ELIMINAZIONE BENI D'IMPRESA

circolari

CIRCOLARE - Pubblicato il: 5 marzo 2003 - Da: G. Manzana E. Iori

 

La perdita e l’eliminazione di beni sono eventi che devono essere differentemente regolati e trattati a seconda che si faccia riferimento a beni merci piuttosto che beni strumentali; questo, sia che si considerino gli aspetti civilistici che quelli fiscali delle suddette operazioni. In merito agli aspetti fiscali, già da subito si evidenzia come queste operazioni assumono significato solo se risultino rispettate determinate procedure specificamente previste e disciplinate dalla norma di legge.

Si procede quindi a effettuare una breve disamina delle fattispecie, distinguendo la loro trattazione a seconda che si faccia riferimento alla normativa fiscale piuttosto che a quella civilistica.

Normativa fiscale

Le perdite di beni si differenziano dalle eliminazioni per il fatto che comportano l’” uscita” di un bene dal patrimonio dell’impresa per cause non imputabili alla volontà dell’imprenditore, quali sono ad esempio furti, smarrimenti, incendi alluvioni etc..

In merito all’eliminazione di beni, la norma fiscale regola solo con riferimento ai beni strumentali ammortizzabili, e, con riferimento a questi, unicamente a quelli materiali; questo in quanto la norma è inserita nell’ambito dell’art. 102 del Tuir che tratta degli “ammortamento dei beni materiali”.

Al comma 4 di questo articolo è previsto che “in caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo e' ammesso in deduzione”. La norma regola l’operazione di eliminazione come fosse un’operazione di cessione, dove il prezzo di cessione è pari a zero e dove il risultato che da tale operazione ne deriva - che non può essere che negativo – è il costo non ancora ammortizzato del bene.

La perdita di beni è invece trattata dal comma 5 dell’art. 101 Tuir, il quale prevede che “le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi (..) sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi”. La norma sulle dismissione richiama espressamente i beni differenti rispetto a quelli da cui derivano ricavi, facendo pertanto indirettamente riferimento ai beni patrimoniali e a quelli strumentali.

Anche la perdita di bene può essere assimilata a una cessione a prezzo zero, essendo che anche in questo caso l’operazione da origine a un costo deducibile di importo pari al costo non ammortizzato del bene stesso.

Nel caso in cui alla perdita segua il riconoscimento di un risarcimento, lo stesso comporterà la rilevazione di una plusvalenza o di una sopravvenienza attiva a seconda che sia di competenza dell’esercizio in cui si è rilevata la perdita ovvero di uno successivo. Le norme che regolano sono gli articoli 86 comma 1, lettera b e 88, comma 2 del Tuir.

In questo caso potrà derivare una plusvalenza solo qualora il valore dell’indennizzo conseguito risulta eccedente il valore del bene perso o danneggiato. La sopravvenienza invece rileverà sempre per intero, in quanto, essendo rilevata in un esercizio diverso da quello della perdita, non potrà mai essere oggetto di compensazione con quest’ultima.

Le plusvalenze da indennizzo possano concorrere alla determinazione del reddito nell’esercizio nel quale sono state realizzate, ovvero, qualora facciano riferimento a beni posseduti da più di tre anni, in quote cosanti nello stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto; quanto detto risulta espressamente previsto dall’art. 86, comma 4 del Tuir il quale, per l’appunto, tratta della rateizzazione delle plusvalenze di caso di cessione o indennizzo. Tale norma risulta applicabile anche nel caso di sopravvenienza (vale a dire il caso nel cui l’indennizzo sia intervenuto in un esercizio successivo a quello in cui si è verificata la perdita) essendo che sul punto l’art. 88 Tuir richiama espressamente il terzo comma dell’art. 86 del Tuir.

Caso particolare è rappresentato dalla situazione in cui il bene sia stato oggetto di danneggiamento parziale; in questo caso l’eventuale plusvalenza da indennizzo, dovrà essere determinata dalla differenza tra il valore dell’indennizzo conseguito e il costo di acquisizione del bene non ammortizzato, proporzionalmente attribuibile alla parte del bene danneggiato.

Per quanto concerne la determinazione di quest’ultimo valore, è stato previsto che questo deve essere determinato rapportando il valore fiscale residuo del bene al valore normale dello stesso, e moltiplicando il suddetto rapporto per il valore dell’indennizzo .

Da ultimo si evidenzia come nel caso in cui il bene distrutto o danneggiato sia oggetto di ripristino tramite manutenzioni e riparazioni, tali costi concorrono alla determinazione del reddito nell’entità prevista per le spese di manutenzione e riparazione (art.102, comma 6, Tuir).

La norma fiscale non regola viceversa con riferimento ai beni merci. Allo stato attuale, appare acclarato che per questi le perdite non rilevano in maniera autonoma, quanto devono essere rilevate a fine d’anno assieme alle altre operazioni che hanno variato l’entità delle rimanenze.

Anche in questo caso eventuali indennizzi concorreranno alla determinazione del reddito quale ricavo, sulla base di quanto previsto dall’art. 85, comma 1 lett. d del Tur.

Normativa civilistica

Dal punto di vista civilistico - contabile, l’eliminazione o la perdita di un bene ammortizzabile, comporta la rilevazione dell’uscita del bene dall’azienda e la contestuale rilevazione della sopravvenienza passiva (voce E21 del Conto economico). Infatti, considerato che la perdita o l’eliminazione si presenta come una vendita a valore zero, l’effetto sul risultato d’esercizio che da tale operazione può derivare, può essere negativo o nullo ma mai positivo. Nello specifico, l’operazione darà origine a un risultato nullo o negativo a seconda che il bene oggetto di distruzione sia stato o meno interamente ammortizzato.

Nel primo caso, risulterà sufficiente rilevare la chiusura del fondo ammortamento nel conto del bene, al fine di eliminare definitivamente il bene dalla contabilità (e dal bilancio).

La scrittura risulterà essere la seguente:

(d) Fondo ammortamento del bene  (a) bene

Nel secondo caso si dovrà inoltre rilevare la sopravvenienza passiva.

La scrittura risulterà essere la seguente:

(d) E.21) Sopravvenienza passiva    (a) bene

L’eventuale rimborso di terzi (es. risarcimento del danno da parte dell’assicurazione) darà origine a una sopravvenienza attiva.

La scrittura risulterà essere la seguente:

(d) C.II.1) Crediti                              (a) E.20) Sopravvenienza attiva

Qualora, al posto del rimborso fosse previsto la reintegrazione del cespite perduto con uno similare o equivalente (allo stesso stato d’uso, funzionalità ecc.), stando a quanto previsto dal Principio contabile n. 16, l’operazione non comporta la rilevazione di alcuna sopravvenienza (ne attiva ne passiva). In questo caso sarà sufficiente rilevare l’avvenuto cambiamento nei libro cespiti oltre che dare informazione dell’avvenuta operazione in nota integrativa.

Nel caso in cui oggetto di eliminazione o perdita dovessero essere beni merci, la situazione si presenta del tutto simile; ’operazione dovrà essere rilevata al momento della sopravvenienza del fatto che ha generato la riduzione del valore delle rimanenze; in questo caso però, non essendo previsto un fondo ammortamento, si dovrà unicamente rilevare la sopravvenienza passiva.

La scrittura risulterà essere la seguente:

(d) E.21) Sopravvenienza passiva   (a) C.I) rimanenze

A fine anno poi, l’entità del valore della variazione delle rimanenze risulterà pari a quello dell’effettiva variazione “ordinaria”.

In tal modo il valore della variazione complessiva delle rimanenze (RF-RI), a conto economico, troverà imputazione in parte tra le componenti ordinarie e in parte nelle componenti straordinarie; quest’ultime per il valore delle perdite e delle eliminazioni avvenute in corso d’anno .

Anche in questo caso le eventuali indennità riconosciute dovranno essere rilevate quale componente straordinario di reddito d’esercizio (E.20) Sopravvenienze attive).

Procedure per “vincere la presunzione di cessione”

Mentre ai fini civilistici i costi devono essere rilevati oltre che se certi anche se solo presunti, ai fini fiscali questi assumono significato solo nel primo caso. Tale principio di carattere generale (art. 75, comma 1, Tuir), assume infatti significato anche con riferimento alle operazioni in oggetto; per altro lo stesso risulta specificamente richiamato dalla norma che regola la perdita di beni (art. 101, comma 6, Tuir).

Per dare certezza alle suddette operazioni, ai fini iva sono state previste delle apposite procedure; queste assumono significato anche ai fini dell’imposizione diretta.

In caso di perdita la norma che rileva è il comma 3 dell’art. 2 del DPR 441/1997. La stessa è stata recentemente oggetto di modifica (art. 16 del DPR 435 del 6 dicembre 2001). La stessa prevede che la perdita di beni dovuta a eventi fortuiti, accidentali e comunque non dipendenti dalla volontà del soggetto passivo (quali incendi, calamità naturali, e furti) può essere provata:

-           da idonea documentazione fornita da un organo della pubblica amministrazione, ovvero

-           da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (art. 47 DPR n. 445/2000) resa entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento (o dalla data in cui se né venuti a conoscenza).

Rispetto alla precedente norma, non è più richiesta la comunicazione scritta agli Uffici finanziari e ai comandi della Guardia di finanza competenti; tale previsione è ribadita anche dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6 del 2002, la quale prevede che la suddetta dichiarazione deve essere solo compilata entro il predetto termine e consegnata agli Uffici finanziari solo quando questi la richiedano.

Nel caso di eliminazione di beni (dismissione) la norma prevede che la distruzione deve essere provata da una comunicazione scritta diretta agli uffici e ai comandi della Guardia di finanza e dal verbale compilato dai funzionari dell'Amministrazione finanziaria, da ufficiali di polizia tributaria o da notai che hanno presenziato alle operazioni , nonché, nel caso di successiva movimentazione dei beni che si ottengono dalla distruzione o trasformazione, dal documento di trasporto di cui al DPR472/97. Tale procedura è prevista dall’art. 2 comma 4 del DPR 441/1997.

La comunicazione deve essere effettuata su apposito modello ministeriale da inviarsi agli Uffici delle Entrate o, in mancanza, agli Uffici delle Imposte Dirette e ai Comandi della Guardia di Finanza (competenti in relazione al luogo ove avviene la distruzione o trasformazione) e deve essere fatta pervenire almeno cinque giorni prima rispetto alla data in cui risulta prevista l'operazione di distruzione (o di trasformazione).

Tale comunicazione deve contenere:

-           il luogo, la data e l'ora in cui verranno poste in essere le operazioni;

-           le modalità di distruzione o di trasformazione;

-           la natura, qualità e quantità dei beni;

-           l'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere (o trasformare)

-           il valore ottenibile dalla distruzione o dalla trasformazione.

Il Ministero ha poi previsto una procedura alternativa, la quale si rende applicabile qualora la dismissione avvenga ad opera di soggetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti (e non viceversa direttamente ad opera dalla società). Tale procedura è prevista dalla circolare n. 193/E del 23-07-1998. In questo caso l’operazione si perfeziona con la semplice consegna del bene allo “smatitore” e l’operazione risulta provata unicamente sulla base della dichiarazione rilasciata da quest’ultimo soggetto (formulario); non si rende quindi necessaria ne la comunicazione agli uffici e ai comandi della Guardia di finanza, ne tanto meno che l’operazione di distruzione sia presenziata da un funzionario dell'Amministrazione finanziaria (o chi per loro).

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