TRANSAZIONE FISCALE: LA Cir. 16/E/2018 RICHIEDE FINANZA ESTERNA
ARTICOLO - Pubblicato il: 5 agosto 2018 - Da: G. Manzana E. Iori
In ordine al confronto tra il prevedibile esito della proposta di concordato/182-bis (con connessa transazione fiscale) e quello dell’alternativa liquidazione richiesto dal comma 1 dell’articolo 182-ter della legge fallimentare. Viene detto che occorre «tener conto anche del maggiore apporto patrimoniale, rappresentato dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale oppure ottenuto all’esito dell’attività liquidatoria gestita in sede concordataria, che non costituisce una risorsa economica nuova, ma deve essere considerato finanza endogena». Di particolare rilievo il richiamo all’articolo 2740 del Codice civile e alla linea giurisprudenziale più intransigente che con certo rigore individua in tutti i beni dell’imprenditore, presenti e futuri, il patrimonio su cui il concorso dei creditori debba svilupparsi.
Fino ad ora secondo un orientamento giurisprudenziale (Tribunale di Treviso 16 dicembre 2015 e 23 marzo 2015, Tribunale di Torino 7 novembre 2013, Tribunale di Rovereto 13 ottobre 2014, Tribunale di Milano, 3 novembre 2016) i flussi generati dalla continuità, al pari di quelli conferiti da soggetti vicini all’impresa debitrice (ad esempio soci) erano considerati sempre «nuova finanza» cioè un apporto esterno, perché non presente nel patrimonio del debitore al momento dell’apertura della procedura di concordato. E in assenza di istruzioni al riguardo, gli uffici delle Entrate per decidere se approvare o meno le proposte di transazione fiscale formulate loro nell’ambito di procedure di concordato preventivo/182bis, hanno fino ad ora in genere applicato tale principio (ancorchè vi fosse una giurisprudenza - Tribunale di Milano, 15 dicembre 2016 e Corte di Appello di Venezia, 12 maggio 2016 -, che, facendo leva sull’articolo 2740 del Codice civile i flussi generati dalla continuità non fossero da considerare un apporto esterno, perché prodotte dalla stessa impresa debitrice e non fornite da altri soggetti).
Ora, poiché la proposta di transazione fiscale può (e deve) essere approvata dal Fisco se essa è per l’Erario più conveniente della liquidazione fallimentare o di altre alternative perseguibili, in base a tali nuove istruzioni d’ora in avanti occorrerà che il piano concordatario preveda un contributo in termini di finanza terza, estranea al patrimonio del debitore (che non sia «endogena» e che quindi, secondo l’Agenzia, non sia costituita solo dai flussi finanziari generati dalla continuazione dell’attività), e quindi liberamente gestibile al di fuori della gerarchia delle prelazioni per far fronte ai crediti chirografi.