucleare i contributi in conto impianti dal novero delle sopravvenienze attive, precisa che la distinzione rimane tale a prescindere dal tipo di finanziamento con cui il contributo si estrinseca. Come confermato sia da Assonime (Cfr. Circ. n. 9 del 1998), che dal Ministero delle finanze nelle istruzioni alla dichiarazione dei redditi (Cfr Modello Unico 1999 – società di capitali), il termine “finanziamento” deve essere inteso in senso lato quale sovvenzione, a prescindere dalle forme che, di volta in volta, può assumere (attribuzione di somme di denaro, riconoscimento di crediti d’imposta).
Da ultimo rimane da considerare il passaggio dal “vecchio” al nuovo regime di tassazione considerato, come si è detto, che la Legge n. 449 del 1997 ne ha previsto la tassazione per competenza al posto che per cassa.
L’argomento è stato oggetto di approfondimento da parte dall’Adc di Milano nella norma di comportamento n. 155 già richiamata.
In merito la Commissione ha rilevato che il regime transitorio, ancorché non disciplinato dalla legge, è stato regolamentato in via “amministrativa” con le istruzioni alla dichiarazione dei redditi (Modello Unico 1999 – società di capitali) con criteri atti a tener conto delle aspettative dei contribuenti di tassazione del contributo con il criterio di cassa vigente al momento della delibera.
L’interpretazione ministeriale ha stabilito che l’importo del contributo deliberato anteriormente al 1 gennaio 1998 e incassato successivamente vada portato ai fini fiscali ad abbattimento del costo residuo da ammortizzare nell’esercizio in corso al 1 gennaio 1998 e nei successivi; se l’importo del contributo risulta superiore al costo residuo da ammortizzare l’eccedenza concorre per intero a formare il reddito nell’esercizio d’incasso.
In questo caso, il corretto metodo di rappresentazione contabile del contributo non coincide con i criteri fiscali e nella dichiarazione dei redditi vanno effettuate le variazioni al risultato di bilancio atte a far concorrere il contributo alla determinazione del reddito imponibile in conformità ai criteri illustrati.
I contributi in conto capitale
I contributi in conto capitale sono quelli erogati per favorire un generico potenziamento della struttura patrimoniale dell’impresa ovvero per permettere la copertura delle perdite di esercizio.
Per Assonime (Cfr. Circ. n. 9 del 1998) si tratta delle “somme la cui erogazione risponde genericamente alla finalità di incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa, senza perciò che la loro concessione si correli all’onere dell’effettuazione di uno specifico investimento nei suddetti beni”.
La loro contabilizzazione può seguire la logica reddituale ovvero quella patrimoniale. Al pari dei contribuiti in conto impianti, il metodo patrimoniale non è più utilizzabile. In merito si rimanda a quanto detto in proposito.
In caso di imputazione a conto economico, il contributo concorre alla determinazione dell’esercizio di competenza. Ne consegue che è da imputare in un’unica soluzione al risultato dell’esercizio in cui è rilevato solo se correlato a componenti negativi già rilevati nel bilancio dell’esercizio in corso o di precedenti; in quest’ultimo caso deve essere collocato nella voce E20 tra i proventi straordinari.
Qualora invece si riferisca a componenti negativi anche di competenza di esercizi futuri deve essere correttamente riscontato in relazione al processo di imputazione dei costi; in tal caso deve essere collocato nella voce A5 del conto economico, per la quota di competenza, e nella voce E del passivo per la quota da rinviare ai futuri esercizi.
La Legge n. 449 del 1997 ha riformulato l’art. 55, comma 3, lett. b) del precedente Tuir (attuale art. 88, comma 3, lett. b)) introducendo, a decorre dal 1 gennaio 1998, la distinzione tra contributi in conto impianti e contributi in conto capitale.
I contribuiti in conto capitale vengono ad essere individuati in via residuale rispetto ai contributi in conto esercizio e quelli in conto impianti; l’art. 88, comma 3, lett. b) del Tuir, prevede infatti che: “sono inoltre considerate sopravvenienze attive (…) b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere e) ed f) del comma 1 dell’art. 85 [leggasi contributi in conto esercizio] e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili [leggasi contributi in conto impianti] indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.
Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto”.
Dal dato normativo, si deduce che:
- i contributi in conto capitale concorrono a formare il reddito d’impresa secondo il principio di cassa. In altre parole, essi partecipano alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono incassati;
- è data facoltà di procedere alla rateazione dell’ammontare complessivo percepito in un numero massimo di cinque quote costanti a partire dall’esercizio di incasso. La norma prevede che la rateizzazione avvenga in un numero di rate che, a scelta del contribuente, va da due a cinque; scelto il numero, il valore della quota deve risultare costante.
Il differente trattamento civilistico/fiscale comporta la necessità, in sede di dichiarazione, di effettuare le dovute riprese. In particolare si deve procedere ad una:
- variazione in diminuzione per l’intero valore della sopravvenienza (in tal modo si viene interamente a sterilizzare la sopravvenienza rilevata civilisticamente)
- variazione in aumento per il valore della rata di pertinenza (fiscale) del periodo d’imposta.
La variazione in diminuzione viene rilevata solo nel periodo d’imposta in cui si rileva la sopravvenienza: in quelli successivi ci si limita a rilevare la variazione in aumento corrispondente al valore della rata di pertinenza del periodo.
Stando alla previsione per cui la rateizzazione del contributo avviene in un numero di rate che, a scelta del contribuente, va da due a cinque e che il valore delle quote deve risultare costante, nel periodo d’imposta di rilevazione della plusvalenza si deve inoltre dare indicazione della rateizzazione che si intende effettuare, evidenziando l’importo complessivo da rateizzare e il valore della quota.